La luce al laser di Emily: “In missione per migliorare il ciclismo urbano”

Se alle politiche per aumentare la sicurezza sulle strade non si affianca una solida visione imprenditoriale non si va da nessuna parte, avrà pensato Emily Brooke, 28 anni, una designer che a Londra riflette ogni giorno sulle difficoltà di pedalare sicuri in mezzo agli altri mezzi di trasporto.


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Londra, con la sua alta capacità di investimento (perdonate il doppio senso) su infrastrutture ciclabili di quasi un miliardo di sterline entro il 2020 e una sempre crescente cultura ciclistica, deve ancora registrare un’alta incidentalità. Il traffico ciclistico nella città è aumentato del 60% negli ultimi dieci anni, ma è ancora fermo al 2% sul totale degli spostamenti con altri mezzi. Sembra incredibile, ma Londra è ancora una città starter, principiante.
Mentre era ancora al college, Emily aveva notato che gli incidenti che coinvolgono i ciclisti si verificano perché nella maggior parte dei casi un’auto o un mezzo pesante in fase di svolta non vedono arrivare il ciclista che viaggia nella stessa direzione. Non ci sono luci o giubbini hi-vis che tengano. Non c’è notte o giorno, bello o cattivo tempo che faccia la differenza: c’è una sostanziale incompatibilità tra velocità, visibilità, filosofia di movimento tra la bici e gli altri veicoli, e a pagare sono i ciclisti. È molto difficile, nel traffico, al buio, vederli arrivare in tempo.
L’incidente che nel 2011 accese la più recente campagna di scala planetaria sulla sicurezza dei ciclisti, “Cities Fit for Cycling” del «The Times», da cui la nostra #Salvaiciclisti, è avvenuto proprio a causa di un blind spot, la zona cieca che i mezzi pesanti – e anche le auto – soffrono forse per un difetto di presidio tecnologico. A questo proposito, sono stati evocati arguti sensori da installare sul perimetro dei camion e pletore di specchietti con i quali restituire la vista alle improvvide zone cieche. Alle automobili sono stati promessi occhi elettronici supplementari e radar, fibrillanti alla vista dell’imprevedibile ciclista e del lento pedone. La giovane Emily ha invece pensato di non aspettare la difficile disponibilità di queste innovazioni. La tecnologia, ha pensato, è meglio metterla sulla bici. Il prezzo da pagare offre almeno il controllo diretto del dispositivo.

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Blaze è in sostanza l’innovazione di qualcosa di già esistente: la classica luce anteriore a forma di piccola torcia che molti noi – me compreso – montano sulla propria bicicletta. Oltre alla normale luce LED bianca, con normale scelta di modalità lampeggiante / fissa / metà potenza, il corpo in lega di alluminio di questo dispositivo ospita un generatore laser verde che stampa sulla strada una bella sagoma di bici, come quelle che indicano le ciclabili, cinque metri davanti alla ruota anteriore, sia fissa che lampeggiante, con tutta l’intensità della luce laser. Funziona meglio al buio, ma anche col nuvolo si vede bene. È, ovviamente, ricaricabile via USB e dura fino a tredici ore.
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Blaze aumenta così l’impronta del ciclista sulla strada, anticipando con un biglietto da visita luminoso il suo passaggio in barba alle zone cieche, anche quelle del pedone che ti sbuca da dietro un furgone parcheggiato. L’idea è buona e andrà testata sulla pelle del traffico, ma intanto la prima serie è stata prodotta – e già venduta – grazie a una campagna di crowd funding su Kickstarter che ha raccolto l’equivalente 66.000 euro, ma la vera notizia è che la famiglia Branson (Virgin) e un importante fondo di investimento, Index Ventures, ci hanno messo su altri 350.000 euro, tanto per vedere dove la nostra amica vuole andare a parare con la sua lucina. Del resto, lo slogan della Blaze è ambizioso: “Siamo in missione per migliorare il ciclismo urbano”.


Il costo è ancora alto: 125 sterline, 150 euro. Ma scenderà.

Una considerazione: in Italia, dove soprattutto nelle città l’investimento medio per una bicicletta è meno di una pizza e tutti chiedono voracemente solo piste ciclabili, che posto potrà avere la luminosa creatura della nostra Emily? Io la Blaze non posso permettermela, ma è vero che sono otto anni che mi faccio vedere con un oggetto simile, in plastica, da quaranta euro. Sono stati soldi spesi bene, sono certo che la Blaze valga tutti i suoi centocinquanta, ma aspetto.

Per info: www.blaze.cc

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