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Piemonte in bici: Lago della Ferrera, il gioiello nascosto della Val Cenischia

Solamente quando arrivi in cima tutta la fatica che hai fatto assume un significato ben preciso: la lunga sequenza di rampe con pendenze superiori al 10% è stata il passaggio purgatoriale per poter arrivare in quel piccolo paradiso d’alta montagna che è il Lago della Ferrera. Il ciclismo è fra gli sport più equi nella compensazione dello sforzo, quasi sempre a una grande fatica corrisponde qualche tipo di gratificazione immediata: un paesaggio incontaminato, un rettangolo di mondo da conservare nel proprio smartphone, uno sguardo di soddisfazione verso la valle da cui si è partiti.

Lago della Ferrera (foto Giada Nicastro)
Lago della Ferrera (foto Giada Nicastro)

Personalmente avevo un appuntamento con questa salita da quando, durante il Giro d’Italia del 2009, l’affrontai come passeggero dell’auto del cambio ruote che seguiva la testa della corsa. Per anni ho conservato nitido il ricordo dell’attacco di Stefano Garzelli in maglia verde, la sua caparbietà nell’arrampicarsi sui tornanti più arcigni dell’ascesa della Val Cenischia. Quest’autunno, accompagnato dalle mie amiche scalatrici Tanja e Giada, sono salito fin lassù in un’autunnale domenica di cielo azzurro.

Il percorso per raggiungere il lago della Ferrera

Da Venaus a Novalesa

Il punto di inizio della salita è a Venaus, più precisamente all’incrocio fra la SP210 e via Mompantero ovvero all’intersezione delle due vie d’accesso al principale comune della Val Cenischia. Siamo a quota 582 metri, non lontano dal Monumento al cervo e dallo storico presidio No Tav.

Inizio parte dura salita (foto Tanja Bosio)
Inizio parte dura salita (foto Tanja Bosio)

La prima parte della salita è caratterizzata da quattro chilometri di ampi rettilinei con una pendenza che aumenta gradatamente dal 3,3% del primo chilometro al 6,6% del quarto, con un gradiente che concede una tregua all’ingresso a Novalesa. Questo piccolo comune è noto per la sua Abbazia fondata nel 726 e affidata dal 1973 alla custodia dei monaci benedettini. Il luogo ospita una foresteria ed è il primo posto tappa in territorio italiano per coloro che compiono il cammino della Via Francigena provenendo dalla Francia. Chi vuole venire a contatto con il discreto fascino di questo luogo non ha che da seguire i cartelli che si trovano a Novalesa ed aggiungere un supplemento di 2,5 km in andata e ritorno svoltando a sinistra dopo il ponte sul torrente Cenischia.

Tornanti in doppia cifra

Arrivati a Novalesa il consiglio è di rabboccare la borraccia alla fontana situata nella piazzetta prospiciente il Municipio: l’acqua che ne sgorga è davvero di ottima qualità.

Superato il ponte sul Cenischia si raggiunge un bivio proseguendo sulla SP210 che si arrampica severa per qualche centinaio di metri, per poi concedere una tregua illusoria nei prati che precedono il secondo passaggio sul Cenischia.

Tornanti parte centrale salita (foto Davide Mazzocco)
Tornanti parte centrale salita (foto Davide Mazzocco)

A 6 chilometri dalla sommità le pendenze iniziano a farsi più consistenti, con una punta del 12% quando si transita fra le case della borgata Santa Maria. Il terzo e ultimo ponte sul Cenischia, a 4,5 km dalla conclusione segna l’inizio della spettacolare serie di tornanti che rappresentano la parte più impegnativa della salita. Nei tre chilometri che vanno dal 7° al 10° chilometro dell’ascesa la pendenza media è del 10%, con una punta massima del 19%.

Ci vorrebbe un cartello stradale: “Maneggiare con cautela”. Se è vero che a fine stagione la condizione è sempre ottimale a causa del peso ridotto e dell’alto quantitativo di chilometri negli arti inferiori, è altrettanto indubitabile che questa è una salita che mette a dura prova anche gli scalatori più preparati.
Nei succitati tre chilometri di ascesa si contano ben 15 tornanti, praticamente uno ogni 200 metri, ogni “virata” è un micro-traguardo ma non – come accade su altre salite del genere – una tregua. Non siamo sull’Alpe d’Huez, quando si cambia direzione la strada non spiana, ma continua a imporre la spietata legge della forza di gravità.

Il borgo di Moncenisio e il Lago della Ferrera

Al decimo chilometro di ascesa, esauritisi i tornanti, le fatiche non sono affatto terminate: prima di arrivare alla pietra che annuncia l’ingresso nel paese di Ferrera Moncenisio bisogna ancora superare rampe con pendenze fra il 12% e il 14%. Salendo non vedo l’ora che la salita finisca e, allo stesso tempo, già penso a quando ci tornerò, magari l’estate prossima.

Moncenisio (foto Giada Nicastro)
Moncenisio (foto Giada Nicastro)

Con appena 47 abitanti Ferrera Moncenisio è il sesto comune meno popoloso d’Italia. Un villaggio composto da una manciata di case ristrutturate armonicamente, preservando con l’utilizzo di pietra e legno quello che è lo stile architettonico delle grange di montagna.

Il borgo si trova sull’antica Strada Reale che anticamente collegava la Francia all’Italia, un sentiero battuto per secoli da pellegrini e mercanti con l’aiuto dei marrons, vere e proprie guide d’alta montagna che mettevano la loro conoscenza del territorio (e a volte la loro forza fisica come portatori) al servizio dei viaggiatori.

Una volta raggiunto l’abitato di Moncenisio non resta che una rampa all’8% per arrivare fino ai 1435 metri del punto più alto dell’ascesa. Duecento metri di leggera discesa e si può ammirare lo splendido paesaggio del Lago della Ferrera. Con i suoi 11,4 km al 7,5% e i suoi numerosi tratti in doppia cifra, l’ascesa della Val Cenischia è di quelle che rimangono nelle gambe, ma con i suoi panorami d’alta montagna, le sue pinete e il suo borgo da cartolina, l’esperienza è di quelle che si sedimentano nella memoria.

Gli appassionati delle scalate la mettano nel proprio carnet: senza nevicate tardive o precoci la si può fare da aprile a novembre.

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