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Piazza Baldissera in tilt: quando il Bike-to-Work è il rimedio alla disperazione

Sono i raggi di un sole al tramonto che mi accolgono all’imbocco di quello che è diventato l’inferno di Torino.

torino piazza baldissera

Ma le mie ruote sono solo due e raramente si fermano. Il problema è per chi ne ha quattro, o più. Già lo sanno. Intrappolati e rassegnati, aspettano che qualcuno decida per loro e che il traffico davanti, chissà come, svanisca. Senza rendersi conto che ognuno è traffico per chi lo segue.

torino piazza baldissera

Mercoledì 14 Novembre 2018 è una giornata che molti automobilisti faticheranno a dimenticare. Per me invece è un tardo pomeriggio come tanti altri. Pedalo e basta, fischiettando a ritmo della musica e dei battiti del cuore.

torino piazza baldissera

Da oltre due anni, in città mi muovo in bicicletta. Riempio l’auto solo nei weekend, con tutta la famiglia e bagagli e passeggini. Ma da lunedì a venerdì è il Bike-to-Work quotidiano ad aver sostituito ore ed ore di tempo sprecato. 25km tra andata e ritorno.

Ero stufo di morire, da vivo, dentro a un’auto in coda. Ed è bastato davvero poco per ritrovare il piacere perduto.

Il piacere della libertà.

torino piazza baldissera

Sono lontano quasi un chilometro da piazza Baldissera e già raggiungo i primi incolonnamenti. Viale e controviale completamente bloccati, in entrambi i sensi. Zigzago sui pedali tra auto e furgoni che hanno invaso tutto, ogni spazio, persino la corsia ciclabile. Li osservo senza parole. In 25 secondi netti sono fuori dalla rotonda, e proseguo senza intoppi, fino a casa.

Solo al notiziario della sera, in tv, mi accorgo realmente di quel che è stato. Piazza Baldissera in tilt, tutte le sue vie paralizzate fino tarda sera, gente in escandescenza. I quotidiani narrano di chi ha impiegato due ore per fare 3km, di autobus bloccati che hanno aperto le porte per far scendere i passeggeri.

Prima di andare a dormire ricevo un messaggio di un collega: “Un’ora e cinquanta mi-nuti per 12km, completamente fermo un’ora in piazza Baldissera. Sono impazzito. Guarda, domani vengo a lavoro in bici”.

Il giorno dopo lo vedo arrivare in ufficio col casco in mano e il sorriso sul volto. Ecco, c’è un modo diverso per andare a lavoro. Ed è bellissimo.
Chi vuole, chi può, provi a salvarsi.

Commenti

  1. Avatar Daniele ha detto:

    Bellissima riflessione. Pensate che io vivo a Roma e quello che nell’articolo viene descritto come un fenomeno eccezionale, qui, è ordinaria amministrazione! Ogni giorno grazie al mio “eco commuting” (lo definisco così perché da qualche anno ho allargato gli orizzonti, affiancando la bicicletta al walk to work, al run commuting, al monopattino elettrico ed a mille altre soluzioni che sto scoprendo man mano) assaporo quel senso di libertà unico, che nessuno potrà mai capire fino a che non deciderà di dare una svolta concreta alla propria vita. Come insegna l’esempio descritto, penso che oltre ad attendere qualche secolo prima che le istituzioni decidano effettivamente di promuovere e sviluppare soluzioni alternative per il trasporto urbano, facendo letteralmente la GUERRA all’attuale modus operandi, occorre che i cittadini si armino della buona e vecchia VOLONTA’: devono scegliere loro in primis se continuare a “morire” quotidianamente nell’inferno di motori e lamiere, oppure aprirsi al cambiamento e trovare finalmente la PROPRIA efficiente soluzione green. Mai come in questo caso, detto popolare fu più corretto: VOLERE È POTERE. Per i restanti ultrà della scatoletta inquinante a quattro ruote non rimane invece che miseria e pena…per un destino, da loro stessi tracciato, che inevitabilmente finirà per “divorarli” sia economicamente che psicologicamente!

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