Il 17 maggio 2017 siamo a Chumphon, Thailandia, suonati i 16000 km dalla partenza. Abbiamo pochi giorni ancora a disposizione nel paese perché il 26 di questo mese scadrà il nostro visto, senza possibilità di prolungamento. Dal confine malese ci separano ancora 700 km e alcune spiagge che vale davvero la pena vedere. Stiamo procedendo spediti da ormai una decina di giorni e tutto fila liscio: le biciclette ci scarrozzano ancor con la scioltezza del primo giorno, le gambe non hanno crampi o dolori, 80 km quotidiani ce li mangiamo in poche ore e Riccardo ha finalmente trovato una posizione comoda sulla sella nuova. C’è però una variabile che proprio non possiamo controllare: il meteo. Se fino ad una settimana fa le temperature estive della Thailandia ci facevano sudare all’inverosimile e ci costringevano a metterci in strada alle 6:30 di mattina, ora le piogge monsoniche ci fanno fermare al riparo di una tettoia almeno per un paio di ore al giorno. Inutile dire che, appena il sole ricompare, si torna a sudare con l’aggiunta di una umidità alle stelle.
Mappa
In uscita da Chumphon teniamo la strada principale, la numero 41, per circa una sessantina di chilometri. Ci si pedala bene perché sulla sinistra il margine è molto largo e qui gli altri mezzi non circolano; il paesaggio circostante, poi, è ricco di vegetazione e ombra.
Solo all’altezza di Lang Suan abbandoniamo il trafficato stradone e imbocchiamo la 4134, in direzione della spiaggia di Lamae. Questo tratto di costa è piuttosto desolato: incrociamo solo piccolissimi villaggi di pescatori e qualche raro resort. Il mare non è esattamente balneabile a causa delle sabbie melmose e dell’invasione di meduse di questo periodo. L’atmosfera tranquilla, al limite della noia, comunque, fa al caso nostro al termine di una lunga giornata su una strada trafficata.
Quando ripartiamo in direzione di Surat Thani teniamo la 4112 fino a Tha Chana, una bellissima strada deserta che attraversa piantagioni di palme, di caucciù e aree selvaggie. Poi cerchiamo di procedere a lato della ferrovia su piccoli sentieri – a volte sterrati – popolati da una fauna tropicale molto vivace: rettili, anfibi, volatili, insetti la fanno da padroni in questa zona dove l’urbanizzazione è molto rada.
Dopo una decina di chilometri ritroviamo la 4112 e la seguiamo fino ad incrociare la 2007. Alcuni lavori stradali, insieme alla ormai consueta pioggia delle 13, ci ricoprono di fango dalla testa ai piedi. Attorno alle 16, dopo 93 km dalla partenza, sul ponte che segna l’ingresso a Surat Thani, tiriamo un respiro di sollievo per la prospettiva di una bella doccia e una doverosa lavata alle borse.
La città non dispone di spiagge nelle immediate vicinanze, ma è uno punto di appoggio turistico per quei viaggiatori diretti verso le isole di Samui e Pha Ngan. Cerchiamo quindi un alloggio in centro e trascorriamo la serata al night market (come usavamo sempre ai tempi della Thailandia del Nord), tra uno spiedino e un frullato.
La prossima destinazione è Krabi, o meglio la spiaggia di Railay, che si trova sulla costa occidentale, a circa 170 km di distanza. Per raggiungerla prendiamo una grossa arteria, la via numero 44, che taglia il paese da Est ad Ovest con quattro corsie in ottimo stato completamente immerse nel verde dell’entroterra thailandese. Contro le nostre aspettative il traffico è scarsissimo e la pedalata estremamente piacevole, quindi non svoltiamo sulla più piccola 4219 quando ne abbiamo occasione. Le possibilità di rifornimento di acqua e cibo sono poche, così come i villaggi incrociati.
Dopo circa 84 km da Surat Thani ci fermiamo per la notte a Bang Sawan, la cui attrazione principale è una pozza d’acqua di colore particolarmente blu in cui fare il bagno.
Avvicinandosi alla costa Ovest la strada diventa ancora più spettacolare perché si insinua tra una serie di promontori rocciosi e verdi che terminano a strapiombo. Facciamo una decina di chilometri sulla Phetkasem Road (o n. 4) in direzione Sud e poi svoltiamo sulle 1003 e 4034 che ci portano fino alla spiaggia di Nopparat Thara, attraversando dei paesaggi naturali mozzafiato.
Abbiamo lasciato la costa Est della Thailandia perché presto saremmo entrati in zone calde dal punto di vista della sicurezza: da alcuni anni si registrano attentati da parte di gruppi radicali musulmani malay nelle province di Pattani, Yala, Narathiwat e Songkhla a danno prevalentemente di edifici pubblici. Anche diversi civili sono stati coinvolti, quindi, col nostro mezzo lento ed esposto a qualsiasi pericolo, abbiamo deciso di dirigerci verso regioni più tranquille, ma anche verso la stagione monsonica che arriva prima nella costa occidentale. Insomma, raggiunta Nopparat Thara, il meteo ci è del tutto avverso, con scrosci temporaleschi e mare grosso, e non ci imbarchiamo né per la spiaggia di Railay né per le isolette tropicali poco distanti dalla terraferma.
Ripartiamo in direzione sud: siamo a pochissimi giorni dal confine malese e anche dallo scadere del visto thai. Appena 300 km ci separano dal porto di Tammalang, Satun, dove abbiamo intenzione di prendere un traghetto fino all’isola malese di Langkawi. La Phetkasem Road, su cui abbiamo già pedalato diverse volte qualche centinaio di chilometri più a nord, è ampia, con molte corsie e un margine stradale in ottimo stato. Passiamo rapidamente la turistica Krabi, la zona dell’aeroporto e in men che non si dica siamo a Khlong Thom, stupiti di aver evitato la pioggia. Anche se non era in programma ci fermiamo qui per andare a visitare un sito turistico: Sa Morakot o emerald pool, una piscina naturale immersa in mezzo ad una foresta. Per questa scampagnata noleggiamo un motorino riuscendo ad evitare lo scroscio d’acqua del tardo pomeriggio. Il posto è incredibile, ma siamo un po’ amareggiati nel notare che, mentre il Nord della Thailandia offriva un’infinità di attrazioni a costo zero, le regioni del Sud, abituate ad avere moltissimo turismo, trattano gli stranieri con assoluto distacco e li obbligano a pagare un biglietto d’ingresso molto più caro di quello per locals: 200 baht per stranieri, 20 baht per i thai. Il rapporto 10 a 1 è la prassi da queste parti.
Siamo a 250 km dal confine e dal completamento di una tirata di oltre 1300 km in 15 giorni. Abbiamo ancora tre giorni a disposizione sul visto, che renderebbero estremamente fattibile la nostra impresa e invece Riccardo non si sente molto in forma e ci imponiamo una sosta, almeno dai pedali. Chiediamo un passaggio per Satun, la città da cui salperemo per l’isola malese di Langkawi. Non è così facile fermare un pick-up o un qualsiasi altro mezzo abbastanza grande da trasportare noi e le biciclette, perché l’atteggiamento verso il turista, qui al Sud, è più indifferente e sospettoso (con le dovute eccezioni ovviamente), ma comunque dopo un’oretta di autostop e due acquazzoni troviamo una gentile famiglia che ci porta fino alla meta. La strada non presenta molto dislivello, ma è tutta una curva in mezzo ad alture dalla vegetazione fittissima.
Satun è a prevalenza musulmana, con bellissime moschee e donne coperte dal velo. Scopriamo solo quella notte che, nel giro di pochi giorni, sarebbe iniziato il Ramadan, giusto in concomitanza col nostro ingresso nella Malesia mussulmana.
Lasciamo Satun all’alba del 26 maggio diretti verso il porto di Tammalang, che si trova una decina di chilometri a sud del centro cittadino. Per raggiungerlo costeggiamo una foresta di mangrovie sulla 406.
350 baht a testa di biglietto (circa 10€) e 100 per ogni bicicletta (2,5€) e siamo a bordo di una speedboat per Langkawi, con il timbro di uscita dalla Thailandia sul passaporto.
Comincia qui la nostra avventura in Malesia, l’ultimo paese prima di raggiungere Singapore.
Siamo Chiara e Riccardo; abbiamo lasciato Cesena venerdì 10 giugno, direzione Singapore! Il nostro progetto si chiama ‘For a piece of cake’, perché la torta, per Chiara, diabetica di tipo 1 dall’età di 11 anni, è un piacere da conquistare con dosi extra di insulina o attraverso l’esercizio fisico, l’ingrediente principale di questa lunga avventura.
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