Una questione di investimenti

Motori non fa rima con lettori: nei siti d’informazione italiani le pagine dedicate all’industria dell’auto sono onnipresenti e pervasive, ben al di là dell’effettivo interesse che la materia può suscitare in un pubblico generalista e variegato non formato solo da appassionati. Ampie sezioni dedicate al mondo automotive con finestre ben posizionate sulle homepage dei media mainstream rappresentano un’anomalia tutta italiana: basta navigare sui principali siti d’informazione stranieri per rendersi conto che la cosiddetta sezione “motori” di fatto non esiste. Una questione di investimenti, si dirà: ma che senso ha imbottire il proprio prodotto editoriale con notizie a uso e consumo solo degli stakeholder e continuare a magnificare l’auto?

Automotive_una_questione_di_investimenti

Il fatto che le news-a-motore non siano propriamente in cima agli interessi del lettore medio – oggi che sul web quasi tutto è misurabile – si può evincere dalle poche condivisioni che gli articoli sul mondo dell’auto raccolgono sui social: Facebook, Twitter & Co. rappresentano i segnali deboli di una tendenza piuttosto forte, vale a dire il progressivo disinteresse del pubblico per le notizie-a-motore. Certo, all’interno del microcosmo motori ci sono poi segmenti e settori a sé stanti che riescono a raccogliere click: la Formula 1, i video virali sui parcheggi improbabili, le fotogallery ben confezionate. Fatto sta che i comunicati stampa sull’ultimo modello di tale casa automobilistica o quelli sull’accessorio “imperdibile” di tal altra entrano come news nell’agenda dei media italiani con molta disinvoltura, forse troppa.

Mentre da noi accade questo, i principali siti d’informazione esteri danno spazio alle news sui motori solo quando sono davvero tali e si preoccupano di fornire al lettore una griglia interpretativa per indirizzarlo sulle scelte di mobilità: magari suggerendogli che per spostarsi in città (in città dove i mezzi pubblici funzionano, ndr) su un tragitto di 5-10 chilometri non ha senso utilizzare l’auto privata e le alternative multimodali sono convenienti in termini di tempo e rappresentano un modo sano per avere una vita attiva e inquinare meno l’ambiente circostante. Sui nostri media mainstream le notizie “green” vengono spesso relegate in una sezione spesso seminascosta, soprattutto per non dare fastidio a Sua Maestà il Motore. Fateci caso.

Una questione di investimenti – si diceva – e in effetti il discorso vale anche per chi decide di puntare forte sul progresso e promuove gli spostamenti green per preservare l’ambiente e migliorare la qualità della vita: è il caso della Rockefeller Foundation che – sulle pagine online di The Guardian – sponsorizza la sezione Cities dedicata alle news sulle città più innovative e davvero “smart” con l’ampia sezione Cycling the City dedicata alle implementazioni urbane all’insegna della mobilità nuova e alla bicicletta come mezzo di trasporto in città.

ROCKEFELLER_FOUNDATION_THE_GUARDIAN_MOBILITA_NUOVA

Noi, come Bikeitalia.it, nel nostro piccolo ogni giorno cerchiamo di dare degli input ai nostri lettori per convincerli che anche l’Italia può diventare un Paese a misura di bicicletta, che il declino dei motori non deve essere visto come una recessione dell’economia ma come un’opportunità per riconvertire l’industria dell’auto e liberare le nostre città dalla massiccia e incontrollata presenza di lamiere parcheggiate in ogni dove. Se il ciclismo urbano è la chiave per ridisegnare le strade cittadine – come avremo modo di discutere approfonditamente dall’11 al 14 settembre a Verona a CosmoBike Mobility – il cicloturismo deve essere il volàno per risollevare le sorti delle economie locali: per questo abbiamo promosso la petizione per chiedere alla Regione Puglia il completamento della Ciclovia dell’Acquedotto – in tempi certi e con investimenti mirati – e sosteniamo progetti-a-pedali e iniziative come il GRAB di Roma.

Saliamo in sella e scendiamo in strada: la mobilità nuova è già presente dentro ciascuno di noi, facciamola uscire fuori a sgranchirsi le gambe. Facciamolo spesso: facciamolo adesso.

Commenti

  1. Avatar Nicola ha detto:

    Francamente non so quanto dipenda dalla mentalità del singolo, perché andando in bicicletta e osservando bene chi si muove e come si nota palesemente che, caldo torrido escluso, gli anziani e i più giovani si muovo spesso in bici, mentre i “genitori” o comunque chi si trova tra i 30 e i 60, usando la famiglia, il lavoro e la vita frenetica come “scusa”, tenda ad usare spasmodicamente l’auto.
    Inoltre va detto che nelle città italiane, escluse alcune “oasi”, le istituzioni non ci mettono in condizione di usare altri mezzi senza mettere in conto un rischio assurdamente elevato di rischiare la propria salute; i mezzi pubblici, ove presenti, sono inefficienti, in ritardo perenne o con manie piromani dovute alla scarsa manutenzione die mezzi (e quindi pericolosi), le metropolitane sono presenti in poche città, le tramvie in ancor meno luoghi e le piste ciclabili vengono viste come un inutile fastidio invece di una inestimabile risorsa (rende più una ciclabile in termini di qualità della vita, di “commercio” e di turismo, che una tramvia) e quindi vengono lasciate al caso…

    Spulciando su internet e osservando le città italiane (per studio viaggio molto tra svariate città) si nota palesemente la voglia di molti – ma non di tutti eh – di usare la bici o altri mezzi. Poi è ovvio ci sono quelli che, data la ciclabile, continuano imperterriti sulla strada “normale” infischiandosene del prezioso spazio riservato, ma tant’è, come gli automobilisti vengono considerati incivili, i ciclisti non possono essere dei santi…

    Saluti

  2. Avatar Flavio ha detto:

    Perdonate il mio pessimismo ma credo che prima che qui in Italia arriviamo alla mentalità (e al livello di civiltà) che c’è all’estero, con il conseguente uso della bici in luogo dell’auto per tragitti entro i 10km, occorreranno almeno 50 anni.

    Comunque l’articolo è interessante e condivido in pieno le idee proposte.

    ciao

    Flavio

    1. Avatar Manuel Massimo ha detto:

      Ciao Flavio,

      ti ringrazio del tuo contributo: speriamo che ci vogliano meno di 50 anni per raggiungere anche qui da noi un livello di ciclabilità urbana decente e diffuso capillarmente, sia in città che nei percorsi extraurbani. Alcuni interventi pro bici – soprattutto al Centro-Nord – lasciano ben sperare: noi continuiamo a pedalare e a impegnarci per far sì che l’Italia diventi un Paese ciclabile.

      Manuel

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