Test bici elettrica pieghevole Flebi EVO 2.0
AGGIORNAMENTO aprile 2017: la bici è ora disponibile in versione 2.0. Sono stati risolti alcuni problemi tecnici che avevamo evidenziato in questa recensione, e il prezzo è passato a 899€. Il testo della recensione che segue è stato aggiornato per riflettere questi cambiamenti.
Flebi è un marchio spagnolo specializzato nella produzione di bici elettriche pieghevoli ultraleggere ed economiche, pensate per un uso urbano. Questa EVO è l’ultima arrivata nella gamma delle bici Flebi, e ci è stata data in test per qualche giorno. Con un peso totale di soli 11,8kg e un prezzo di 849€ 899€, la bici accoglie un motore al mozzo anteriore da 250W, una batteria completamente integrata nel telaio, e un sistema di piegatura veloce. Per mantenere il peso e il prezzo così bassi sono stati necessari alcuni compromessi, e la bici non risulta esente da difetti, molti dei quali però risolti grazie alla versione 2.0, come vedremo meglio nel corso della recensione.
Per iniziare, ecco un video introduttivo realizzato dalla stessa Flebi:
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I componenti elettrici
Per accendere la centralina della bici è necessario prima di tutto agire sull’interruttore principale che si trova sulla parte destra del manubrio.
In seguito si preme il pulsante di accensione presente nella scheda di controllo accanto alla manopola di sinistra.
Come potete vedere dalla foto, si tratta di un modello essenziale, che fornisce solo le informazioni strettamente necessarie: stato di carica della batteria e livello di assistenza selezionato. E’ possibile scegliere fra tre livelli di assistenza: low, medio, e high, che permettono di avere velocità di rispettivamente 15, 20 e 24 km/h. Tenendo premuto per qualche secondo il pulsante “-” si attiva l’assistenza alla camminata, che fa procedere la bici a una velocità di circa 6km/h.
L’attivazione del motore è gestita da un classico disco in plastica dotato di magneti, che ruota solidalmente ai pedali. I magneti sono molto spaziati fra loro, e per fare attivare il motore è necessario fare circa mezzo giro di pedali. Non è presente alcun sensore di sforzo; la potenza erogata dal motore non dipende dalla cadenza di pedalata.
A proposito dell’attivazione del motore, dobbiamo segnalare un problema. Quando si cammina spingendo la bici in avanti la catena e i pedali si muovono, come se non ci fosse un sistema di ruota libera nel mozzo (in realtà è presente, ma di scarsa qualità). Il sensore rileva il movimento dei pedali e fa attivare il motore, con conseguenze potenzialmente pericolose. A noi è successo ad esempio di scendere dalla bici per attraversare a piedi un incrocio molto trafficato; dopo pochi passi, il motore si è improvvisamente attivato, facendoci quasi scappare di mano la bici. E’ necessario quindi ricordarsi di spegnere la bici in queste situazioni, cosa innaturale che abbiamo dimenticato più volte di fare.
AGGIORNAMENTO: Il problema relativo all’accensione involontaria del motore evidenziato nel precedente paragrafo è stato risolto nella versione 2.0.
La bici è dotata di un motore al mozzo anteriore da 24V e 250W, geared, brushless, prodotto dalla Aikema. Non è fra i più silenziosi che abbiamo testato, ma il rumore non è mai eccessivo. Il motore in sé è buono, ma non è gestito al meglio dalla centralina. L’erogazione di potenza del motore infatti non è graduale: il motore cerca immediatamente di arrivare ad erogare il massimo della potenza. Come vedremo meglio nella sezione “prova su strada”, questo può causare alcuni problemi.
Quando si smette di pedalare, il motore dovrebbe disattivarsi quasi immediatamente. Purtroppo abbiamo rilevato un grosso ritardo nella disattivazione del motore, di più di 2 secondi, come potete vedere nel video che segue (se alzate il volume del computer, si sente chiaramente quanto a lungo il motore rimanga attivo dopo aver fermato i pedali).
In altre bici dotate di sistemi simili il motore si disattiva in circa mezzo secondo. Questa disattivazione tardiva crea alcuni problemi, come vedremo meglio nella sezione “prova su strada”.
AGGIORNAMENTO: il problema relativo alla tardiva disattivazione del motore è stato risolto con la versione 2.0.
I componenti elettrici sono attivati da una batteria al litio da 216Wh (24V * 9Ah). Ci piace molto il fatto che la batteria è completamente integrata nel telaio, rendendola invisibile e proteggendola da urti e agenti atmosferici. La capacità è inferiore alla media, ma ciò contribuisce a tenere basso il peso della bici; inoltre, questa Flebi Evo è chiaramente pensata per brevi spostamenti urbani di pochi chilometri, non per pedalare a lungo. La batteria può essere ricaricata tramite questa presa:
La ricarica ha un tempo massimo di circa 3 ore e venti minuti.
La batteria non è rimovibile dai clienti. La bici è comunque talmente leggera che togliere la batteria non è necessario per trasportarla. Nel momento in cui si dovrà sostituire la batteria, generalmente dopo 2-3 anni, sarà necessario riportarla al punto di acquisto o – se acquistata online – rispedirla alla Flebi. Il prezzo della batteria di ricambio è di 230€. La sostituzione in sé è gratuita.
Completano la parte elettrica altri due elementi: le leve freno dotate di sensore, per disattivare immediatamente il motore quando si frena…
…e l’acceleratore, che è attivato solo su richiesta del cliente.
Tutti i cavi elettrici rimangono nella zona anteriore della bici, andando o al motore oppure entrando immediatamente nel telaio, subito dopo la luce anteriore. Sono raccolti a partire dal manubrio in una guaina, e risultano bene ordinati. Non disturbano in alcun modo il procedimento di piegatura della bici. Purtroppo il cavo del motore non è dotato di sgancio rapido, e può quindi dare fastidio nel caso di sostituzione della camera d’aria della ruota anteriore.
La bici è equipaggiata solo con una luce anteriore, che si attiva automaticamente quando fa buio. Mancano luce posteriore e segnalatore acustico.
I componenti meccanici
Il telaio della bici, in alluminio, è in pratica costituito da un unico tubo orizzontale, che si conclude posteriormente con la scatola del movimento centrale, il tubo verticale per alloggiare il tubo reggisella, e un attacco per il carro, cioè la zona posteriore del telaio, che è in questo caso ripiegabile. Molto utile la “maniglia” posteriore, che facilita il sollevamento della bici.
La posizione di guida indotta dal posizionamento di sella, pedali e manubrio è abbastanza rilassata, a schiena verticale. Il manubrio è largo 51 cm; la sua altezza non è regolabile. La stessa Flebi consiglia questa Evo solo a chi è alto meno di 190cm. Con 178cm di altezza, ci siamo trovati bene in sella alla bici, relativamente al fatto che si tratta di una “bicina” con ruote da 16″.
Questa bici elettrica pieghevole Flebi Evo monta freni V-Brake sia all’anteriore che al posteriore, che svolgono il loro lavoro senza troppi problemi. Nelle frenate di emergenza non si innescano bloccaggi della ruota.
La forcella anteriore non è ammortizzata, un’altra scelta fatta in funzione della necessità di tenere peso e prezzo bassi.
Le ruote da 16″ ospitano questi copertoni Kenda Kwest da 1,5″, pensati per un uso urbano. Non sono dotate di sgancio rapido, né ovviamente all’anteriore (dove si trova il motore) né al posteriore.
Passiamo ai componenti più strettamente legati alla trasmissione: le pedivelle sono lunghe 160mm; i pedali in dotazione sono pieghevoli.
La trasmissione è basata su un sistema a rapporto unico, con mozzo dotato di ruota libera. La catena aderisce allo standard delle monovelocità, ed è per questo da 1/2″ x 1/8″, più piccola del normale. AGGIORNAMENTO: la versione 2.0 è dotata di una catena di misure standard. Lo sviluppo metrico del rapporto è di circa 6 metri; tanto per dare un riferimento, è pari allo sviluppo metrico di un 46×17 su una bici tradizionale con ruote da 28″ (e infatti il 46×17 è uno dei rapporti più usati dagli amanti delle single speed).
Nella versione 2.0 la trasmissione è stata dotata di un tensionatore.
Come si ripiega
Il sistema di piegatura è secondo noi uno dei punti di forza della bici, in quanto veloce e pratico.
Prima di tutto si ripiega la zona posteriore della bici, ruotandola verso il basso e verso il centro del telaio.
E’ un’operazione veloce, facile grazie alla leggerezza della bici, non si rischia di sporcarsi, e la bici è fin da subito molto stabile poiché si appoggia sul portapacchi posteriore. L’unica pecca è che quando è piegata così le ruote non scorrono, a meno di non sollevare la bici leggermente dal sellino. Abbassare il tubo reggisella è facile grazie allo sgancio rapido; in questo modo tra l’altro si blocca la ruota posteriore in posizione (attenzione a non spingere troppo in basso il sellino: si rischia di danneggiare il freno posteriore) AGGIORNAMENTO: questo problema è stato risolto nella versione 2.0
Come detto, anche i pedali possono essere ripiegati.
Già così la bici occupa uno spazio molto ridotto. Se possibile, è meglio evitare di sganciare il manubrio: una volta sganciato infatti esso non è più legato in alcun modo al telaio della bici, tranne che tramite i cavi, e rende quindi scomodo trasportare la bici (lo si deve reggere con una mano). E’ anche vero però che basta un semplice laccetto, da lasciare sempre attaccato alla base del tubo del manubrio, per ovviare a questo problema. Il tubo a T del manubrio è tenuto in posizione da un perno abbinato a un sistema di sgancio rapido.
Non possiamo non rilevare che il perno è rimasto bloccato internamente dopo poche volte che abbiamo usato la bici (per ritirarlo fuori è stato necessario smontare parzialmente la serie sterzo), e il sistema di sgancio rapido ci sembra un po’ leggero. Pur stringendo accuratamente, rimane sempre un certo “gioco” di cui si farebbe volentieri a meno.
AGGIORNAMENTO: La versione 2.0 ha migliorato molto il sistema di piegatura del manubrio, che ora appare molto solido, ed è dotato di una sicura; molto intelligente il sistema di raccordo fra il tubo manubrio e la leva di sgancio rapido, che impedisce a quest’ultima di muoversi liberamente quando la bici è piegata.
Inoltre, ora il manubrio è anche regolabile in altezza.
Ecco come si presenta la bici con il manubrio ripiegato. L’abbiamo messa accanto a un casco da bici per far capire meglio le dimensioni. La foto è relativa alla versione 1.0, ma le dimensioni con il nuovo manubrio rimangono molto simili.
Una volta ripiegata, la bici ha dimensioni veramente minime: 90 x 16 x 60cm, che abbinate a un peso di soli 11,8 kg la rendono facilmente trasportabile nei mezzi pubblici o nel bagagliaio di un’auto anche piccola. E’ anche disponibile come accessorio extra una borsa da trasporto da usare tipo zaino; purtroppo non ci è stata fornita da Flebi e non abbiamo quindi avuto modo di provarla.
Prova su strada
Saliamo finalmente in sella a questa bici elettrica pieghevole e vediamo come si comporta all’atto pratico.
La scelta delle ruote da 16″ ci sembra il migliore compromesso fra portabilità e comodità di guida. Fin dalle prime pedalate la Flebi Evo si dimostra comoda e relativamente stabile, sicuramente più della Nanoo elettrica con ruote da 12″ che avevamo provato tempo fa. Diciamo “relativamente” stabile in quanto comunque le geometrie della bici (manubrio stretto, angolo di sterzo verticale…) ci ricordano che siamo su una ultrapieghevole e non su una bici elettrica da città di dimensioni e telaio standard. Nel traffico e nelle manovre strette la bici, dal punto di vista meccanico e senza considerare la performance del motore, è divertente da guidare, agile ma mai nervosa.
L’unica pecca dal punto di vista della guidabilità viene appunto dal modo in cui la centralina gestisce il motore. Come si accennava prima, l’erogazione di potenza non è graduale, e può risultare un po’ brusca specialmente con il livello di assistenza più alto. E’ un aspetto al quale ci si abitua facilmente in situazioni normali.
Dove invece continua a dare fastidio è nelle partenze in curve strette; è una situazione che nel traffico non capita raramente (basti pensare a quando si devono superare auto incolonnate). La cosa è peggiorata dallo stacco ritardato dell’assistenza quando si smette di pedalare: come si diceva prima, ciò avviene dopo un paio di secondi, e non dopo circa mezzo secondo come avviene in quasi tutte le altre bici elettriche con sensore di rotazione dei pedali. Il fatto che il motore sia posizionato sul mozzo anteriore non fa che peggiorare le cose. Tutto questo vuol dire in pratica che nelle partenze in curve strette la bici tenderà a scappare verso l’esterno della curva (nel linguaggio automobilistico si parlerebbe di “sottosterzo”), voi smetterete di pedalare, ma il motore resterà attivo e continuerà a farvi andare verso l’esterno; l’unica soluzione è tirare la leva del freno per disattivare il motore, cosa che però non risulta naturale alle basse velocità di cui stiamo parlando.
E’ un problema che sarebbe in fondo facilmente risolvibile, regolando meglio il modo in cui la centralina fa erogare potenza al motore, rendendola più graduale e staccandola non appena non viene più rilevata la rotazione dei pedali.
AGGIORNAMENTO: questi problemi sono quasi completamente superati nella versione 2.0. L’inizio dell’assistenza è ancora forse un po’ brusco, ma ci si abitua presto.
Una volta superati questi problemi in fase di partenza, la bici si comporta bene: la spinta del motore è ottima e costante, e aiuta a coprire facilmente le brevi distanze urbane per cui questa bici è pensata. Si è portati a usare la bici quasi sempre in modalità “pedalata simbolica”, cioè facendo girare i pedali a vuoto e lasciando al motore l’intero compito di fornire potenza. Questo avviene per la presenza di un solo rapporto, e anche per le pedivelle corte (160mm) che non invogliano a spingere troppo sui pedali. Crediamo che questo comportamento sia pienamente compatibile con la destinazione d’uso della bici. Con il livello di assistenza massimo, la bici raggiunge una velocità di circa 24 km/h. Non si innesca quel tipico comportamento “a onde” delle bici con sensore di rotazione dei pedali, con il motore che si attiva e disattiva ciclicamente; la bici anzi procede sicura a una velocità di crociera costante.
Dato lo sviluppo metrico di 6 metri, ecco una semplice tabella con cadenze di pedalata e velocità:
Il motore permette di superare senza alcuno sforzo salite con pendenza fino al 4% circa. Più la pendenza aumenta, più è necessario aiutare il motore spingendo sui pedali. La partenza in salita è resa un po’ complicata dal fatto che il motore si avvia solo dopo mezzo giro di pedale, e dal rapporto scelto che è forse appena un po’ lungo per queste situazioni.
Chi pedala in ambiente urbano può spesso scegliere di attraversare parchi per evitare le strade più trafficate. Per questo ci sembra utile provare le bici da città anche su sterrati facili. Anche in questo caso la bici in sé, dal punto di vista telaistico/meccanico, si comporta abbastanza bene, e affrontare facili sentieri non è un problema. Tuttavia, in situazioni di scarsa aderenza come queste, i problemi relativi all’attivazione del motore diventano un po’ più gravi, e a motore attivato la bici può risultare difficile da gestire nelle curve lente; anche la partenza in salita può cuasare qualche problema, poiché il motore tende a slittare.
L’autonomia della bici è secondo noi adeguata all’uso tipico: non crediamo infatti che si possa scegliere la Flebi Evo per coprire numerose decine di chilometri. Questa bici dà il meglio di sé quando si tratta di percorrere pochi chilometri in ambiente urbano, soprattutto se in abbinamento con l’uso dell’automobile o dei mezzi pubblici. In una città come Roma, con continui (ma leggeri) saliscendi e frequenti soste e ripartenze nel traffico, è stato possibile coprire circa 18km, usando sempre il livello di assistenza massimo e aiutando il motore in salita (peso del ciclista + attrezzatura: 75kg). Su un percorso più pianeggiante, e senza usare sempre il livello di assistenza più alto, dovrebbe essere possibile raggiungere i 35-40 km di autonomia che Flebi dichiara.
Conclusione
Cosa dire in conclusione riguardo a questa bici elettrica pieghevole Flebi Evo? Prima di tutto, che si tratta di una bici con una destinazione d’uso ben precisa: è pensata infatti per offrire la massima leggerezza possibile a chi ha necessità di percorrere pochi chilometri in città, in combinazione con altri mezzi di trasporto pubblico o privato. Pensiamo ad esempio a chi abita in un paese nei dintorni di una città, nella quale lavora: potrà usare il treno o l’automobile per arrivare fino alla periferia della città, per poi percorrere gli ultimi chilometri velocemente in bici, senza sudare grazie all’assistenza del motore e senza doversi sottoporre alla “lotteria” del trasporto pubblico locale, fra scioperi, affollamenti e ritardi. La leggerezza della bici aiuta molto nelle operazioni di piegamento, e fa sì che chiunque possa sollevarla facilmente; poterla portare sempre in casa o in ufficio elimina i problemi relativi a furti e danneggiamenti.
La scommessa della Flebi è quella di far coincidere due aspetti solitamente antitetici: la massima leggerezza possibile (questa bici elettrica pieghevole pesa solo 11,8kg) e un prezzo molto basso (899€). Non possiamo non rilevare che la scommessa è purtroppo riuscita solo parzialmente, e che la ricerca del prezzo basso si è spinta un po’ oltre all’ideale. Questo lo si vede soprattutto nella scarsa qualità del mozzo; nel non perfetto sistema di serraggio del manubrio; e nella centralina. Risolvere questi problemi non dovrebbe far alzare di molto il prezzo o il peso della bici.
Una eventuale nuova versione della Flebi Evo che risolva questi problemi facendo restare il peso sotto i 12-13 kg sarebbe da noi consigliatissimo per girare in città.
Con la versione 2.0, il compromesso da fare è sicuramente molto più vantaggioso. I componenti meccanici sono di migliore qualità, anche se siamo lontani dall’alta gamma. Se avevamo sconsigliato l’acquisto della versione 1.0, ora possiamo dire che, se si rimane entro la destinazione d’uso prevista (percorsi urbani su asfalto prevalentemente liscio), e se non si esagera con il peso da far portare alla bici (consigliamo di tenersi decisamente sotto i 110 kg di peso massimo raccomandati dalla Flebi) questa Flebi Evo 2.0 è da tenere seriamente in considerazione: leggera, sprintosa, perfetta per l’intermodalità. In fondo alternative così leggere ed economiche non ce ne sono.
Ringraziamo Omar Gatti per alcuni dettagli tecnici.
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