La bellezza dei luoghi dell’Appenino Tosco-Romagnolo e la passione che muove ogni biker sono alla base di queste gite fuori porta, specie quando uno splendido sole bacia queste giornate da sogno, quale migliore premessa per organizzare un week-end in mountain bike. Il Parco delle Foreste Casentinesi che intendiamo proporre e percorrere, è attraversato da circa 250 chilometri di sentieri e oltre l’80 % della sua superficie è ricoperta da boschi. Un dedalo di sentieri che lo attraversano, una “popolazione” di circa un migliaio di specie di piante ed abitato da oltre 156 specie di volatili, mammiferi, rettili, anfibi e pesci. E’ un luogo di storia che ha origini antichissime, in effetti i monaci di Camaldoli ed i frati della Verna frequentano e conservano questi luoghi già dall’inizio di questo millennio.
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E’ antica via di pellegrinaggio per raggiungere la città eterna, in effetti la via “Romea Peregrinorun” nome con cui si identificava la strada seguita dai pellegrini per raggiungere Roma, passava anche per questi luoghi. Un paradiso di natura ed un bagaglio di storia che invitano alla scoperta della zona. Partenza da Ridracoli verso Badia Prataglia per poi toccare la foresta della Lama e tornare sui nostri passi con un totale di 80 km da percorrere in due giorni. I bagagli sono già stati avviati a Badia Prataglia dalla nostra perfetta macchina dell’organizzazione, quindi ci avviamo senza ulteriori indugi. Un gruppo forte di 14 elementi, ben assortito ed allegro nonostante la calura che impera, ai 585 metri s.l.m. il termometro marca 28°.
Ci abbandoniamo ad una bibita e ad un gelato preventivi, tanto per anticipare il recupero dei sali e delle energie che certo spenderemo (e che diamine!). Dalla località di Ridracoli il tour prende il suo avvio ed è subito salita dura ma le maschere di sudore sono smorzate dall’allegria, dalla spensieratezza e dai sorrisi e (grazie al cielo) dai provvidenziali refoli che tutto rinfrancano. L’erta si inerpica sotto al sole ed agli 882 metri s.l.m. il termometro segna 33°. È comprensibile dunque pensare “ma la fontana che ci appare innanzi è solo un miraggio?” Eppure appare tanto vera, il gorgoglio e la freschezza che ci porta è tale da poter comprendere come il sommo poeta abbia citato questi luoghi nella Divina Commedia nel XVI canto dell’inferno dedicando alcuni versi alle vicine cascate dell’Acquacheta. “Che il suon de l’acqua n’era si vicino… come quel fiume che ha il proprio cammino prima da monte Veso inver levante, da la sinistra costa d’Appennino, che si chiama Acquacheta“.
Ringraziata abbondantemente sorella acqua e rinfrancati, la salita prosegue e procura altro sudore ma la meta davanti ai nostri volti è tanta da strabuzzare gli occhi, ai 996 metri s.l.m. si apre una fantastica finestra sull’appennino e sul parco. Come di consueto, dopo la salita, arriva immancabile la discesa che ristora l’anima (e le gambe). Un imprevisto ci si para di fronte, un partecipante ha perduto il borsello sottosella, particolare in sé trascurabile non fosse che conteneva le chiavi della sua auto!
Quindi un volenteroso quartetto (tra cui il sottoscritto) lascia proseguire il gruppo verso la sua meta e parte in caccia del tesoro smarrito. Avanti o indietro il risultato non cambia, si pedala, ci si arrampica e si suda! E così mentre il gruppo si avvicina alla meta agognata, il quartetto dei volenterosi ritorna sui propri passi ripercorrendo in salita il terreno appena passato ma purtroppo l’esito è nullo, il borsello resta smarrito. Ormai il tempo non ci consente di cercare ancora e quindi, di volata, sul tracciato originale e sulle tracce del gruppo. La mtb è uno sport intenso e le salite sono toste di per sé anche quando non hai fretta di affrontarle, figurarsi per chi è incalzato dal tempo e non vuole restare al buio.
Finalmente scalato il passo del Cancellino per raggiungere Badia Prataglia dove a comitiva è già in tavola e ben conoscendo con che tipo di affamati abbiamo a che fare, è proprio il caso di raggiungerli in men che non si dica per evitare di restare a “bocca asciutta”. Dopo una lauta cena ed un sonno ristoratore e con la speranza di aver recuperato sufficienti energie per il nuovo giorno, ci apprestiamo alla colazione ed al breafing sul percorso. Il sole promette nuove avventure ma anche il ritorno della calura. Ripartiamo di buona lena da Badia Prataglia ed è subito salita verso il passo dei Fangacci. La vita del biker è fatica vera, passione, sudore e grinta eppure il bosco che ci circonda è un luogo magico ed ogni metro che ci avvicina ai 1213 s.l.m. ed al passo sono sogni ad occhi aperti e ripagano di tutto.
Ancora una volta attraversiamo luoghi di storia e di cultura. Infatti a Badia Prataglia il corso d’acqua che attraversa i boschi, confluisce nell’Archiano che scende dal passo dei Mandrioli. Presso Serravalle, il torrente riceve le acque del Fosso di Camaldoli per diventare copioso affluente dell’Arno nei pressi di Bibbiena, ed ecco ancora i versi di Dante Alighieri che vengono in aiuto, infatti cita “L’Archian rubesto” nel V canto del Purgatorio a proposito di Bonconte di Montefeltro che, ferito nella battaglia di Campaldino (1289), viene travolto dalle acque dell’Archiano in piena. Il crinale successivo è il degno ristoro delle nostre gambe ed il panorama splendido sul lago e sull’appennino sono davvero da vedere ! (le sole parole non bastano).
Siamo nei luoghi dei boschi di abeti e faggi secolari, del silenzio che da un millennio custodiscono fede e cristianità, i luoghi degli eremi, dei monasteri e dei santuari abitati da coloro che danno valore all’ascolto ed alla riflessione, dove si coltiva il silenzio da sempre e si vive in armonia con la natura. L’eremo di Camaldoli è poco distante e merita una visita, è abitato da una trentina di monaci appartenenti alla Congregazione camaldolese dell’ordine di San Benedetto che ha per simbolo due colombe che si dissetano dallo stesso calice e rappresentano le due comunità, dell’eremo e del monastero, che si nutrono alla stessa fonte, che simboleggia Cristo.
Abbandoniamo il crinale in direzione di Prato alla Penna e ci tuffiamo quindi in discesa verso la foresta della Lama. Il terreno “tecnico” non sempre è amato da tutti e spero non sia troppo irriverente passare dal sommo poeta ad un cantante come Battisti per sintetizzare il concetto citando “le discese ardite e le risalite“, terreno quindi impegnativo che costringe a stare all’erta e faticare anche in discesa. Giù fino alla foresta della Lama quindi dove trovano spazio, finalmente, i panini che ci siamo portati appresso ed ai 706 metri s.l.m. ci apprestiamo al meritato ristoro ed alla siesta.
Si riparte quindi per riguadagnare quota e tornare sui nostri passi fino al punto di partenza, il tempo trascorre lieto e pur se sotto la calura della giornata il buonumore, lo spirito di corpo che ci affratella ed i luoghi che ci passano davanti agli occhi rendono davvero la nostra gita un evento da ricordare. Anche se dura, la vita in sella alla mtb è lieta e semplice, vi trovano spazio i bisogni elementari dell’uomo ed in sella alla fida bicicletta la testa resta sgombra e lieta. In un certo senso è come tornare ad essere spensierati come dei bambini.
Vorrei sapere se il livello di difficoltà tecnico e l’impegno in discesa è di tipo enduro o altro
Luca