In prima serata sulla BBC ieri sera è stato trasmesso un documentario sul rapporto spesso difficile fra gli automobilisti e i ciclisti sulle strade britanniche.
Il titolo scelto dalla BBC era già stato ampiamente criticato: “The War on Britain’s Roads” (“La guerra sulle strade della Gran Bretagna“) infatti sembrava annunciare un’impostazione del documentario legata al “conflitto” fra i due gruppi; al contrario, tutta la campagna del Times si basa sulla ricerca di una collaborazione fra ciclisti e automobilisti, anche perché spesso le due categorie in realtà coincidono, nel senso che la stragrande maggioranza di chi va in bici è anche automobilista.
Ora che il documentario è andato in onda (alcuni brevi estratti si possono vedere qui), i timori si sono rivelati decisamente fondati, e la BBC è oggetto di numerose critiche non solo dai blogger pro-bike, ma anche da parlamentari e da molte delle maggiori testate giornalistiche britanniche.
Le critiche si possono riassumere in tre punti:
1. il documentario ha un tono troppo sensazionalistico e sopra le righe, che sembra quasi incitare allo scontro;
2. non vengono analizzate le vere cause della difficile convivenza, e cioè un’infrastruttura stradale inadeguata, che tiene scarsamente in considerazione le necessità dei ciclisti;
3. in alcune sue parti inoltre il documentario è addirittura fuorviante, quando vengono presentate delle riprese di ciclisti che sfrecciano a tutta velocità nel centro di Londra, schivando automobili e pedoni e violando numerose regole del codice della strada; peccato non si dica che quel video era stato appositamente girato da una società commerciale, e che quindi non è assolutamente rappresentativo del comportamento dei ciclisti, come viene invece implicitamente suggerito nel documentario.
Fra le voci più autorevoli di condanna c’è quella di Ian Austin, parlamentare laburista a capo del gruppo informale di parlamentari “pro-bike”, che ha descritto il programma come “stupido, sensazionalistico, semplicistico e irresponsabile”, mandando una lettera di protesta al direttore generale della BBC; tra l’altro, questo è solo l’ultimo dei numerosi scandali che hanno colpito la prestigiosa compagnia radiotelevisiva britannica nelle ultime settimane.
Con un atteggiamento più positivo, alcuni nel mondo del ciclismo britannico pensano già a come rispondere a questo documentario: Roger Geffen, della National Cycling Charity, ha proposto ai lettori del suo blog non solo di protestare presso la BBC, ma anche di chiederle di realizzare programmi che mostrino i vantaggi, personali e sociali, dell’andare in bici.
Parlare di “guerra” è forse esagerato, ma è vero che in Gran Bretagna molti ciclisti si sono attrezzati con delle piccole telecamere montate sui caschi, e su Youtube i filmati amatoriali di manovre pericolose da parte degli automobilisti hanno molto successo; una amara considerazione: molti di questi video potrebbero risultare quasi incomprensibili ai ciclisti delle nostre parti – ciò che in Gran Bretagna è considerato un comportamento pericoloso da parte degli automobilisti, tanto da meritare di essere denunciato, spesso purtroppo non è altro che la norma nelle nostre grandi città.
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