Jeremy Clarkson, il re dei motori che vuole sconfiggere i “ciclisti estremisti”

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Nonostante i grandi passi avanti in favore dei ciclisti compiuti recentemente in Gran Bretagna, c’è sicuramente ancora molto da fare. Come ricordava in modo forse un po’ esasperato la BBC in un documentario trasmesso qualche mese fa, si ha spesso la sensazione che ci sia una “guerra” sulle strade britanniche fra ciclisti e automobilisti. La sensazione si rafforza guardando i numerosi video su Youtube girati dai ciclisti con delle telecamere montate sul casco che riprendono manovre pericolose di automobilisti (i tassisti sembrano essere i protagonisti più frequenti di questo tipo di filmati). In sintesi, i ciclisti accusano gli automobilisti di guidare in modo pericoloso; i secondi accusano i primi di pedalare senza rispettare numerosi articoli del codice della strada, primo fra tutti quello che vieta di passare con il semaforo rosso; uno degli argomenti più spesso usati contro i ciclisti è inoltre il far notare che, poiché non pagano la “Road Tax”, non avrebbero diritto a usare le strade; dimenticando che la Road Tax è stata abolita nel 1937.

Fra i maggiori protagonisti di questa contesa, almeno nella sua variante limitata alle parole, c’è un curioso personaggio dal nome di Jeremy Clarkson. Clarkson è un famoso giornalista e presentatore televisivo britannico; scrive regolarmente sul popolarissimo The Sun e sul The Sunday Times, ed è il volto di “Top Gear”, una seguitissima trasmissione televisiva dedicata al mondo delle automobili, ed è anche il volto scelto dal Times per un articolo della campagna #cyclesafe rivolto a chi in bici non ci va. Si sarà già capito che Clarkson è un forte sostenitore degli automobilisti in questa “contesa” con i ciclisti. Con un linguaggio spesso aggressivo, Clarkson descrive i ciclisti come “nazisti in Lycra” che si vestono come degli stupidi e che hanno preso possesso dell’Embankment (una zona di Londra lungo il Tamigi). Ultimamente però anche lui sembra avere cambiato idea.

Già qualche settimana fa, da Copenhagen, Clarkson aveva twittato su quanto fosse bella la città “senza dannate macchine a occupare le strade”. Nel suo ultimo editoriale sul Sunday Times, Clarkson scrive di voler vedere sempre più persone normali in bicicletta, e che ha cominciato lui a dare il buon esempio avendo comprato una bici qualche giorno fa. Sembra che Clarkson voglia differenziare fra gli estremisti della bici che sfrecciano lungo le strade di Londra su telai in fibra di carbonio e il resto dei ciclisti; per “sconfiggere” i primi bisogna a suo dire aumentare il numero dei secondi. Non è chiaro a cosa sia dovuto questo cambiamento, o cosa egli intenda per “sconfiggere” i ciclisti più estremisti. Clarkson comunque è molto famoso oltremanica, e ha un seguito appassionato di fan che leggono tutto quello che scrive; delle parole a favore dell’uso della bici da parte sua, per quanto ambigue, sono quindi benvenute.

Ad ogni modo, Clarkson forse non sa che i “ciclisti in Lycra” sono una sparuta minoranza, e che anche i blogger e le associazioni pro-bike sono (e si rivolgono a) persone normali, e non funamboli delle due ruote. Le iniziative più lungimiranti di chi propone una “mobilità nuova” mirano proprio a superare queste divisioni, e creare strade che siano spazi condivisi fra pedoni, ciclisti e automobilisti, nel rispetto reciproco.

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