“Se torturi i dati abbastanza a lungo, alla fine confesseranno quello che vuoi”. Una famosa citazione di Darrell Huff di quasi 70 anni fa, rende bene l’idea.
I dati non sono neutri e, senza un contesto, lo stesso dato può dirci qualunque cosa. O forse nessuna.
“Triplicate le multe” | “più controlli” | “più sinistri”
Qualche tempo fa, un’interpellanza presentata dal consigliere comunale Enzo Liardo (Fratelli d’Italia) ha portato prima in Consiglio comunale di Torino e poi nella Commissione consigliare il tema dei “sinistri che coinvolgono i pedoni” e sul fatto che questi sono in aumento. La necessità, citava l’interpellanza, è intervenire “soprattutto nelle aree pedonali di via Garibaldi e via Lagrange (vie pedonali del centro, n.d.a.), dove monopattini e biciclette a volte viaggiano a velocità sostenuta. Spesso – continua – ad essere colpite sono le persone anziane. Servono più controlli”.
L’Assessora Pentenero, a tale richiesta, ha risposto mostrando i dati su controlli e sanzioni unicamente riferiti a controlli e sanzioni su persone in bici e monopattino.
I dati ripresi da tutti i media, tali e quali, riportano questo: “I sinistri stradali sono in lieve flessione: sono passati da 3.032 (nel periodo da gennaio a settembre 2022) a 2.900 (gennaio-settembre 2023). Sono diminuiti anche i sinistri che coinvolgono i pedoni (da 283 a 273), mentre sono cresciuti quelli che coinvolgono i velocipedi: erano 116, ora sono 232. In leggero aumento quelli che riguardano veicoli di micro-mobilità elettrica, come i monopattini: da 193 sono saliti a 204.
Sono quasi raddoppiati i controlli, passati da 342 a 580. E sono aumentate le sanzioni che coinvolgono i monopattini: da 1.552 a 2.007. Quasi triplicate le sanzioni per sosta irregolare di monopattini e velocipedi (da 384 a 918), stabili le sanzioni per comportamenti irregolari di monopattini e velocipedi (1.168 nel 2022, 1.189 nel 2023)”.
A leggere i titoli su tutti i media, dai quotidiani al Tg, il primo commento che ci verrebbe da fare è: ok, allora è vero che i ciclisti (e in questo caso i monopattinisti) sono indisciplinati. Triplicare le multe vuol dire anche che non solo sono indisciplinati, ma sono ben tre volte più indisciplinati di un certo periodo prima. Ma questi dati riportati dalla Polizia Municipale sono sufficienti per capire come si comporta chi si muove in bici e monopattino a Torino?
Usiamo il caso torinese, che potrebbe essere in realtà in una qualsiasi città italiana, per allargare lo sguardo su cosa i numeri dicono e soprattutto non dicono.
Numeracy | Sappiamo leggere i numeri?
Donata Columbro, giornalista e data humanizer, che per lavoro racconta i dati per farli diventare più umani e su cui ha scritto anche un libro “Ti spiego il dato”, delinea il paesaggio italiano.
In una delle sue newsletter infatti, riporta che l’Italia è al 30° posto, su 37, per le competenze di numeracy (dati Ocse/Piaac 2022) ossia la capacità di leggere i numeri. Una premessa che, come comunità, ci ricorda che abbiamo ancora parecchio da fare nel migliorare la nostra capacità di produrre, interpretare e utilizzare i dati.
I numeri sono ovunque. Sono fondamentali per comprendere la realtà che ci circonda, i fenomeni e sono utili per prendere le decisioni di ogni giorno o di rilevanza globale. Ma i dati non sono mai neutri. Da dove arrivano? Sono dati primari? Che tipo di metodologia è stata usata e qual è l’obiettivo? Cosa stiamo contando? Ma soprattutto cosa non dicono questi dati?
I dati che (non) abbiamo
Ammj Traore, dottoranda in sviluppo urbano e regionale presso il Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio (DIST) del Politecnico di Torino e vice presidente di Fiab Torino Bike Pride, mi ha aiutata a fare una panoramica dei dati che dovremmo avere.
“Per comprendere lo stato della mobilità, in particolare della ciclabilità, serve un’analisi e una combinazione di diversi dati per avere una panoramica completa – mi spiega -. Partendo dalle infrastrutture, ci servono i dati sulla presenza e lunghezza delle ciclabili, la tipologia e il livello di manutenzione. Ci servono poi quelli sull’utilizzo della bici, dalle statistiche di utilizzatori ai volumi di traffico ciclabile e di ogni tipo di veicolo. Sull’incidentalità, oltre al numero in rapporto al volume, è utile anche la mappatura degli incidenti, dove avvengono e con che frequenza. Fondamentale è anche la proporzione tra i diversi utilizzi di mezzi di trasporto”.
Proprio sul modal split, ossia quante persone si muovono in bici in percentuale sugli spostamenti, non c’è molto accordo. Soprattutto a livello comunale, dove di rado vengono raccolti in maniera dettagliata i dati e di conseguenza la lettura di fenomeni anno su anno non è precisa.
Quando poi un numero è piccolo, è complicato fare una lettura di variazione di una tendenza. Se ci sono stati 10 incidenti in un anno e 11 il successivo, abbiamo, numericamente, un aumento del 10%. Ma dire che sono aumentati del 10% fa pensare a un fenomeno organico, che su pochi episodi non si può dimostrare in assoluto.
Sul tema incidentalità quello che manca è invece un dato di riferimento, ossia quanti chilometri vengono percorsi in bicicletta, monopattino o a piedi. Senza sapere se i chilometri sono aumentati o meno avremo una lettura parziale. È possibile che incidenti siano aumentati non perché improvvisamente è diventato più pericoloso pedalare, ma – come restituisce anche la letteratura – perché ci sono più persone che pedalano.
Il numero dei chilometri percorsi quasi non lo abbiamo a livello nazionale, perché le statistiche esistenti sono diverse tra loro, alcuni sono analisi svolte da privati, altre da enti pubblici, e la conseguenza è che i vari dati non si parlano. Possiamo conoscere i macro-trend, ma non è così facile arrivare a un numero preciso.
Letture distorte
I dati vanno quindi maneggiati con cura, soprattutto da parte di chi ha il potere di usarli e divulgarli. Se a un numero non offriamo un contesto, possiamo fargli dire quello che vogliamo.
È emblematico in questo senso il dato sull’aumento delle sanzioni di chi è in bici. Cosa ci vuole dire? Che improvvisamente le persone si comportano peggio o che sono aumentati i controlli su una specifica categoria? È in assoluto o rispetto agli anni precedenti?
La mobilità è un settore lento a cambiare. Per cui applicare su periodi brevi ragionamenti che invece richiederebbero un arco di tempo lungo ci porta a fare interpretazioni distorte. Dovremmo considerare i dati, non anno su anno, ma su una media mobile, considerando i trend delle percentuali tra i vari anni.
Cosa possiamo fare?
Intanto possiamo allenarci a farci domande ogni volta che leggiamo sui media e nelle dichiarazioni politiche dei dati. È fondamentale andare oltre l’apparenza.
Possiamo poi andarci a cercare i dati che ci servono (a partire dall’Istat). Se i dati pubblici non vengono diffusi, si possono chiedere, anche utilizzando lo strumento del Foia (Freedom of Information Act).
E se i dati non ci sono, appellarsi, anche chiedendo il supporto delle organizzazioni locali che si occupano di mobilità, affinché le amministrazioni si adoperino per raccoglierli e inserire nei propri piani un monitoraggio costante e un’appropriata comunicazione.
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