Il segreto di #salvaiciclisti
In questi giorni si è fatto un gran parlare della campagna #salvaiciclisti per tutto il clamore che abbiamo scatenato.
Più volte mi sono chiesto se ne sia stato capito il senso o se è stata invece interpretata come l’ennesima protesta di stampo corporativo che avviene in Italia: prima i tassisti, poi i camionisti, adesso i ciclisti…
I guru del marketing non fanno che ripetere che una campagna di comunicazione per avere successo deve individuare un sentire comune e canalizzarlo per permettere al destinatario del messaggio di identificarsi con il messaggio stesso: noi con #salvaiciclisti abbiamo messo in pratica questo insegnamento e ci siamo rivolti a tutti coloro che ogni volta che hanno letto la notizia di un ciclista assassinato sulle strade si sono visti a terra coperti da un lenzuolo bianco e accanto la propria bicicletta distrutta. Ma non solo a loro, ci siamo rivolti a tutti coloro che vedono nella buona educazione un valore sia sulle strade, sia fuori.
Da anni i media ci stanno propinando le eroiche gesta di tutti quei cafoni che grazie alla propria furberia ce l’hanno fatta: tronfi evasori fiscali, paparazzi, insultatori professionisti, donnine disposte a sposare il primo miliardario che passa per sistemarsi, ricattatori seriali, odiatori pagati, raccomandati eterni, cocainomani moralisti, uomini che non devono chiedere mai. Nonostante il modello suggerito dai media, però, credo che la maggioranza degli Italiani sappia dire ancora “per favore” e “grazie”, rispetti le file, paghi le tasse, chieda lo scontrino, non abbia mai ricevuto o dato una bustarella, ceda il posto agli anziani sugli autobus e non occupi il posto auto riservato ai disabili.
Gli italiani ben educati sono quella massa silenziosa che non viene mai mostrata in televisione perché non fa notizia: non uccide nessuno, non ruba, non urla e non protesta. Internet ha però cambiato il modo di fare informazione ed è per questo che #salvaiciclisti ha avuto un successo così improvviso e inatteso. Perché la campagna #salvaiciclisti è riuscita a canalizzare il desiderio di normalità e di buona educazione trasformando ogni singolo account di posta elettronica, di Facebook e di Twitter in un piccolo editore che convogliava lo stesso messaggio. Infatti, cosa c’è di più normale di andare in giro in bici per la propria città come facevano i nostri nonni senza il timore di essere uccisi da un autista prepotente o sbadato? Che cosa è la buona educazione se non il rispetto per le regole che ci sono e per tutti coloro che ci circondano, siano essi in sella ad una bici o a piedi sulle strisce pedonali?
Al di là della speranza che il disegno di legge “salva ciclisti” venga approvato in Parlamento e poi applicato dalle amministrazioni locali, quello che mi auguro fortemente è che i partiti politici che si sono accorti della campagna #salvaiciclisti vogliano agevolare questo disgelo dell’Italia dall’inverno della cafonaggine per facilitare l’arrivo di una primavera di normalità e di buona educazione.
La campagna #salvaiciclisti intanto prosegue: stiamo parlando attivamente con le istituzioni e stiamo lavorando ad un rilancio forte del nostro messaggio. La European Cycling Federation ha iniziato a raccontare la nostra storia in giro per l’Europa a mo’ di esempio da seguire e ci aspettiamo a breve il coinvolgimento dei principali blog europei in materia di ciclismo e ciclabilità.
Ieri non ci sono stati morti sulle strada, ma un evento ci ha lasciato ugualmente con l’amaro in bocca: la ghost bike dedicata al piccolo Giacomo, investito da un tram dopo aver cercato di evitare lo sportello di un’auto parcheggiata in doppia fila, è stata mutilata. Ci auguriamo che non sia vandalismo, ma solo un furto di qualcuno che non conoscesse il senso di quella bicicletta verniciata di bianco.
Chiunque volesse sostenere #salvaiciclisti può farlo unendosi agli altri 6.150 sul gruppo su Facebook, oppure può utilizzare l’hashtag #salvaiciclisti in tutte le proprie comunicazioni su Twitter.
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