Abbigliamento

Test della giacca Hikari di PEdAL ED

Test della giacca Hikari di PEdAL ED

PEdAL ED è un’azienda di abbigliamento che, dal momento della sua fondazione, sta cercando di cambiare le regole del gioco. Con la flessibilità tipica delle startup si sta ritagliando, con successo, uno spazio in quella zona grigia ancora non presidiata dai “big”, ovvero il mondo del gravel, dell’ultra-cycling e del commuting.
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Abbiamo testato la giacca Hikari nelle fredde mattine milanesi di questa specie di inverno da climate change, quando il termometro sfiora lo zero e il respiro si manifesta in una nuvola bianca di vapore acqueo e si è rivelato un buon compromesso tra peso e funzionalità.
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Come al solito, i prodotti a marchio PEdAL ED sono curatissimi nei dettagli, frutto, come dicono gli stessi produttori, della commistione tra l’approccio giapponese al design e quello italiano per la qualità nel mondo del tessile. Il risultato è quindi una giacca “shell”, un guscio con il compito di isolare il ciclista dalle intemperie (siano esse pioggia, vento o freddo) nella pratica di discipline anche molto diverse tra loro.
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Il tessuto è di sostanza, con una grammatura importante ed è caratterizzato da impermeabilità fino a 10.000 millimetri d’acqua. Il 15% di elastan nella composizione rende il tessuto solidale con i movimenti della pedalata e aumenta il livello di comfort, soprattutto per chi non ha più un fisico prettamente statuario e vuole un indumento che non opprima eccessivamente la respirazione.
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La versatilità del capo lo mette, però, a rischio “sauna”: è un attimo sbagliare l’abbigliamento sottostante, abbondare accidentalmente con gli indumenti termici e ritrovarsi a fronteggiare un bagno di sudore, soprattutto se il percorso è particolarmente impegnativo. Ottenere l’effetto inverso è, invece più difficile e richiede temperature molto rigide per far sentire freddo al ciclista.
L’ideale è di abbinare la Hikari a un indumento termico a maniche lunghe, come può essere una maglia di lana merino per mettersi al sicuro dal freddo e contenere in questo modo l’eventuale eccesso di sudorazione.
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La Hikari è dotata di due tasche al posteriore come nella migliore tradizione ciclistica. In questo caso le tasche sono discretamente capienti e sono realizzate con una retina fitta, resistente e trasparente che può essere un’ottima soluzione per aumentare la visibilità di notte trasformando un cellulare in un piccolo faro.
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La visibilità è l’elemento imprescindibile per chiunque si rivolga al mondo del commuting e dell’ultra-cycling: le strade sono brutte e pericolose ed è un attimo ritrovarsi vittima del solito “scusa non ti ho visto”.
Il tessuto della Hikari è dotato di inserti riflettenti nel tessuto che disegnano motivi su tutto il capo e ne aumentano la visibilità quando illuminati. E questo è un’ottima cosa. Il colore grigio di questo modello, per quanto molto elegante, rischia però di rendere invisibile chi pedala soprattutto negli ambiti urbani, in ogni caso la Hikari è disponibile anche nel colore rosso.
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Il prezzo (265 €) non colloca la Hikari nella fascia di prezzo più economica, ma basta prenderlo in mano per capire che il capo è fatto per durare per anni e resistere a tutto (dice l’azienda che è stato testato durante la Transcontinental Race e la Silk Road Moutain Race). Per maggiori informazioni clicca qui.

PEdAL ED HIKARI

Concludendo.
La Hikari è un capo di abbigliamento stiloso minimale in grado di racchiudere in un solo indumento le caratteristiche di diversi capi: impermeabile, antivento e maglia pesante. Per questo si rivolge a un pubblico di persone che devono risparmiare sul peso e sulla quantità di indumenti da portarsi appresso, quindi pendolari in bicicletta e bikepackers in primis.

Commenti

  1. severino ha detto:

    Carissimi amici di BikeItalia, permettetemi una osservazione:
    nell’articolo in cui si parla di NIBALI che sponsorizza un’auto, stigmatizzate la mancanza di cinture di sicurezza quando si vedono i protagonisti dello spot all’interno della vettura. Giusto, è una lampante violazione del C.d.S. e merita di essere bacchettato.
    Ma…in questo articolo il Sig. PINZUTI sfoggia un elegante cappellino, se lo noto vuol dire che è senza casco.
    Ora potreste replicare che tra l’obbligo delle cinture e il non obbligo del casco ci corre di tutto e di più.
    Ma…(c’è ancora un ma) una rivista attenta alla salute di noi ciclofruitori non dovrebbe mettere in atto TUTTE le strategie per “suggerire” l’uso del casco? Potremmo così arrivare al fatidico 95% (effetto gregge) di utilizzatori volontari scongiurando il tanto deprecabile obbligo (deprecabile per Voi ma non per moltissimi di noi che lo usano e ne hanno tratto benefici).
    Ciao.

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