Bici: perché i danesi pedalano più degli altri?

Rispetto al resto del mondo ricco, la differenza è che le persone in Danimarca sono molto più propense a pedalare e a continuare a farlo per il resto della vita. Eppure anche un danese è dovuto salire su una bici per la prima volta, come tutti: ma perché oggi ne ha fatto nella maggior parte dei casi il suo principale mezzo di trasporto? Lo spiega un articolo pubblicato da People for Bikes.

Copenhagen

Finanziato dal Fondo Nazionale Danese per il Ciclismo e Direzione Strada Danese, il dettagliato rapporto della Federazione Ciclisti Danesi “Nuovi ciclisti: porta a meno congestione sulle strade”, cerca di capire quali fattori influenzano la gente quando si tratta di diventare ciclista urbano quotidiano. Il rapporto, che è stato tradotto in inglese grazie al sostegno di SRAM, trae spunti da indagini e interviste con oltre 25.000 persone che hanno partecipato al “Bike To Work”, la campagna danese volta a incrementare il numero ciclisti urbani, nel periodo 2012-2014.

Flow Copenhagenize pista ciclabile

Ecco che cosa è stato trovato: le buone infrastrutture contano, ma da sole non sono sufficienti. Nella loro campagna per diffondere ulteriormente il ciclopendolarismo, la cosa principale che i sostenitori danesi della bici hanno da temere è la paura stessa. Le barriere “individuali” che frenano una persona dal pedalare. Per il ciclista inesperto, le barriere individuali sono i maggiori ostacoli che si frappongono al diventare un ciclista urbano che si reca al lavoro in bicicletta. Il rapporto dà un nome a ciascuna delle principali barriere: identità, insicurezza e insormontabilità.

• L’identità è il modo di vedere se stessi.

• L’insicurezza è data dalla mancanza di conoscenza specifica del mezzo e di esperienza con il pedalare.

• L’insormontabilità è quando l’andare in bicicletta è visto come un cambiamento di abitudine che impatta sulla routine quotidiana di una persona.

Ma, siano immaginari o reali, la maggior parte di questi ostacoli possono essere facilmente superati, seguendo alcuni consigli che funzionano bene in Danimarca:

• Descrivere la bicicletta come una tra diverse opzioni uguali di trasporto.

• Fornire soluzioni concrete a problemi percepiti: come riparare una foratura, quali vestiti indossare per pedalare.

• Cominciare a muovere i primi passi accanto ad altri nella stessa situazione.

• Affiancarsi a un ciclista esperto che può dare un sostegno durante tutto il processo di “trasformazione” in ciclista urbano.

Naturalmente ci sono altri fattori che giocano un ruolo importante nella crescita dell’utenza del ciclismo urbano danese. In primo luogo, le infrastrutture ciclabili devono essere valide in modo che chi pedala si senta sicuro. La distanza casa-lavoro e i tragitti per raggiungere le zone commerciali dovrebbero essere brevi, gestibili e su terreno non accidentato. Secondo gli intervistati, se due o più di questi fattori sono presenti, le campagne di “proselitismo” ciclistico possono avere maggiori probabilità di successo. Se solo uno o nessuno è presente, allora si tratta di una battaglia in salita (che difficilmente riuscirà a creare nuovi “adepti” del pedale).

I comuni, i luoghi di lavoro, i quartieri e le altre organizzazioni possono contribuire a mettere più persone in bicicletta. Oltre al miglioramento delle infrastrutture e incorporando la strategia della bicicletta nel trasporto pubblico, i comuni possono realizzare campagne di comunicazione che dimostrano di apprezzare la scelta di spostamento dei ciclisti. Per creare un ambiente di lavoro bike-friendly, le aziende possono mostrare il loro sostegno investendo in parcheggi per biciclette, una ciclofficina fai-da-te per le piccole riparazioni, o anche spogliatoi.

Quando si parla di comunicazione, la chiave sta nel rivolgersi ai nuovi arrivati al pari degli altri, facendoli sentire tutti ciclisti: chi con più, chi con meno esperienza. Rassicurarli che va bene utilizzare una macchina, ma allo stesso tempo ricordando loro che pedalare è facile e ha molti vantaggi. E, infine, sottolineare l’elemento sociale e il senso di comunità che il bike to work porta con sé.

Questi sono solo alcuni dei motivi per cui i danesi continuano a scegliere la bici e una volta saliti in sella non smettono più di pedalare.

Lo studio completo – in inglese – è scaricabile qui

Commenti

  1. Avatar Dario ha detto:

    In città ci vorrebbero le “piste automobilistiche” (non le piste ciclabili)dove far transitare le auto private, obbligate a dare sempre la precedenza alle bici che invece transitano sulle vie principali.

  2. Avatar Vittorio ha detto:

    Il bello è che l’Italia sarebbe un ambiente a misura di bicicletta, in tutti i sensi e soprattutto turisticamente parlando, ma la viabilità è stata da anni progettata forzatamente per i veicoli a motore, risorsa ritenuta come unica e indiscussa per la movimentazione nel nostro paese.
    Anche il discorso intermodale con i mezzi pubblici non considera la bici.
    Non è tanto un discorso di pianura o di risorse economiche per fare le ciclabili, è un discorso di forma mentale che bisognerebbe avere nei riguardi della bici, come avviene in Danimarca..
    Da noi manca l’interesse per una campagna promozionale che sensibilizza..tipo testimonianze dirette o forum di chi ha abbracciato il ciclopendolarismo, suggerimenti tecnici concreti, vantaggi..ecc.

  3. Avatar Roberto ha detto:

    qui in italia mancano le piste ciclabili nei centri urbani e quelle poche che ci sono non sono rispettate dagli automobilisti

  4. Avatar salvatore ha detto:

    magari anche il fatto che è pianeggiante può aiutare…….

    1. Avatar Michele ha detto:

      La pianura, indubbiamente aiuta, però, dove abito io, son tutte discesce e vado alla grande. I pedali li uso solamente come base di appoggio per i piedi. Certo, per il ritorno, il discorso cambia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *