Salva la ciclista!
Questo è un fatto accaduto qualche anno fa, ma lo ricordo nitidamente. Sarà perché quando vivi un brutto momento, quell’immagine poi non si schioda dalla mente.
Tornavo dal lavoro in bici, era una bella giornata tardo primaverile e c’era ancora tanta luce. Pedalavo godendomi il vento in faccia, ma allo stesso tempo con estrema attenzione. Perché la strada permette sì di circolare, ma è un potenziale luogo di morte e per questo le sue regole bisogna rispettarle, senza ‘se’ e senza ‘ma’. Basta un attimo, un secondo, per rovinarsi la vita o, peggio ancora, perderla. Un attimo di distrazione, un azzardo di troppo, un segnale non rispettato e tutto precipita. Per questo, fin da bambina, io della strada ho avuto paura e rispetto.
Così quel tardo pomeriggio pedalavo tranquilla ma concentrata, quando, a un certo punto, mi sono immessa in una rotonda. Da una strada laterale, una macchina sportiva si è inserita a velocità folle, tagliandomi la strada e proseguendo dritta. Tutto questo in barba non solo al segnale di dare la precedenza, ma anche a quel minimo di buon senso che occorre usare quando ci si trova a un incrocio di qualunque tipo. E’ stato un attimo, un attimo di sangue non freddo ma gelido, di tenuta eroica del manubrio e di un miracoloso restare in sella, a seguito di una frenata con sterzata d’emergenza. Un attimo per evitare l’impatto e un volo probabilmente fatale. Sarebbe bastato un secondo, un solo secondo in più, e non avrei evitato quel cretino che, con la sua auto sportiva, scambiava la strada per una pista di Formula 1. Mi avrebbe colpita e affondata, per intenderci. E per cosa? Per la troppa fretta? Per dimostrare come il motore della sua auto fosse più potente della forza dei miei quadricipiti? Che mente illuminata! Per cosa sarei morta? Per l’arroganza di quel criminale? Sì, perché entrare in quel modo in una rotonda è da criminali! Avrebbe potuto ammazzare chiunque, avrebbe potuto fare chissà quale danno.
Ricordo come fosse ieri d’aver accostato tremante al bordo della strada e di aver imprecato come mai in vita mia, fuori di me per il terrore provato. Ricordo di avergli urlato insulti che non posso riportare in questa sede.
I giorni successivi ho lasciato la bici in garage, l’idea di riprenderla mi spaventava non poco. E mi spaventa ancora adesso, ora che la stazza delle macchine è aumentata, ora che sono apparsi dei veicoli simili a portaerei, magari usati per fare cento metri e parcheggiati ovunque, nella più totale anarchia. Cammini e trovi le auto posteggiate sui marciapiedi, vai in bici e trovi spesso le piste ciclabili in condizioni pessime, con gli accessi bloccati da macchine, cassonetti della spazzatura e chi più ne ha più ne metta. Se poi ti azzardi a far notare la cosa ai legittimi proprietari dei mezzi o al Comune, bene che va nessuno ti considera.
Per carità, anche una parte della nostra categoria, cioè una parte di ciclisti, ha delle colpe sull’uso della strada. Il codice della strada consiglia prudenza, raccomanda agli utenti “deboli” di marciare più vicini al margine destro. Purtroppo mi è capitato diverse volte di vedere ciclisti che passano con il semaforo rosso, addirittura in gruppo e in volata, ho visto veicoli inchiodare per evitare l’impatto con loro, ho visto diversi ciclisti piazzarsi al centro della propria corsia, incuranti della fila di auto che li seguiva.
La questione allora è una soltanto: ciò che deve cambiare è la nostra mentalità. Bisogna capire che occorre rispetto e collaborazione da parte di tutti, occorrono misure più rigide, più adeguate, per evitare che la strada si trasformi in un luogo dove regni l’anarchia e dove chi è più forte, più furbo e più prepotente, vince.
Per questo aderisco a salvaiciclisti, perché voglio tornare a girare in città in bicicletta con più serenità, perché anche quando prendo l’auto non voglio avere il terrore di investire qualcuno, perché gli 8 punti previsti dal manifesto della campagna non servono solo a tutelare i ciclisti, ma a vivere meglio le città.
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