“Velotopia”: la città ideale per i ciclisti

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Piatta, “densa”, permeabile e car free: è questo il profilo della città ciclabile ideale secondo Stephen Fleming, autore del libro Cycle Space, in cui sostiene che le città potrebbero essere migliorate attraverso un’architettura e un’edilizia che mettano al centro la bicicletta.
La visione di Fleming va ben oltre i modelli di ciclabilità convenzionali, anche quelli applicati nelle città con mobilità ciclistica molto diffusa come Amsterdam e Copenhagen: secondo la sua idea – che non a caso ha ribattezzato “Velotopia” – le città dovrebbero essere trasformate radicalmente e riprogettate secondo le nuove esigenze di mobilità del terzo millennio, in cui la bicicletta giocherà un ruolo primario.
Secondo il visionario australiano, perfino il modello di mobilità olandese può considerarsi superato e insufficiente per una vera rivoluzione della mobilità come da lui auspicata; e la comunità ciclistica globale, per quanto riguarda l’advocacy, ha aspirazioni ancora troppo basse.

Sostiene Fleming: “Laddove sarà ancora possibile guidare un’auto privata non ci sarà mai quel vero cambio di passo che invoglierà tutti i cittadini ad utilizzare la bici e quindi l’impatto sull’economia, sul riscaldamento e globale e sulla salute pubblica saranno insufficienti.”

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In una città progettata per i ciclisti, essi potranno pedalare da casa fino al corridoio del supermercato

In una città progettata per i ciclisti, essi potranno pedalare da casa fino al corridoio del supermercato

La Velotopia che immagina Fleming è una città in cui la rete stradale è realizzata con l’obiettivo di ottenere il maggior passaggio di biciclette possibile, le piste ciclabili sono coperte per proteggere dagli agenti atmosferici e case e uffici sono progettati affinché i ciclisti vi possano pedalare fino al loro interno. D’altra parte è ciò che avviene quotidianamente per passeggini e sedie a rotelle, anche se in molti non ci fanno caso, quindi perché non potrebbe avvenire lo stesso anche per le biciclette? In questo modo anche l’uso di una cargo bike diventerebbe semplice come portare un trolley.

Scrive ancora Fleming: “E’ incredibile che le mediocri infrastrutture olandesi siano giudicate le migliori al mondo: finché questo verrà considerato il modello da seguire, la mobilità ciclistica non sarà mai affrontata sul serio. Perché ad esempio gli Stati Uniti dovrebbero investire in un sistema di mobilità con cui si arriva al lavoro bagnati, quando stanno già investendo in un altro con cui si arriva asciutti e al caldo?”

E’ certamente una visione molto radicale ma per qualcuno potrebbe aver senso, vista anche la forza con cui è radicata la cultura automobilistica in particolare negli Stati Uniti, dove molte città sono state costruite proprio a misura di automobile.
Attraverso i rendering di Fleming, si percepisce l’approccio “bici-centrico” della città ideale, comunque molto diverso dall’attuale modello urbanistico nord europeo, basato su strade ancora troppo strette e trafficate. Il piano concettuale del quartiere Chelsea, a Manhattan, mostra ad esempio la disposizione degli edifici in blocchi.

Visione concettuale del quartiere Chelsea, a Manhattan

Visione concettuale del quartiere Chelsea, a Manhattan

Di fronte alla critiche che ritengono Velotopia un modello esteticamente carente poco accessibile per i pedoni, fa notare che egli non è certo un nostalgico del 19° secolo, e che seppure il paesaggio urbano sia monotono, in bicicletta i tempi di attraversamento sono limitati a pochi minuti, e ad ogni modo è ben più preoccupato per la visione attuale di città auto-centrica.

Velotopia è quindi una città che guarda maggiormente all’efficienza rispetto all’estetica pura, pensata per gli spostamenti del terzo millennio che avverranno principalmente in bicicletta.
“Nonostante alcune critiche – conclude Fleming – abbiamo rinunciato ad “ammorbidire” i nostri rendering per esaltare l’unicità del nostro pensiero. Il nostro compito è concepire una nuova visione.”

Fonte | citylab.com

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