Armstrong e il doping: Tutti a casa

Armstrong e il doping: Tutti a casa

Tutti a casa” è il titolo dell’editoriale sul Corriere della Sera con cui Indro Montanelli prese le difese di Eddy Merckx, espulso dal Giro d’Italia del 1969 mentre era in testa alla corsa per essere stato trovato positivo all’antidoping. È una faccenda vecchia di 40 anni ma che vale ancora la pena ricordare, soprattutto dopo che ad Armstrong sono stati revocati i titoli conseguiti dal 1999 al 2005.

Un’infografica del New York Times mette in evidenza con estrema chiarezza il problema: andando a vedere i risultati degli ultimi 15 anni di Tour de France, è sconvolgente rendersi conto che in ben 12 occasioni i vincitori della Gran Boucle sono risultati (prima o poi) positivi all’antidoping o hanno ammesso spontaneamente di aver fatto ricorso ad “aiutini” per migliorare le proprie prestazioni. Nell’edizione del 2003, in particolare, ben 7 degli 8 primi classificati sono stati coinvolti in questioni di doping.

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Il Giro d’Italia del 2011 è stato particolarmente emblematico: la corsa rosa fu vinta da Scarponi senza aver mai indossato la maglia rosa, eterno secondo alla spalle di Alberto Contador che si vide negare la vittoria dopo diversi mesi, squalificato per doping.

Il ciclismo, da fenomeno epico moderno, si è trasformato in uno sport a orologeria, dove l’assegnazione della vittoria non coincide più con il momento in cui il corridore più veloce finisce il proprio sprint a braccia alzate sotto la linea del traguardo, ma con il pronunciamento di una giuria che decide chi ha vinto e chi ha perso sbirciando dentro i campioni di urina dei partecipanti alle gare.

Qualcuno per favore mi spieghi, perché mai dovrei andare a seguire le corse dei vari campioni in ascesa sullo Stelvio o al Mont Ventoux, sapendo che vincitore non è il più forte ma quello che riuscirà a farla franca? Perché dovrei passare ore incollato davanti alla TV a vedere delle locomotive umane pedalare come forsennati se chi arriva primo non è necessariamente colui che vince?

Prima la motorizzazione di massa ci ha fatti disinnamorare della bicicletta, adesso doping e antidoping stanno dando il colpo di grazia alla pratica del ciclismo (alla luce di questi fatti, se vostro figlio dicesse di voler correre in bici, voi cosa rispondereste?).

La federazione ciclistica e gli organizzatori delle grandi corse invece di continuare a replicare all’infinito lo stesso maledettissimo e quanto mai noioso schema, farebbero bene a interrogarsi su come riavvicinare le persone alla pratica del ciclismo (sportivo o meno).

Un po’ di autocritica, certo, non farebbe male.

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