Itinerari

USA, la regione dei Grandi Parchi, direzione Las Vegas

USA, la regione dei Grandi Parchi, direzione Las Vegas

QUELLO CHE DOVEVA ESSERE


Itinerario originale del Plateau Passage con indicate le citta’ principali menzionate in questo articolo

Io e mio fratello abbiamo deciso di percorrere la parte centrale del Plateau Passage (vedi articolo precedente).

La traccia parte da Las Vegas e arriva a Durango, 2000 km che toccano 4 stati americani: Nevada, Arizona, Utah, e Colorado, restando in media sui 1500mt di quota, quasi interamente su sterrato, giorni consigliati: 30.


Parco nazionale Arches (percorso 1)

Noi avevamo a disposizione 3 settimane (compresi gli spostamenti) quindi abbiamo deciso di percorrerne la parte centrale (e in direzione opposta), partendo da Moab e finendo a Cedar City (per poi raggiungere Las Vegas con i mezzi pubblici).

Abbiamo prenotato i voli con 4 mesi di anticipo, atterrando a Denver e poi ripartendo da Las Vegas. Da Denver si può raggiungere la zona di Moab sia in treno (la compagnia è Amtrack, ma ha posti bici limitati, quindi da prenotare con molto anticipo), sia in corriera (gli autobus della Bustang hanno rack per biciclette che possono quindi essere trasportate facilmente).


‘Delicate Arch’ al Parco nazionale di Arches (percorso 1)

QUELLO CHE È STATO


Scarica la traccia gps

Sapevamo prima di partire che sarebbe stato un percorso impegnativo, ma non avevamo idea davvero di quanto. Sapevamo anche che avremmo attraversato zone molto belle, ma non potevamo immaginare quanto lo fossero. Questo viaggio ha superato ogni aspettativa, e una cosa fondamentale per la sua riuscita è stata certamente la nostra flessibilità nell’adattare i nostri piani alle situazioni che si sono poi presentate.

Invece che un percorso lineare da Moab a Cedar City abbiamo finito per percorrere 3 segmenti sconnessi, tra Utah, Arizona, e Nevada. Sono stati 3 percorsi bellissimi che possono essere affrontati indipendentemente.


Bici cariche pronte alla partenza (percorso 1)

Qui sotto un piccolo resoconto di quei percorsi. A seguire una lista generale delle cose più belle e le più difficili, così come alcuni consigli pratici, che valgono per qualsiasi viaggio in bici in quelle zone!

1) Moab-Monticello (Utah)

4 giorni (piu uno di riposo/visita a Canyonlands)
300 km, 4100mt D+ (comprese visite ai parchi nazionali)


Hurrah Pass (percorso 1)

Dopo piu di due giorni di viaggio raggiungiamo Moab, una cittadina tra i Parchi Nazionali di Arches e Canyonlands, centro nevralgico per appassionati di 4×4 e mountain bike. Il primo giorno facciamo un semplice giretto interamente su asfalto per visitare il Parco Nazionale Arches, cosi da scaldare le gambe, dare tempo al resto del corpo di adattarsi al fuso orario e all’altitudine, e di permettere alla mente di processare l’assurdità del posto in cui ci troviamo.

La prima cosa che colpisce è la vastità dell’area, che a parole non si puo descrivere! Pedalare attraverso il Parco Nazionale ci dà un assaggio di quello che ci aspetta. Distese desertiche a perdita d’occhio e in ogni direzione, conformazioni rocciose assurde che sfidano la gravità, canyon profondissimi, e nello sfondo l’imponenza delle montagne La Sal innevate.


Chicken Corner (percorso 1)

Il giorno dopo facciamo rifornimento e partiamo con le bici cariche. Dobbiamo affrontare 3 giorni in autosufficienza. La mappa mostra qualche ‘campeggio’ lungo il percorso, ma una cosa da imparare in fretta è che, a meno che non sia specificato che si tratta di campeggi attrezzati, si tratta di piazzole di sosta deserte, senza cibo nè acqua! Partiamo quindi con parecchio cibo e circa 6-7 litri di acqua a testa. Le bici cariche sfiorano i 40 kg.

Ci rendiamo subito conto di quanto il percorso sia più difficile di quello che ci aspettavamo. Si pedala sulla sabbia o sulle rocce, si procede lentamente, molto spesso dovendo scendere e spingere. Arriviamo all’Hurrah Pass, continuiamo seguendo il percorso del Lockhart Basin fino ad arrivare al Chicken Corner. Qui imbocchiamo un sentiero ancora più sconnesso, lasciandoci alle spalle anche gli altri pochi turisti che si avventurano fin qui su 4X4.


Prima notte nel deserto (percorso 1)

Improvvisamente siamo soli, a parecchie ore da qualsiasi tipo di attività umana. Ad ogni curva ci chiediamo cosa ci aspetta dall’altra parte e la risposta è sempre la stessa: niente. Solo roccia rossa, e il Canyon che continua per chilomentri e chilometri. Ci assale un miscuglio di sensazioni contrastanti: libertà assoluta, ansia, paura, eccitazione ed euforia!

I contrasti saranno l’essenza di questo viaggio. Dopo i primi due giorni di sudate nel Canyon raggiungiamo il parco Nazionale di Canyonalands (dove ci fermiamo un giorno in un campeggio attrezzato), e alla ripartenza pedaliamo dritti verso condizioni atmosferiche opposte. Da 35 gradi del Canyon passiamo ad una pioggerellina leggera che presto diventa grandine ed infine, neve.


Avvicinandoci a Canyonlands (percorso 1)

Arriviamo a Monticello percorrendo 20 km di autostrada sotto la neve per evitare un passo di montagna chiuso, appunto, per neve. Arriviamo tremanti di freddo, ma con la pelle rinsecchita dal sole dei gironi precedenti. Siamo stanchi ma elettrizzati, ed una semplice camera di motel diventa un alloggio lussuoso, con asciugamani morbidi, lavanderia a gettoni, ed un letto gigante!

Il giorno dopo, davanti ai pancake della colazione, decidiamo che continuare sarebbe da stolti. Dovremmo salire in altitudine e passare giornate sotto la neve. Possibile? Certo. Divertente: probabilmente no.


Avvicinandoci a Canyonlands (percorso 1)

Toriamo a Moab, e da lì penseremo al da farsi.

2) Kokopelli trail

Moab-Grand Junction (Utah-Colorado)
3 giorni. 250 km, 3300m D+

Tornati a Moab, scegliere che percorso fare è facile. Ancora prima della partenza avevamo addocchiato il Kokopelli trail, a cui avevamo dovuto rinunciare per ragioni di tempo. A questo punto, non ci resta che riempire nuovamente le borracce e rimontare in sella.


Campeggio a Canyonlands (percorso 1)

Ancora una volta, sotto suggerimento di esperti locali, adattiamo il percorso alle condizioni attuali, saltando la parte ad altitudine a causa della neve, ma aggiungendo l’Onion Creek Trail perchè usando le parole del proprietario del negozio di bici che ce l’ha consigliato “too good to be missed” (troppo bello per non farlo). Si tratta di uno sterrato di 11 miglia, con un dislivello di circa 1000 metri. Traccia interamente pedalabile, con 33 piccoli guadi del fiumiciattolo che dà il nome al trail: l’Onion Creek.

Il paesaggio è incredibile: dalle roccie rosse del Canyon alle colline ricoperte di licheni e chiazze di sale (retaggio del mare che ricopriva questa zona 300 mila anni fa). Il forte odore di zolfo che raggiunge la superficie aggiunge un pizzico di assurdità al paesaggio. Arrivati in cima improvvisamente si apre un altopiano verde vastissimo. Una vallata così bella come inaspettata. Sullo sfondo, le montagne La Sal innevate. Maestose ed imponenti, ricordano che no, siamo giunti in cima ma non abbiamo conquistato proprio niente. Abbiamo fatto solamente un piccolo scalino, sbucciato solo il primo strato. Loro restano là, inviolate.


Verso Monticello (percorso 1)

L’Onion Creek trail da solo vale tutto questo viaggio.

Il resto del Kokopelli Trail è un percorso per lo più roccioso, ancora una volta con tratti in cui si procede a 5km all’ora, spingendo la bici in percorsi rocciosi. Ma questi non fanno altro che scatenare la nostra euforia quando finalmente il fondo stradale diventa più praticabile, si riesce a stare in sella rilassando le spalle e alzando lo sguardo dalla strada, con i chilometri che cominciano a scorrere e pedalare che torna ad essere puro piacere. Il nostro umore fa le capriole con le condizioni del fondo stradale.


Neve! (percorso 1)

E proprio quando pensiamo di esserci lasciati la neve alle spalle, ci svegliamo una mattina e le borracce sono ghiacciate. E’ ora di prendersi un giorno di riposo, fare il pieno di burritos e waffles, e spostarsi verso Sud.

3) St George-Las Vegas (Arizona-Nevada)

3 giorni e mezzo
310 km, 4700m D+


Onion Creek Trail (percorso 2)

A St George (ora siamo in Arizona) ritroviamo il percorso del Plateau Passage. Prima di rimetterci in sella però andiamo a visitare lo Zion National Park. A differenza degli altri parchi americani non si può entrare in macchina, ma si può prendere uno shuttle bus che trasporta i visitatori su e giù per il parco. Una ventata di freschezza, perchè l’unica cosa deludente dei parchi americani è proprio la quantita di macchine.

Poi facciamo provviste di cibo liofilizzato e si riparte per gli ultimi giorni in bici, pronti ad affrontare il deserto, questa volta quello più tradizionale, con la sabbia e i cactus.


Campeggio sul Kokopelli trail (percorso 2)

Il primo giorno si sale. Tanto. Superiamo prima le Black Rock mountains e subito dopo le Virgin mountains, seguendo un percorso a tratti così ripido che anche spingere è difficile. Si passa dal deserto al bosco, e campeggiamo in un oasi verde, inondati dalla luce di una luna piena incredibile.

Il secondo giorno entriamo in Nevada. Il caldo si fa sentire e diventa pesante. Dopo pranzo dobbiamo affrontare un pezzo di strada che sulla cartina sembra innocuo: uno sterrato rettilieno di circa 30km che però si rivelerà essere piu difficile di tutte le salite messe insieme. La strada è sabbiosa, con frequenti salite e discese, molto piccole, ma altrettanto ripide. E anche quando riusciamo a rimanere in sella per più di 200 metri, dobbiamo scendere per raffreddarci. Il caldo annienta. Bisogna viverlo il caldo del deserto per sapere che cos’è. Il deserto ti dice di andartene da lì, che non sei benvenuto. E che se non te ne vai, ti distrugge.


Incontri sul Kokopelli trail (percorso 2)

Proseguiamo fermandoci ogni 10 minuti a riposare all’ombra dei paloni della luce. Finalmente l’ultima salitina ci porta sopra ad una mesa, ed ancora una volta siamo soppraffatti dall’euforia. La mesa è una struttura rocciosa, una montagna, con la parte superiore piatta e i lati ripidi, quasi verticali. 10km di gioia su ghiaino pedalabile tra cespugli verdi, a guardare il deserto sottostante, la stradina di sabbia che c’aveva fatto soffrire per ore.

L’ultimo giorno è l’unico dell’intero viaggio interamente su asfalto. Fa caldo ma si procede velocemente, attraverso la Valley of Fire e poi ancora deserto. Campeggiamo a Lake Mead, e il giorno dopo siamo pronti (o pensiamo di esserlo!) ad affrontare la pazzia d Las Vegas. È la Domenica di Pasqua e ci fermiamo per un pranzo di Pringles e salame a 20 km da questa città assurda. Siamo ancora in mezzo al nulla, ma vediamo gli edifici in lontananza: i primi a più di due piani che vediamo da 3 settimane. D’altra parte se non hai limiti di spazio, perché costruire in altezza?


La mia bici nel deserto (percorso 3)

COSE PIU DIFFICILI

Condizioni stradali. Più difficile di dover pedalare sulla sabbia sicuramente è stato non poter prevedere quanto a lungo la sabbia sarebbe durata o, più in generale, poter prevedere le condizioni del fondo stradale. Sapere distanze e altimetria di sicuro non era sufficiente a poter prevedere quando saremmo arrivati al prossimo rifornimento. Ed essendo nel deserto, questo è causa di parecchio stress.

Acqua. Dover portarsi dietro 7 litri di acqua di sicuro toglie agilità alla bici. Ma avessi potuto, ne avrei portati 20. L’acqua è la principale fonte di preoccupazione in queste zone. Bisogna portarne tanta, avere una cartina con tutti i possibili punti di rifornimento, e filtri/pastiglie per depurarla. Non c’è spazio per l’imporvvisazione. Per vivere l’avventura più serenamente molti viaggiatori si nascondono (sotterrandole) provviste di acqua e cibo lungo il percorso.


Sulle Virgins mountains (percorso 3)

Il nulla. Le foto delle tende in un paesaggio selvaggio mi hanno sempre suscitato calma e tranquillità. Non avrei mai pensato che affrontare un luogo cosi isolato e ‘vuoto’ potesse essere stressante. Essere in due, con un localizzatore satellitare, per me è stato fondamentale per mantenere la calma.

Distanze. Difficile farsi entrare in testa le distanze che caratterizzano questi luoghi. Ogni volta che ci avvicinavamo ad una autostrada il nostro primo pensiero era: evviva, lo troveremo un caffe. Beh, no. Ci sono centinaia e centinaia di chilometri tra una stazione di servizio e l’altra. In mezzo, il nulla. Un nulla che in Europa è impossibile trovare.


La strada di sabbia (percorso 3)

Fare tutto. Nella zona Sud-Ovest degli stati Uniti ci sono decine di parchi naturali, separati da qualche centinaio di chilometri. In una vacanza ‘normale’ di 3 settimane si riesce bene o male a vederli tutti. In bici, per forza di cose, bisogna fare delle scelte, cosa che non è per niente facile!

COSE PIU BELLE

Unicità del paesaggio. Preparatevi a passare giornate intere allibiti del paesaggio incredibile che vi circonda. Non abbiamo un vocabolario adeguato per derscrivere la vastità e l’assurdità di alcuni posti e conformazioni rocciose.


Sopra alla Mesa (percorso 3)

Vivere il deserto davvero! Certo magari si attraversano solo 2-3 parchi naturali rispetto alle decine di questa zona, ma quel poco che si vede, lo si vive davvero! Si respira la sabbia, si campeggia sotto la via lattea, si sentono i profumi e i rumori del deserto (e soltanto quelli). Si è (quasi) ad armi pari con la natura, quella vera.

Gli incontri isolati. Non abbiamo incontrato molte persone in questi percorsi. Ma quelle poche faremo fatica a dimenticarle. Come si scorda qualcuno che ti offre una birra fresca nel mezzo del deserto?


La partenza dell’ultimo giorno (percorso 3)

Libertà. Nonostante la preoccupazione per l’acqua e cibo, la sensazione di essere liberi di fermarsi dove si ha voglia, di essere completamente autosofficienti, e di essere un tuttuno con la natura, è impagabile.

Compagnia. Essendo abituata a viaggiare da sola, non nascondo ci fosse un po’ di apprensione nell’affrontare questo viaggio in compagnia di mio fratello. Ma 1) un viaggio così, in solitaria, io non lo affronterei 2) non avrei potuto immaginare compagno di viaggio migliore


Pranzo di Pasqua con Las Vegas a soli 20 km (percorso 3)

L’arrivo a Las Vegas. È una città senza regole, di trasgressione ed eccessi. A maggior ragione se si arriva da 3 settimane di deserto. Dal deglutire lentamente ogni sorso d’acqua per farlo durare più a lungo, improvvisamente ci si trova a guardare piscine con centinaia di fontane danzanti. Cosa c’è di più opulento di fontane che danzano nel deserto? Las Vegas è così: eccessiva, sfarzosa, inappropriata, kitch. Non il luogo migliore per riposare dopo un viaggio in bici, ma di sicuro un luogo interessante, a piccole dosi.

– Nonostante le mille preoccupazioni pre-partenza e le difficoltà incontrate, è un viaggio semplicemente indimenticabile! Quello che non offre in cultura ‘esotica’ (per quanto sia stato comunque interessante vedere uno spicchio di ‘cultura’ Americana), lo restituisce in paesaggi. Lascio le foto parlare da sole. Foto aggiuntive e racconti su Instagram e blog. Per maggiori info contattatemi pure!
IG @valzonbu. valzonsite.wordpress.com


L’arrivo a Las Vegas (percorso 3)

CONSIGLI

Online si trovano parecchi consigli su questa traccia, questi sono quelli basati sulla nostra esperienza, le cose che non c’aspettavamo nonostante avessimo letto tutto a riguardo. Speriamo possano tornare utili a chiunque voglia intraprendere il Plateau Passage, o qualsiasi viaggio in bici in questa regione.

È un viaggio da preparare seriamente (più logisticamente che fisicamente), che non può essere improvvisato.

L’assetto da bikepacking non è consigliabile, ma necessario. Il percorso è più malmesso del previsto, e parecchi passaggi sono tecnici.

Attenzione ai campeggi. Molto spesso non sono niente altro che semplici piazzole di sosta che non offrono nessun servizio (a parte bagni SENZA acqua corrente). Si paga 20$ per macchina (o per tenda). A meno che non sia specificato che offrono tutti i servizi, non fate affidamento su campeggi per fare rifornimento di acqua, cibo, e corrente elettrica.

Siate pronti ad un caldo afoso che non lascia tregua, così come a svegliarvi con la neve. Portate dalla crema solare, ai guanti.

– Si tratta di un altopiano, quindi oltre ai sintomi della quota relativamente alta (stanchezza, giramenti di testa) ricordate che l’aria è particolarmente priva di umidità.

– Il GPS tracker (per esempio SPOT3) per me è stato fondamentale per avere un pò di tranquillità e tenere a bada i pensieri quotidiani che iniziavano con “what if…”.

– Tenere sempre a mente che, nel peggiore dei casi, un paio di persone extra e due bici belle cariche ci stanno comodamente sul 98% delle macchine che passano in quelle zone.

– Un filtro per l’acqua è da preferire alle pastiglie. Se trovare acqua nei fiumiciattoli, di solito questa è fangosa.

Non fidatevi dei giorni consigliati per ogni segmento su bikepacking,com. Il fondo stradale può essere davvero impraticabile (da grosse sassate, e fondo sabbioso) soprattutto con una bici molto pesante. Percorrere 10km può impiegare anche 2 ore, indipendentemente dal vostro livello di allenamento. E anche se riuscite a stare nei giorni indicati, un giorno di riposo tra una sessione e l’altra è fortemente consigliato. Sia per riposare le gambe, fare rifornimento, e visitare i parchi naturali, ma soprattutto per riposarsi mentalmente. Essere quasi in modalità sopravvivenza richiede concentrazione e stanca non poco.

– Moltissimi autobus, dalle corriere ai bus cittadini, perfino le navette nei parchi nazionali, hanno un rack frontale dove si possono caricare 2-3 bici! È bene controllare in anticipo se questo sia il caso per la compagnia di autobus che intendete usare, ma sembra essere la norma! Molto bello!

– Se volete visitare quei posti, ma non ve la sentite di affrontare la loro remotezza e volete apprezzare appieno le parti più tecniche senza avere una bici che pesa 40kg, un’alternativa valida è restare a Moab. È una paese situato strategicamente, tra i parchi Nazionali di Arches e Canyonlands. Ha tutte le comodità: molti alberghi, campeggi, negozi di bici. È preso d’assalto da appassionati di Mountain bike, 4×4, e quads, ma ci sono talmente tanti percorsi da affrontare, che mentre il centro del paese è relativamente affollato, nei trail si incontrano ben poche altre persone. Ci si potrebbe benissimo passare 2-3 settimane senza annoiarsi mai.

FOTO
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