Propongo un itinerario su asfalto da L’Aquila ad Amatrice, una distanza di 62 km. Due luoghi ultimamente simbolo dello sfascio dei terremoti, sono molto più di questo.
L’Aquila, per partire, invito a visitarla. È la testimonianza che una città è fatta di chi vuole stare, da persone più che luoghi. Si esce da l’Aquila verso Paganica e si sale ad Assergi lungo la SS 17 bis, vale la pena pedalare nei vicoli del vecchio borgo.
Mappa
Continuando verso Campotosto sulla SP 86 s’incontra la svolta per San Pietro della Ienca. Può essere l’occasione per una sosta e per il panorama. Volendo, c’è una mulattiera in discesa che riporta ad Assergi. Oppure si può proseguire ancora verso il valico delle Capannelle, a quota 1300 m s.l.m., passo di collegamento di due versanti del Gran Sasso d’Italia. Il nome sembra derivi dalle capannelle che erano riparo notturno dei pastori in viaggio con le greggi. Il tratto del valico è transitabile dalla primavera all’autunno, può essere coperto di neve nei mesi invernali. In generale si tratta di una tipica strada di montagna poco frequentata da automobili, poco più trafficata da l’Aquila ad Assergi.
Oltre il valico restano poco più di venti chilometri per Campotosto percorrendo la SS 80 e poi la SS 577 che costeggia la riva sud – est del lago dalla tipica forma a V. Propongo di assaggiare la mortadella di Campotosto, chiamata coglioni di mulo.
La SS 577 porta ad Amatrice, che era Abruzzo fino alla fine degli anni venti del novecento. Oggi è in provincia di Rieti.
Cose che in Abruzzo ci sono ancora
L’Abruzzo è il luogo dove l’altitudine dell’Appennino raggiunge quasi i tremila metri sul Corno Grande – Gran Sasso d’Italia. Sono presenti tre parchi nazionali: il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, il Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga, il Parco Nazionale della Majella. Il Parco Naturale Sirente-Velino e altre 38 riserve naturali.
È regione verde d’Europa, oltre il 36% del territorio è tutelato da aree protette.
Molto di più, l’Abruzzo è una terra intima, una di quelle che rivelano novità solo se cercate a fondo, con sorprese piccole, uniche e modeste. Come i paesi di pietra che resistono in bilico sui versanti dei monti. Abitati con insistenza, restano isolati con le nevicate intense e fanno pensare che sono cambiate le abitudini di chi vive in Appennino. Gli uomini hanno smesso di fare scorte per i mesi freddi, si lasciano assistere e contano sui supermercati vicini. Una neve abbondante fa decadere il patto di assistenza, ricorda che la montagna si abita prima di tutto in autonomia. Gli uomini del passato si concedevano un tempo di riposo in inverno, vivevano come la terra, nelle stagioni. I vecchi dicevano sotto la neve pane, sotto l’acqua fame.
Propongo ai cicloviaggiatori di fermarsi nei paesi lungo l’itinerario, di cercare persone. Di ascoltare le voci di chi resta. Chi pedala tanto per sudare tralascia le cose, in questo Appennino non basta. Conviene avere tempo per i racconti, dire e sentire due parole. Cercare un bar per chiedere indicazioni, iniziare conversazione sulle mulattiere con i giocatori di tressette. Sapere come vive chi sta nei luoghi di sempre.
Agli amanti delle ruote grasse propongo di improvvisare, ogni alternativa è buona, in Appennino si è a casa ovunque. E di uscire dall’itinerario, di provare sentieri trasversali, di pedalare sull’erba corta dei pascoli dove le mandrie passano e ripassano.