Dagli Emirati Arabi raggiungiamo il confine omanita vicino alla città di Kalba, sulla costa orientale della penisola arabica. Non abbiamo richiesto il visto anticipatamente, ma lo facciamo in frontiera nel giro di dieci minuti al costo di 20 rial omaniti (50 €) a testa per la durata di 30 giorni, più 8 € per l’uscita dagli Emirati. Il viaggio attraverso l’Oman comincia in maniera dispendiosa!
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Al primo grosso svincolo dopo la frontiera andiamo a sinistra e ci immettiamo sulla coastal road, l’alternativa per niente trafficata della via n.1 diretta a Muscat. Da qui godiamo di una bella vista sui colori del mare omanita, affiancato da una distesa di spiaggia selvaggia dalla sabbia scura. L’assenza di macchine e l’asfalto nuovissimo ci fanno macinare molti chilometri in poco tempo. Per il pranzo decidiamo di fermarci a Shinas, villaggio sonnolento la cui attrattiva principale è il forte al centro del souq. La maggior parte degli abitanti indossa gli abiti tradizionali arabi: gli uomini hanno lunghe tuniche, per lo più bianche, con copricapi ricamati, mentre le donne indossano il chador (a volte colorato) o il burqa, che lascia scoperti solo gli occhi.

Qui, a differenza dell’Iran, il turista deve mantenere costumi rispettosi, ma in nessun modo uniformarsi alle usanze locali.
Facile riconoscere i numerosi indiani, bangladesi e filippini, che svolgono i lavori più umili e si spostano in bicicletta.

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Mappa

Altimetria

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Ripartiamo per affrontare i 55 km che ci separano da Sohar, grossa città portuale e industriale dell’Oman, mantenendoci ancora sulla coastal road semideserta. Le poche macchine che ci sorpassano salutano e chiedono da dove veniamo. Ci sembra di essere tornati in Iran per il calore della gente, se non fosse che qua costeggiamo costantemente il mare. È capitato un paio di volte, nei villaggi più piccoli, che alcune persone ci invitassero in casa loro, ma non ne abbiamo mai approfittato.

Quando la nostra strada si interrompe, perché alcuni tratti sono in costruzione, prendiamo la via di servizio al suo fianco. Qua in Oman tutte le maggiori arterie hanno ai due lati altre strade a doppio senso che danno accesso alle attività e abitazioni. Le abbiamo trovate molto comode per evitare di condividere la carreggiata con i mezzi in corsa.

Sul finale percorriamo un tratto della E-1, molto trafficata, prima di spostarci verso il lungomare di Sohar.
La spiaggia qua è selvaggia, un po’ sporca (soprattutto nelle zone di pesca) e vi affacciano molte casette basse con divani e tappeti all’esterno per le lunghe ore che gli omaniti trascorrono fumando shisha e chiacchierando all’aria aperta. Troviamo un bel parco pulito e custodito in riva al mare, con bagni e docce, nei pressi del Radisson Blue hotel. È pieno a tutte le ore della giornata: di famiglie con bambini al pomeriggio, di sportivi al tramonto e la sera di gruppetti di amici che chiacchierano seduti sui loro stuoini da pic-nic. Campeggiamo qua, anche perché gli hotel più economici costano attorno ai 20 omani rial (50 €) per una doppia. I prezzi dei pasti, invece, possono variare incredibilmente tra i 3 e i 20 € a persona: il cibo indiano è indubbiamente quello più economico e facilmente reperibile, insieme agli shake di frutta fresca che gli omaniti hanno costantemente tra le mani. Noi li adoriamo, soprattutto come merenda durante la pedalata.

I ristoranti omaniti si possono contare sulle dita di una mano, mentre i fast food spopolano, tutti con la stessa offerta di sandwich di pollo o manzo (il maiale è proibito, essendo l’Oman prevalentemente islamico). Anche qui, come negli Emirati Arabi, l’alcool è servito (a prezzi elevati) solo in alberghi di lusso che abbiano acquistato la licenza.

Al risveglio il sole sta sorgendo sul mare e qualche mattiniero o insonne corre già per il parco.
Seguiamo la piccolissima stradina che esce da Sohar costeggiandone tutto il lungomare.
I villaggi alla nostra destra sono poveri, sonnolenti e sporchi, ma l’atmosfera che respiriamo è davvero rilassante, con poche macchine con cui condividere la strada, l’acqua blu da una parte e le casette di pescatori dall’altra. Le barche sono ancora ormeggiate a riva e il silenzio è rotto solo dalle onde sulla battigia.

baracche-pescatori

Procediamo così per un paio di ore, fino a che siamo costretti a immetterci sulla E-1 perché la stradina panoramica si interrompe.
Questo paesaggio è decisamente monotono; solo gli edifici ci salvano dalla noia, con i loro colori e forme improbabili, per non parlare di strass e brillantini applicati sulle facciate esterne e sui cancelli.
Passata Saham però, ci allontaniamo di nuovo dal traffico, ritroviamo la vista mare e incrociamo tanti piccoli centri abitati sviluppati quasi con continuità lungo la costa. Le attività commerciali sono di quattro tipi: coffee shop (nome con cui chiamano i fast food), barbiere, sarto e impresa edile. Gli altri mestieri non sembrano esistere da queste parti.

Dopo circa 80 km ci fermiamo nella cittadina di Al-Khabura, mangiamo il solito pranzo economico dall’indiano di turno e cerchiamo l’unico hotel in zona.
Siamo al settimo cielo perché la nostra prossima tappa sarà al Millennium Resort di Mussanah, dove Viaggi Manuzzi, agenzia viaggi partner del nostro progetto, ci ha riservato due pernottamenti di puro relax.
Ci alziamo prestissimo e pedaliamo come due razzi. Sacrifichiamo del tutto il paesaggio prendendo la strada di servizio che affianca la grossa E-1, anziché l’alternativa sul mare. Alle 9:30, però, abbiamo già percorso i 65 km per Mussanah e alle 10 ci godiamo lo spettacolo di spiaggia e piscine a non finire.

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Rilassiamo le gambe e sfumiamo l’abbronzatura da ciclista in riva ad un mare dall’acqua cristallina. Quando ripartiamo abbiamo le energie per percorrere d’un fiato i 103 km per Muscat, la capitale. Seguiamo fedelmente la costa dove si succedono piccoli villaggi di pescatori, capanne per la manutenzione delle barchette e spiagge incustodite. Ce ne distacchiamo solo nel tratto di terra che fronteggia le Suwadi Island, dove comincia una superstrada in mezzo al paesaggio desertico. Noi imbocchiamo la via di servizio e alcuni dromedari ci tagliano la strada.

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Per pranzo siamo a Barka, che ha un bellissimo forte a ridosso del mare. Per proseguire siamo costretti a fare qualche chilometro sulla via di servizio a fianco alla Muscat Expressway, ma, appena possibile, torniamo a ridosso del mare nella bellissima corniche di Seeb, chiamata Dama Street, fornita di pista ciclabile, palme ombraggianti e servizi.

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Circumnavighiamo da nord l’aeroporto di Muscat sulla 18 November street, molto trafficata, ma con un buon margine stradale. Iniziamo poi a incontrare edifici sempre più fitti e maestosi. L’architettura nella capitale predilige le forme squadrate, pochi piani in altezza e il colore bianco. Gli elementi sfarzosi sono i cancelli, spesso in ferro battuto, con decorazioni e colori esotici.

Capiamo che ci stiamo addentrando in una città moderna rispetto ai piccoli villaggi visti finora. Grossissime arterie stradali dominano il paesaggio, a cui fanno da sfondo colline brulle su tutti i lati eccetto quello del mare. Muscat si estende, con differenti quartieri, per oltre 20 km negli spazi in cui il profilo altimetrico lo ha consentito. Non ha un vero e proprio centro, se non Mutrah, la zona vecchia e portuale, col caratteristico souq dalla copertura in legno. Le sue spiagge, anche se non mozzafiato, sono piacevoli e tranquille. Le famiglie omanite ci trascorrono soprattutto le ultime ore di luce della giornata, facendo sguazzare in acqua i bambini e godendosi interminabili barbecue nelle ombre disponibili.

La vita è estremamente rilassata per gli omaniti, che, soprattutto in città, godono di un tenore di vita elevato con grosse agevolazioni governative.
Con tutti i documenti alla mano, pedaliamo tra le auto lanciate a velocità folli per raggiungere l’agenzia che svolge il servizio di fornire il visto indiano in Oman. Non è facile districarsi tra tutta la burocrazia richiesta e ci viene indicato un tempo di attesa di due settimane. Recandoci all’ambasciata riusciamo a ridurlo ad una settimana o dieci giorni, appena in tempo per il volo verso Jaipur che abbiamo già prenotato.
Allora con i genitori di Chiara e una macchina a noleggio ci spostiamo verso Ras al Hadd, la punta nord-orientale del paese, riserva naturale protetta perché le tartarughe vengono ogni notte su queste spiagge a deporre le uova.
Qui siamo ospiti di Casa Oman, gestita da un ragazzo delle nostre parti, dove ritroviamo il piacere, lontano ormai cinque mesi, di un buon piatto di pasta casalingo e sapori familiari.

Nel tragitto tra Muscat e Ras al Hadd ci fermiamo a visitare l’incantevole dolina di Bimmah, la White Beach di Fins e Wadi Shab, un incredibile canyon verde con pozze di acqua cristallina e una cascata alla sua estremità.
Il 12, impacchettate bici e borse in due scatoloni, siamo pronti a lasciare l’Oman con un’abbronzatura finalmente rispettabile e soprattutto col ricordo di giornate serene, tra gente tranquilla e paesaggi da cartolina.

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