Malesia in bici tra grattacieli, isole e street art
La Malesia è l’ultimo paese che ci separa dall’ambita meta, Singapore. Abbiamo percorso più di 16500 km in bicicletta dall’Italia e ne restano poche centinaia sulla costa occidentale della Malesia prima della fine del nostro incredibile viaggio. Dopo gli ultimi chilometri percorsi di fretta in Thailandia a causa del visto in scadenza, decidiamo di salpare per l’isola malese di Langkawi e trascorrerci qualche giorno di assoluto riposo. Un traghetto ci porta da Satun – Thailandia – fino a Khua, in una traversata serena di un’ora circa. Le biciclette pagano un biglietto di 100 baht ciascuna (2,5€), noi di 350 baht. Le procedure di immigrazione durano pochi minuti: per la Malesia il visto è rilasciato all’ingresso nel paese e dura fino a tre mesi.
L’isola è una zona a duty free di cui approfittiamo felicemente comprando pasta e altri prodotti italiani di importazione. In una Malesia musulmana, dove l’alcool e la carne di maiale hanno un commercio limitato, Langkawi costituisce una rara eccezione molto apprezzata dai turisti.
A proposito di Islam, il 27 maggio ha inizio il Ramadan e noi, puntuali come un’orologio, entriamo nel paese giusto il 26 del mese. Questo si tradurrà in ristoranti chiusi per pranzo e attività a ritmi rallentati.
L’isola ha una vegetazione incredibile: foreste pluviali, grotte, cascate, spiagge e baie.
La maggior parte dei turisti si concentra attorno alle spiagge di Pantai Cenang e di Pantai Tengah, tra una birra a poco prezzo e una delle infinite attività acquatiche proposte. Questo tratto di costa, esposto ad Ovest, offre dei tramonti davvero degni di nota.
Una quindicina di chilometri più a Nord, una volta attraversata una foresta infestata dalle scimmie – simpatiche solo all’apparenza – si raggiunge la spiaggia di Pantai Kok. Questa parte dell’isola è famosa per le cascate a sette livelli e per la funivia panoramica: in cima la vista spazia da una costa all’altra di Langkawi passando per i rilievi verdissimi dell’interno. Dopo esserci goduti qualche giorno di relax facciamo ritorno al porto di Kuah con un temporale che incalza alle nostre spalle. Il mare è mosso, ma il traghetto salpa comunque puntuale dal molo. Nel mese del Ramadan effettua 8 corse giornaliere, 10 altrimenti. Forse per una svista del personale di bordo le nostre biciclette viaggiano gratis, mentre noi paghiamo un biglietto di 18 ringgit a testa (4€). Approdiamo a Kuala Perlis, il porto più vicino sulla terra ferma, dopo circa un’ora di navigazione e burrasca. Da qui, appena il meteo ce lo consente, manteniamo la costa su stradine piccole, praticamente deserte.
Anche se il mare in questo tratto è poco attraente ci godiamo un bel paesaggio naturale in solitaria (anzi, con qualche spaventoso varano). Siamo diretti verso la città di Alor Setar, il capoluogo della regione di Kedah, che ci sorprende con delle belle architetture storiche e religiose.
Prima di qui è impossibile trovare del cibo a causa del mese di digiuno.
Continuando verso Sud teniamo la via n. 1 per Sungai Petani, trafficata e pericolosa, ma poi scopriamo una piccola strada di servizio che le corre a fianco e viene utilizzata solo dai motorini. Qualche albero la ombreggia e piccole curve spezzano la monotonia della grossa arteria. La città in cui ci fermiamo, dopo 50 km di pedalata, è prevalentemente industriale e commerciale.
Siamo però ormai prossimi a George Town, la ben più interessante base commerciale fondata dagli inglesi a fine 1700 sull’isola di Penang. Per raggiungerla continuiamo sulla 1 fino alla città di Butterworth e poi ci imbarchiamo su un traghetto in partenza ogni mezz’ora al prezzo di 50 centesimi a testa, utilizzato principalmente dalla gente del posto. La traversata dura un quarto d’ora circa. L’isola è collegata alla terra ferma anche attraverso un ponte di 13 km che si trova più a Sud, ma non è consentito il transito alle biciclette.
L’atmosfera di George Town è cosmopolita, le razze si integrano pacificamente: indiani, malesi e cinesi vi convivono, su uno sfondo di architetture coloniali e di templi che l’hanno resa Patrimonio dell’Umanità. La street art, da qualche anno a questa parte, ha cominciato ad apparire sui muri della città, aggiungendo ulteriore interesse ad uno dei principali poli turistici malesi.
Ad una decina di chilometri in direzione Nord-Ovest si trovano anche alcune spiagge, ma non sono certo paragonabili a quelle da cartolina delle altre isole (Langkawi, Perenthian, Redang, Tioman…).
Lasciamo George Town di nuovo col traghetto, operativo dalle 6 del mattino circa. Riprendiamo la superstrada n.1, che è ampia ma trafficata, e percorriamo più di 90 km verso Sud, fino alla città di Taiping. Quest’ultima è famosa per essere la provincia più piovosa della Malesia Peninsulare, per il lago ai piedi delle montagne e per i suoi esempi di architettura coloniale anglo-indiana, parte dei quali sono conservati perfettamente ed adibiti ad hotel.
L’accoglienza, fuori dalle rotte turistiche più consuete, è ancora una volta incredibilmente calorosa: le persone del posto sono sorridenti e disponibili. Attorno alle 7 di sera ricominciano a pieno ritmo le attività dopo la giornata di digiuno ed è un piacere vedere la città popolarsi di bancarelle e persone.
In uscita dalla città prendiamo la via n. 74 verso Ovest e, dopo circa 7 km, svoltiamo a sinistra su Jalan Kampung Perak. Questa è una piccolissima stradina che si insinua tra una distesa di piantagioni di palme a perdita d’occhio. Qua e là qualche semplice abitazione interrompe il ritmo dei filari. Lo scenario è affascinante e pacifico e proprio qui festeggiamo i 365 giorni dalla partenza.
Continuando per una quindicina di chilometri verso Sud raggiungiamo la A103, che poi diventa la A101 e infine la n. 60 fino a Sitiawan, attraverso un paesaggio piuttosto monotono.
La n. 5, trafficata e con molti tratti in rifacimento, ci accompagna nella tappa successiva fino a Sabak – dove un hotel si rifiuta di ospitarci perchè non siamo musulmani – e poi oltre fino a Sungai Besar dove effettivamente passiamo la notte.
Attorno alle 8 di mattina risaliamo in sella ed andiamo a visitare le risaie – paddy fields – ancora immerse nella rugiada mattutina che si estendono per chilometri e chilometri subito a Nord-Est della città. Teniamo Jalan Terusan Utama per 40 km costeggiando il corso di un canale di irrigazione e la campagna coltivata con un rigore geometrico.
Quando questo incanto finisce prendiamo la B42, ben più grossa e trafficata, fino a Bestari Jaya, dove troviamo il primo ristorante aperto per pranzo. La B35 e poi la via n. 54, tra una curva, una salita e qualche cantiere stradale, ci portano fino a Sungai Buloh.
Molti cicloturisti incontrati negli ultimi mesi in giro per il Sud-Est asiatico ci avevano messo in guardia riguardo alle difficoltà incontrate sulle due ruote a Kuala Lumpur, la capitale della Malesia, a causa dell’intrico impossibile di strade, svincoli, sovrappassi e corsie riservate. La nostra idea, quindi, era quella di salire su un treno a Sungai Buloh e saltare così i 20 km più pericolosi e complicati fino alla stazione di Bank Negara, nel centro di Kuala Lumpur. Due delle linee ferroviare che attraversano la città, quelle dette “Komuters”, consentono infatti l’accesso alle biciclette, in determinate fasce orarie, al prezzo di 2 ringgit (50 centesimi).
Siamo già schierati sul treno in partenza per la capitale, quando una comunicazione di servizio annuncia che alcuni problemi alla linea elettrica bloccheranno per circa tre ore il transito di tutti i treni. La metro, così come gli autobus, non ci consentono di caricare le biciclette, quindi ci rassegniamo all’idea di pedalare nel folle garbuglio di Kuala Lumpur.
L’esperienza non è delle più piacevoli, ma comunque sopravviviamo al traffico allucinante della capitale e proviamo la soddisfazione di vedere le Petronas Towers dal sellino ed utilizzarle come riferimento per orientarci tra i grattacieli vertiginosi e i centri commerciali grandi come città.
Siamo Chiara e Riccardo; abbiamo lasciato Cesena venerdì 10 giugno, direzione Singapore! Il nostro progetto si chiama ‘For a piece of cake’, perché la torta, per Chiara, diabetica di tipo 1 dall’età di 11 anni, è un piacere da conquistare con dosi extra di insulina o attraverso l’esercizio fisico, l’ingrediente principale di questa lunga avventura.
È possibile seguire la nostra avventura anche su:
• www.forapieceofcake.com
• Facebook:
Instagram:
• https://www.instagram.com/forapieceofcake/
Commenti
Nessun commento