Arabia Saudita: sì parziale alle donne in bici

2 Aprile 2013

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Difficile esultare per una mezza conquista che in altre parti del mondo è qualcosa di perfettamente normale e indiscusso. Ma sempre di un primo passo si tratta, e la notizia diffusa ieri dal quotidiano al-Yaum, della possibilità per le donne dell’Arabia Saudita di andare in bicicletta e in moto, potrebbe rappresentare l’alba di un cambiamento imminente e più profondo.
Ma di conquista, dicevamo, si tratta ancora solo in parte, perché le donne dovranno comunque essere accompagnate da un parente, rimanere in aree circoscritte, ed indossare l’abaya, la tipica veste nera che le copre dalla testa ai piedi. Alle donne saudite, per le quali resta in vigore il bando di guida delle automobili, era stata interdetta la possibilità di condurre qualsiasi veicolo nel 1990.

Ora le donne sono libere di andare in bici nei parchi, sul lungomare e in altre aree a condizione che indossino abiti modesti e che sia presente un guardiano in caso di cadute o incidenti“, così ha riferito al-Yaum citando una fonte della commissione per la Promozione della virtù e la Prevenzione del vizio. Per guardiani sono intesi i padri, i mariti, i fratelli, o accompagnatori di sesso maschile. Oltre a queste limitazioni, il diritto di pedalare sarà concesso per soli scopi ricreativi: “la bici non deve essere usata come mezzo di trasporto“, recita un’altra nota. L’autorità religiosa ha imposto anche che le donne in bici si tengano lontane dai gruppi di manifestanti. “La nostra preoccupazione è per il traffico e per il rispetto delle normative” – spiega Ali al-Zahrani, portavoce dell’Ente per la circolazione stradale della provincia orientale. Intanto Samia al-Bawardi, responsabile di una ong per le vittime di incidenti stradali, ha invitato le donne a tenersi comunque alla larga dalle biciclette: “indossare l’abaya e guidare in modo non appropriato – sostiene al-Bawardi – può essere causa di terribili incidenti“.

Sembra non essere un caso che l’abrogazione del divieto di andare in bici per le donne sia giunta dopo il successo internazionale del film “La bicicletta verde” (Wajda), scritto e diretto dalla regista Hajfaa al-Mansour, la prima regista donna dell’Arabia Saudita, che racconta la storia di una bambina di 11 anni di Riyadh che, decisa a superare i limiti imposti dalla sua società, rincorre il sogno di avere una bici per battere l’amico Abdullah in una gara.

Ma se l’Arabia Saudita ha compiuto almeno un piccolo passo in avanti verso l’emancipazione femminile, lo stesso non possono dire altri paesi del mondo dove il divieto è in vigore e non viene per ora neanche messo in discussione. E’ il caso dell’Iran e dell’Afghanistan, e in minor misura del Pakistan, dove una donna in bici, seppur non sanzionabile e soggetta ad alcun divieto, può suscitare scandalo e non è ben vista dall’opinione pubblica. Singolare, poi, è il caso della Corea del Nord, dove il diritto di andare in bici alle donne è stato riconosciuto nell’agosto del 2012 e revocato appena cinque mesi dopo.

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