In Italia arriveranno 14.000 posti di lavoro dalla bicicletta

In Italia arriveranno 14.000 posti di lavoro dalla bicicletta
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Come vi abbiamo già anticipato sarebbero 650 mila i posti di lavoro per l’Unione Europea che deriverebbero da uno sviluppo della ciclabilità. Questa volta, a seguito dello studio presentato lo scorso giovedì a Bruxelles dal centro di ricerca “Transport & Mobility” di Leuven, siamo in grado di specificare ulteriormente il valore che avrebbe per il nostro paese il raddoppio del numero di ciclisti sulle strade italiane.
Gli oltre 14.000 posti di lavoro (PL) preventivati per l’Italia, saranno così distribuiti tra le diverse aree di attività del mondo bici:
Vendita e riparazione di bici: 3.470 PL
Produzione di biciclette: 1.407 PL
Infrastrutture per la ciclabilità: 720 PL
Cicloturismo: 9.102 PL

Come tengono a specificare i ricercatori stessi, le stime sono state realizzate nel modo più conservativo possibile e, dando un’occhiata ai dati provenienti dagli altri paesi europei, non si può non ritenere le previsioni in questione il peggiore scenario possibile per il nostro paese.

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Allo stato attuale, infatti, l’Italia si colloca, per numero di occupati nel settore cicloturismo, al 12° posto nell’EU27, dietro Bulgaria e Finlandia e subito prima dell’Austria, in una classifica capitanata dalla Germania che al momento occupa oltre 177 mila persone nel settore, contro i 13.792 dell’Italia.

PosizionePaeseOccupati
Cicloturismo
Potenziale
Occupazionale
Cicloturismo
1Germania177.102293.989
2Francia54.28890.118
3Ungheria49.04181.409
4Polonia36.38060.391
5Regno Unito35.78859.407
6Svezia18.54830.789
7Olanda18.17630.172
8Repubblica Ceca18.08230.016
9Spagna17.43228.937
10Finlandia15.81726.257
11Bulgaria14.13823.470
12Italia13.79222.894
13Austria9.96816.547

Raddoppiando il numero di ciclisti sulle strade italiane, quindi, si arriverebbe uno sviluppo del cicloturismo fino a 22.894 posti di lavoro complessivi, cifra ancora lontana dalla situazione tedesca.
Non si può non notare che lo studio presentato prevede una crescita lineare dell’occupazione nel cicloturismo in tutta Europa, ma non considera una serie di elementi di fondamentale importanza quali il potenziale di sviluppo futuro del settore (quanto potrà crescere ancora il cicloturismo in Svezia?), l’attrattività turistica del paese verso l’estero (l’Italia è il paese al mondo con il più alto numero di siti UNESCO) e le condizioni climatiche locali (se in Germania il cicloturismo è plausibile per 3 mesi all’anno, l’Italia può contare su una stagionalità più lunga).

Ma se da un lato questo tipo di proiezione può sembrare semplicistica, dall’altro non si può non notare che finché l’Italia (e in particolare il sud) continuerà ad ignorare il fenomeno del cicloturismo, difficilmente si potrà avere alcuna forma di crescita occupazionale maggiore di quella stimata nello studio.

Al di là dei dati meramente quantitativi, lo studio commissionato dalla European Cyclists’ Federation, offre anche degli interessati dati qualitativi: i diversi tipi di ciclismo richiedono l’impiego di mano d’opera poco o per nulla qualificata. Pertanto uno sviluppo occupazionale in questo settore permetterebbe un reinserimento all’interno dell’economia dei disoccupati generati dal crollo del sistema manifatturiero in Europa.

Lavoro bicicletta infografica

Reintegro nel mondo del lavoro che potrebbe essere molto conveniente per l’economia nazionale: secondo i dati presentati, infatti, il mondo della bicicletta richiede una maggiore intensità di lavoro (tranne nelle riparazioni) rispetto a settori analoghi del mondo dei trasporti. Ecco quindi che per generare un milione di euro di fatturato nella produzione di biciclette occorrono 4,89 lavoratori, mentre nel mondo dell’automotive occorrono 1,63 lavoratori.
Lavoro bicicletta infografica

Particolarmente interessante è un dato di estremo rilievo per l’economia italiana: come fanno notare i ricercatori di Leuven, all’aumentare del numero di ciclisti in circolazione (e quindi del corrispettivo modal share) si assiste anche a un aumento della spesa media per l’acquisto di biciclette. L’Italia, secondo produttore di biciclette in Europa e specializzato nella manifattura e commercializzazione di biciclette di media, alta e altissima gamma, potrebbe beneficiare più di chiunque altro.

Commenti

  1. Alessandro Allegro ha detto:

    posso suggerirti tanti piccoli produttori di bici in Italia, che producono anche bici su misura. Sottolineo producono in Italia

  2. RosieA ha detto:

    E senza contare i rifiuti lungo il percorso! (ad esempio, in Puglia)

  3. max ha detto:

    Io che sono un saldatore di alluminio cerco lavoro,nel settore bike dove mi posso rivolgere grazie chi mi aiuta?

  4. Ruotina ha detto:

    Queste previsioni sono lusinghiere. Spesso, negli ultimi mesi, si è letto al riguardo. Mi chiedo però cosa si intenda di preciso quando si parla di ‘occupazione nel cicloturismo’. Più facile pensare che una regolare attività cicloturistica sul territorio (quindi basata su infrastrutture che in Italia mancano e non sono neppure in fase di realizzazione) possa generare un salutare ‘indotto’ sulle imprese turistiche che GIA’ operano nelle diverse zone. Basarsi sui siti Unesco presenti in Italia (molti dei quali in preoccupante stato di degrado, se non abbandono completo) per stilare previsioni ottimistiche non è abbastanza. Come sempre in Italia il problema è politico, prima di ogni altra cosa. Il modo disastroso – per non dire RIDICOLO – in cui è stata gestita a Milano la questione ‘vie d’acqua’ in previsione di EXPO è rappresentativo della realtà Italiana: un po’ come il bambino che a scuola si dice “ha le capacità ma non si applica”, l’Italia pare ormai quel paese dall’enorme potenziale (non solo in questo settore) che però dilapida risorse senza coscienza per poi accorgersi che il treno buono è passato da tempo. Da un lato l’incompetenza gestionale di chi guida le istituzioni, troppe volte colpevoli di evidente incapacità operativa, anche solo nel progettare una ciclabile (fondamentalmente si tratta di gente che la bici non la usa).
    Dall’altro un quadro troppo disomogeneo degli utilizzatori della bicicletta che ci vede un po’ tutti colpevoli nell’incapacità di far valere l’interesse comune di chi pedala, chiunque esso sia. Un po’ come certi partiti politici, divisi in tante fazioni quante sono le tessere :)

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