Itinerari

Nepal in bici: Kathmandu, i luoghi sacri, le montagne

Dopo un mese di India l’ingresso in Nepal ci fa tirare un respiro di sollievo indescrivibile. Da un momento all’altro, da un punto ai dieci metri successivi, le persone smettono di fissarci, il trambusto della strada si calma e l’asfalto migliora. Il tempo purtroppo no, resta grigio e umido.
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Se dal lato indiano abbiamo fatto fatica a trovare l’ufficio dell’immigrazione, nascosto senza logica in un edificio irriconoscibile prima della frontiera, la burocrazia nepalese ci stupisce per la rapidità con cui ci rilascia il visto di trenta giorni. La spesa è di 40 $ ciascuno, da pagare in contanti e in banconote nuove.
Da Sonauli-Siddharthanagar, il valico di confine più trafficato tra India e Nepal, ci spostiamo verso Ovest di una ventina di chilometri per scoprire la famosa Lumbini, città in cui è nato Buddha. È piacevole gironzolare tra i sentieri del grande parco in cui sono disseminati i templi, costruiti da varie nazioni del mondo, per onorare questo luogo sacro al buddismo.

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Mappa

Altimetria

altimetria percorso nepal

Traccia gps | Mappa kml

Siamo nella fascia meridionale e pianeggiante del Nepal, chiamata Terai, che si estende da Ovest a Est per tutto il paese. Procedendo verso nord le montagne si fanno progressivamente più alte, fino a vette che superano gli 8000 m nella catena himalayana. Noi però ci spostiamo verso est e ci accontentiamo di una prima salita fino ai 500 m dopo tutti i chilometri nella pianura indiana. Quindi da Lumbini torniamo a Siddharthanagar e poi proseguiamo su Parasi Road, asfaltata di recente e dunque in ottime condizioni. Siamo in buona compagnia perché dividiamo la strada con tanti gruppetti di studenti in uniforme sulle loro bicilette che procedono in entrambe le direzioni. Dopo 30 km la Parasi Road si immette sulla East-West Highway, che di autostrada ha davvero poco, se non il traffico.

Attraversiamo qualche paese colorato e vivace dove ci fermiamo per scaldarci con un milk tea. Ci siamo svegliati nella nebbia fittissima e non abbiamo apprezzato la bellezza delle campagne per la bassa visibilità. A Bardaghat iniziamo la salita tra la vegetazione florida e, ad appena 150 m di altezza, rivediamo il sole che avevamo salutato almeno una settimana prima in India. In vetta (550 m) mangiamo in maniche corte e asciughiamo i panni pesanti al sole. La primavera ci sembra tornata. La tappa del giorno prevedeva che arrivassimo a Kawasoti, invece ci fermiamo a Dumkibas, a metà della discesa, per paura di infilarci di nuovo nel clima della pianura. Trascorriamo il resto della giornata a leggere al fiume, allerta per la possibilità di tigri, rinoceronti e coccodrilli.

Al risveglio ancora sole, ma nel percorso per Sauraha rientriamo diverse volte in banchi bassi di nebbia. Il profilo della giornata è ondulato per i primi 30 km, senza raggiungere altezze rilevanti. Da Kawasoti fino a Bharatpur il percorso torna ad essere pianeggiante: ci immergiamo nelle campagne nepalesi, coloratissime e vive, in appezzamenti dominate dai colori verde e giallo. Anche i camion, le architetture e gli abiti delle persone sono un tripudio di colori accessi.

Quello che ci colpisce da subito è l’ospitalità dei nepalesi, sempre gentili e bendisposti. Difficile non attirare la loro attenzione passando con le bici cariche, ma soprattutto difficile che non ci salutino con un sorriso a trentadue denti.
In generale l’inglese è diffuso e anche con gli abitanti dei piccoli villaggi di campagna riusciamo a scambiare qualche battuta.

Il paese è piuttosto povero e risente ancora molto dei danni causati dai terremoti dell’aprile e maggio 2015, ma la gente ci sembra condurre una vita felice e rilassata. L’atmosfera che si respira in ogni città è vivace durante il giorno, ma non caotica. La sera tanti fuocherelli si accendono ai margini delle strade e gruppetti di nepalesi vi si stringono attorno: dopo tanto tempo ci fa piacere vedere di nuovo ragazzi e ragazze insieme.
Dalla East-West Highway, all’altezza di Ratnanagar, svoltiamo a destra e pedaliamo per 6 km su una stradina secondaria in cattive condizioni fino alla cittadina di Sauraha, meta turistica sul bordo del Chitwan National Park, che si estende appena al di là del fiume Rapti. Il parco ospita tantissime specie di uccelli, le tigri, i rinoceronti, i coccodrilli, gli elefanti e altri animali che non conosciamo nemmeno.

elefanti

Infinite compagnie offrono i più svariati tour nel parco: a piedi, in canoa, sugli elefanti, in jeep. Noi non facciamo nessuna di queste attività, un po’ fuori budget se unite al biglietto di ingresso al parco (15 € a testa), ma ci godiamo lo spettacolo del lavaggio degli elefanti al fiume e, facendo una passeggiata sulla sponda settentrionale del Rapti, avvistiamo qualche coccodrillo che prende il sole.
Da Sauraha decidiamo di non tornare immediatamente sulla East-West Highway, ma goderci prima qualche chilometro tra il paesaggio di campagna e i villaggi tharu. Andiamo verso Bachhauli, Jhawani e poi attraversiamo scenografici campi di un giallo quasi surreale in questa mattinata nebbiosa. Le semplici case disseminate qua e là tra la campagna sono sempre tinteggiate in modo vivace e alcune tende allestite per il periodo dei matrimoni riempiono di vita il paesaggio.

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Dopo 12 km lentissimi su strada sterrata torniamo all’asfalto della E-W Highway e attraversiamo una serie di cittadine poco attraenti. Il paesaggio si fa man mano più selvaggio mentre iniziamo a salire verso i 500 m slm della nostra destinazione finale, Hetauda. Anche il tempo migliora inaspettatamente e il pranzo al sole a base di momo (ravioli bolliti o fritti con ripieno speziato a base di verdure, pollo o carne di bufalo) è un momento davvero rigenerante. La spesa è minima visto che un piatto da 10 pezzi costa meno di 1 €. Appena più caro il piatto di riso con verdure varie (e pollo eventualmente), ma al di fuori di Kathmandu, spendiamo sempre meno di 5 € in due.

Da Hetauda iniziamo a spostarci verso nord in direzione di Kathmandu. Il Nepal non offre molte strade, per lo meno non asfaltate. Le opzioni possibili per raggiungere la capitale, dal nostro valico di frontiera, sono tre: quella più lunga e con più dislivello passa per Pokhara, punto di partenza per i trekking sull’Annapurna. Da Pokhara a Kathmandu, però, dovremmo prendere la Prithvi Highway, molto trafficata perché collega le due maggiori città del paese. Una seconda possibilità, la più breve e semplice, sale da Bharatpur e poi prevede un centinaio di chilometri sulla Prithvi Highway. È però interessata da lavori al momento del nostro passaggio.
Noi invece scegliamo la via più panoramica, quella che da Hetauda sale fino a Daman e poi gode di una stupenda vista sulla catena himalayana innevata: si chiama Tribhuvan Highway e ci fa dannare per i suoi primi intensissimi 57 km, nei quali, tra salite e discese, si distribuiscono oltre 3000 m di dislivello.

tornanti

Partiamo attorno alle 7:30 di mattina, appena il freddo diventa sopportabile e trascorriamo almeno 7 ore sulla sella prima di raggiungere il passo a 2500 m di altezza. Il percorso è tutta una curva e il paesaggio mozzafiato in diversi scorci: i terrazzamenti decorano i declivi delle montagne con colori vividi e la serpentina della strada ci gioca attorno.
Attraversiamo qualche piccolo villaggio di montagna salutati da sorrisi autentici e dalle bandierine con le preghiere buddiste.
L’asfalto non è in buone condizioni e in molti punti la strada è invasa da rivoli d’acqua che la dissestano.
La soddisfazione della vetta è indescrivibile, soprattutto quando dal versante opposto vediamo spuntare la catena himalayana con le sue punte bianche, tinte leggermente di rosa dal tramonto ormai prossimo.

cima

Ci congeliamo negli ultimi tre chilometri di discesa per Daman, a quota 2320 m. Qui la doccia calda è fantascienza e allora ci facciamo scaldare un pentolone d’acqua sul fornello per lavarci, prima di spazzolare una bollente zuppa di lenticchie, riso e verdure (dal bhat).
Da Daman, l’opzioni più breve e con minor dislivello per raggiungere Kathmandu sarebbe quella che passa per Chitlang e Chandragiri, ma la gente del posto ci dice che la strada è interrotta da un paio di anni per lavori di manutenzione. Non ci resta altra scelta che passare per Naubise, all’incrocio con la Prithivi Highway. Continuiamo allora a scendere sulla stupenda Tribhuvan Highway. Dopo una serie di villaggetti molto più vitali di Daman saliamo di nuovo fino ai 2000 m e poi ci godiamo oltre 30 km di discesa ininterrotta tra le montagne terrazzate nepalesi. L’asfalto in cattivo stato e il paesaggio che vorremmo fotografare dopo ogni curva ci impongono un’andatura lenta. Le vette innevate dell’Himalaya fanno da sfondo alla nostra discesa. I tratti in ombra, in mezzo ad una vegetazione così rigogliosa, ci congelano le mani che non frenano tanto bene, ma poi il sole regala immediatamente sollievo.

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A Naubise raggiungiamo quota 900 m slm e imbocchiamo la temutissima Prithivi Highway. Il traffico di camion, autobus e moto è intenso perché questa strada collega le due principali città del paese: Pokhara e Kathmandu. Alcuni tratti, poi, sono interessati da lavori in corso e la carreggiata strettissima si arrampica tra tornanti fino alla vetta a 1500 m, prima di scendere nella Kathmandu valley. Tentiamo di percorrere i 26 km che mancano alla città, ma, all’ennesimo sorpasso azzardato da parte di un bus che ci spinge fuori strada, decidiamo di caricare bici e borse sul cassone di un camion.

Arriviamo a Kathmandu alle 17:00, col buio, dopo aver respirato tutti i tipi di polvere che la vallata avesse da offrire. Ci infiliamo nei suoi vicoletti acciottolati o sterrati, che nascondono salite spietate dietro a svolte insospettabili. Cerchiamo una sistemazione a Thamel, il quartiere dedicato ai turisti, perché abbiamo voglia di ristorantini alla moda, qualche buona pizza e cappuccino, che poi non vedremo per i due mesi successivi, fino a Mandalay almeno.

Quando, di giorno, ripercorriamo le stesse stradine da cui siamo arrivati, siamo sorpresi dalla quantità di templi, stupe, altari e statue sacre piene di simbologia religiosa che non avevamo visto. Kathmandu è un museo a cielo aperto, che però porta ancora fresche le ferite delle forti scosse di terremoto del 2015. Tanti edifici sono crollati, provocando migliaia di vittime; moltissimi altri sono puntellati e in attesa di adeguamenti sismici; la gente attende i promessi aiuti governativi, che stanno tardando ad arrivare. Intanto chi ha ricostruito lo ha fatto con materiali poveri, per lo più lamiera.
Ci fermiamo per diversi giorni in questa città affascinante, accogliente e colorata, per scoprire le sue meraviglie nascoste dietro alla facciata di traffico, smog e caos.

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