Giunta alla sua quarta edizione, la MiAMi dei fratelli Scavezzon, titolari dell’omonimo atelier dei pedali in quel di Mirano (Venezia), nemmeno quest’anno ha deluso le aspettative.
Ci sono eventi, nel mondo del ciclismo, intorno ai quali ruota l’intera stagione. Che si tratti delle classiche del nord o dei grandi giri per i professionisti, le granfondo più affascinanti per gli amatori o la MiAMi e il B.A.M. per gli appassionati di gravel.
Tante volte abbiamo parlato di questo mondo ma se vi foste persi tutto o quasi e voleste recuperare il tempo perduto in una volta sola, iniziate col mettere in calendario questi due eventi.
Certo, di manifestazioni ghiaiose si sta riempiendo lo stivale ma il fascino di questi due raduni è unico.
Il Veneto è terra di pedali nobili; vi trovano sede molte realtà del ciclismo, si tratti di Campagnolo o Pinarello, Battaglin, Wilier Triestina solo per citarne alcune. Ma è soprattutto terra di artigianato e quello a due ruote non manca certamente, ricordiamo, ad esempio, quello nobile di Pegoretti.
Questi raduni diventano l’imperdibile occasione per avvicinare i mastri della bicicletta, spesso impegnati loro stessi a pedalare ma, una volta scesi di sella, pronti a spiegare, raccontare, mostrare e far testare agli appassionati clienti le loro ultime creazioni.
Nel cortile del negozio Scavezzon hanno trovato posto Miss Grape di Michele Boschetti con le sue ultime novità in fatto di borse da bikepacking, stavolta declinate in versione stradale. Non mancava la folta barba nera di Michele Pigozzi che ha portato le sue biciclette sulle quali ha poi egli stesso pedalato. E ancora, tra i partenti, si celavano Max Galetti con la sua ultima novità e Stefano Tarticchio, patron di Ciclitorino e Dësgena, nota soprattutto nel mondo dello scatto fisso dove ha partecipato al Red Hot Criterium ben figurando sulla scena internazionale. La sua Ciclitorino Pavè che ho potuto testare è stata una bella sorpresa di cui vi racconterò.
I fratelli Scavezzon poi, nella loro tana che ospita la Confraternita di appassionati, oltre a prodigarsi per la riuscita di questa edizione, si sono resi disponibile a mettere a disposizione dei modelli test a chi ne faceva richiesta anticipata.
In Veneto, non me ne vogliano le altre regioni, la febbre del gravel è esplosa da tempo e ogni week end è possibile cimentarsi in manifestazioni ed eventi. La nota positiva è che il calendario è molto ricco. La crescita dal basso, con appassionati che si trasformano in ottimi organizzatori è una realtà consolidata. Se consideriamo che tutto si svolge su base volontaria, senza gravare sul portafoglio dei ciclisti, non si può che applaudire convintamente.
La presenza di un capannone ogni 204 abitanti, la densità produttiva e l’urbanizzazione importante, hanno giocoforza contribuito ad alimentare questa declinazione delle due ruote. Strade molto trafficate e strette, traffico pesante e congestionato, spingono gli appassionati a cercare nuovi spazi. Così argini, vie d’acqua e ciclabili sono prese d’assalto. Parlavo di note negative, come ogni medaglia del resto. Spesso la programmazione è congestionata e ci si ritrova a pedalare su strade già conosciute, nonostante gli sforzi encomiabili dei tracciatori. Da settembre a inizio novembre c’è un pullulare di eventi, un peccato vedere questi luoghi sempre nella stessa stagione. Certo, basando la maggior parte del carico sui volontari, è abbastanza naturale che questo accada, non è semplice evitare sempre sovrapposizioni.
Gli Scavezzon non corrono però alcun rischio. Oltre 600 partecipanti ufficiali, ma si vocifera di molti “non ufficiali” presenti, la dicono lunga. Ci sono manifestazioni storiche che non fanno questi numeri. Segno che i tre fratelli hanno capito bene che non basta vendere una bicicletta. Serve creare le occasioni per usarla. E in questo loro sono coinvolti in prima linea, ufficialmente nella MiAMi ma come partner e supporter in molte altre occasioni.
La loro simpatia, competenza e professionalità, attirano amici e clienti da ogni parte d’Italia. Qui trovano dignità tutte le anime del ciclismo e proprio alla MiAMI si sono viste biciclette da ciclocross non solo di ultima generazione, gravel, mtb, bici da corsa adattate, da cicloturismo, cargo, scattofisso e, addirittura, una Graziella! Tutte sono state bene accolte e chi le montava si è sentito coccolato come se fosse in famiglia. Può sembrare una banalità ma, credetemi, il successo è in gran parte nascosto proprio qui.
Ai volontari e amici della Confraternita è stato assegnato il compito della tracciatura. Proprio per evitare di ripetere sempre le medesime strade, Pierluigi Moresco e soci hanno battuto sentieri e viottoli alla ricerca di alternative. Così, nell’alternanza annuale che vede, per il percorso lungo, il giro di boa un anno ad Asolo e uno ad Arquà Petrarca, stavolta è toccato al secondo borgo tra i 20 più belli d’Italia (Kilimangiaro RAI 2017).
Tre i percorsi proposti. Il breve, 80km, totalmente segnalato da frecce gialle, il medio di 100km e il lungo di 170km.
Dalla tana dei fratelli miranesi, lungo ciclabili e argini, seguendo il Serraglio, si giunge a Strà. Qui si trova Villa Pisani, detta anche Nazionale, la “Regina delle ville venete”. Nelle sue 114 stanze sono stati accolti dogi, re e imperatori. Vi si conservano opere e arredi del Settecento e dell’Ottocento e si può ammirare il capolavoro del Tiepolo “Gloria alla famiglia Pisani”. Il parco della villa conserva il “Coffee House all’Esedra”, il labirinto di siepi e la preziosa raccolta di agrumi dell’Orangerie oltre che piante e fiori nelle serre tropicali. Buttarci uno sguardo, con la promessa di ritornarci con calma, è d’obbligo.
Seguendo la Tergola prima e gli argini del Muson dei Sassi poi, i ciclisti giungono al primo punto di controllo: Pontevigodarzere. Un timbro sul libretto di viaggio, non un semplice cartoncino ma un libretto realizzato dal genio e dall’estro di Mastro Martino Scavezzon, un po’ di frutta e si può decidere se proseguire, dopo questi primi 50km, per il percorso corto oppure optare per il medio o il lungo.
Molti scelgono di fermarsi in pizzeria, si sa, a stomaco pieno si ragiona meglio, interpretando al meglio la festa della MiAMi.
Chi sceglie il percorso breve segue il Brenta, la Riviera e il Naviglio del Brenta prima di ritornare a Mirano nella tana. Si tratta ancora di sterrati semplici e strade asfaltate secondarie poco trafficate.
Quelli del medio risalgono l’argine del Brenta su una ciclabile bianca che lascia posto al Parco fluviale del Brenta a Chiesanuova fino a trovare il Bacchiglione a sud di Padova. Da qui, seguendo un’ampia ciclabile sterrata lungo il canale artificiale, si ritorna a Strà e poi a Mirano per concludere il percorso medio.
Gli eroici gravellisti del lungo, a sud di Padova, dove il Bacchiglione incontra il canale che porta a Battaglia Terme, mulinando le gambe su una pista sterrata, si ritrovavano a costeggiare il Castello del Catajo prima di giungere alla Cantina Loreggian, secondo punto di controllo.
Il Castello del Catajo, costruito a partire dal XVI secolo da Pio Enea I degli Obizzi, in località Battaglia Terme, unico nel suo genere, fu villa principesca e alloggio militare e fu, in seguito, eletto a Residenza di Villeggiatura Imperiale dagli Asburgo imperatori d’Austria. Con le sue 350 stanze, i 40 ettari di pertinenze e il Giardino delle Delizie rappresenta la naturale eleganza dei Colli Euganei. Inutile aggiungere che, anche questa, è una chicca da gustarsi con calma in una visita dedicata.
Apposto il secondo timbro si sale fino Arquà Petrarca che ospitò il poeta negli ultimi anni di vita. Borgo tra i più belli del Paese, merita anch’esso una visita ad hoc.
Si scollina in mezzo ad alberi di giuggiole e ripreso il Bacchiglione si pedala fino all’Idrovia Padova- Venezia prima di arrivare a Strà prima e Mirano poi, concludendo una pedalata spettacolare in terra veneta. Ad attendere i ciclisti nel giardino antistante il negozio, tavole imbandite, birra e una discreta scelta di cibi, dalla pizza al minestrone, dalle mozzarelle con le acciughe alla frutta. Il tutto da consumarsi tra risate e racconti, in una atmosfera distesa e rilassata lontana da ogni agonismo.
Vista da dentro
Per svariate ragioni ho pedalato il percorso breve. Conosco il territorio e, pur a malincuore, ho rinunciato ad arrivare ad Arquà. Ho testato la Ciclitorino Pavè approntata da Stefano Tarticchio. Bicicletta con telaioin acciaio Columbus Zona saldato a tig, equipaggiata Campagnolo e con freni a disco meccanici. Si è comportata benissimo regalando gran comfort senza mai sottrarsi a ogni rilancio. Le coperture generose hanno assicurato il giusto grip senza rinunciare alla scorrevolezza ogni volta che la ghiaia lasciava il posto all’asfalto. I freni meccanici non li ho digeriti ma si tratta di dettagli. Quello che sottolineo invece è la versatilità di questa bicicletta, pronta a seguire i sentieri come il bitume e ad ospitare portapacchi e borse per intraprendere un viaggio. Un’ottima ragione per scegliere una gravel senza svenarsi.
A fianco avevo inoltre Michele Pigozzi in sella alla sua Giarin+, una gravel che può montare ruote da 27,5 e 29 per ogni esigenza, dallo sterrato all’asfalto. Come se non bastasse, con sé, aveva anche Priscilla, una adventure bike che il giorno dopo avrebbe usato per trascorrere qualche giorno sulla Via Francigena.
Il clima che si respirava nelle retrovie, ma anche tra chi ha scelto di partire all’alba (partenza alla francese dalle 6:00 alle 8:30) è stato stupendo. Grande disponibilità con chi ha condiviso la pedalata e cortesia verso tutti quelli che abbiamo incrociato, segno di una maturità raggiunta dalla maggior parte di appassionati. Ho condiviso buona parte del percorso con Andrea Benesso, ideatore del B.A.M., Michele, patron di Miss Grape, Stefano di Dësgena e Ciclitorino, Andrea e suo figlio Matteo a bordo di un mezzo speciale. La solidarietà, la gentilezza, i sorrisi, hanno fatto da contorno a questa giornata. Non accade ovunque tanto che a sottolinearlo è stato proprio il piemontese Tarticchio che denuncia un eccesso di agonismo eccessivo e spesso fuori luogo, in molti eventi ai quali ha preso parte.
Non so se il gravel possa ritenersi esente dagli aspetti meno gradevoli del ciclismo amatoriale ma posso affermare che qui non ci sono stati eccessi e, alla fine, la soddisfazione era dipinta su ogni volto incrociato.
Un’ultima considerazione infine, sul mondo gravel. Spesso ho letto e ascoltato considerazioni che mi hanno fatto sorridere: “Il gravel esiste da sempre, si chiama eroica, è lo stesso di Coppi e Bartali”. Sì, tutto giusto. Però i tempi sono cambiati. Nessuno o quasi partecipa a una moderna granfondo in sella a una bicicletta di 40 anni fa. Perché bisognerebbe affrontare le strade bianche con una bici di quel tipo quando il mercato offre ormai mezzi per ogni tasca ed esigenza? In fin dei conti, quelli che fanno certi discorsi poi non si negano l’ultimo modello di specialissima in carbonio. Perché la bicicletta è anche passione e irrazionalità fanciullesca. Tutto il resto, permettetemelo, è, come sempre, osteria.
Una graziella ?? Non ci credo !
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Il punto di non ritorno lo abbiamo superato… All-terrain non ha confini ne si confina. Back to the origins