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Londra: 180 aziende chiedono meno auto e più bici

180 aziende, che danno lavoro a centinaia di migliaia di persone, si sono unite a Londra per sostenere i piani di espansione della mobilità ciclabile.

cyclingworks londra

Immaginate che a Milano si riuniscano i responsabili di 180 aziende, grandi e piccole. Immaginate che abbiano uno scopo ben preciso: aumentare la produttività e i profitti delle loro aziende. E immaginate che sappiano bene come farlo: facendo pressione sul Comune per favorire l’uso della bici in città.
Ebbene, una cosa molto simile è successa e sta succedendo negli ultimi anni a Londra.
Facciamo un passo indietro: 2014, il sindaco è Boris Johnson, e si comincia a parlare di Cycle Superhighways, delle “super piste ciclabili” completamente separate dal traffico automobilistico, che corrono lungo le principali arterie stradali della città. Si parla anche – già da qualche tempo – di “zone 20” (l’equivalente in miglia delle nostre zone 30) e di altre soluzioni volte a ridurre il traffico automobilistico in città.
In questo clima l’Evening Standard pubblica un articolo in cui un anonimo rappresentante di un’anonima azienda protesta contro queste misure: “questi progetti causeranno enormi ingorghi”.
Ecco la parte interessante: immediatamente iniziano a mobilitarsi presidenti e direttori di altre aziende, che invece chiedono a gran forza di procedere con i progetti di diffusione della ciclabilità; fin dall’inizio vengono coinvolte circa 50 aziende, poi sempre di più, fino ad arrivare alle attuali 180 riunite nell’iniziativa CyclingWorks. Sono aziende attive in molti settori economici: finanza, tecnologia, istruzione, sanità. Qualche nome? Il Financial Times, la Penguin, l’ospedale del King’s College, Unilever, Coca-Cola, Microsoft
Attenzione, si tratta di aziende che direttamente si impegnano nel sostenere le politiche pro-bici; non di gruppi di impiegati “attivisti”.
Ma perché i datori di lavoro dovrebbero preoccuparsi delle politiche pro-bici? Un’azienda è in fin dei conti interessata a massimizzare fatturato e profitti. La bici per queste aziende è lo strumento ideale.
Lo si spiega bene nel sito dell’iniziativa:
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  • Salute dei lavoratori: i londinesi lavorano molto, e hanno poco tempo libero. È importante che facciano dell’esercizio fisico durante la giornata, per essere più sani e più produttivi.
  • L’ambiente: una cattiva qualità dell’aria e l’inquinamento acustico creano problemi anche all’aziende, non solo ai residenti.
  • Meno traffico: perdere tempo in automobile (o in un autobus incolonnato) si traduce in minore fatturato per le aziende e meno PIL per la città
  • Attirare talenti dall’estero: una città come Londra ha un bisogno costante di forze fresche, persone dinamiche e produttive. Non sempre ce ne rendiamo conto, ma nelle ecoomie avanzate c’è una vera e propria competizione per il talento (talento che noi spesso in Italia formiamo e poi buttiamo via). E al giorno d’oggi le persone, nello scegliere dove vivere, tengono conto anche della qualità della vita e della mobilità
  • Aiutare il commercio: come diversi studi hanno notato, ciclisti e pedoni spendono di più nei negozi rispetto a chi si muove in automobile. Usare la bici aiuta le strade della città a rimanere calde e accoglienti

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Insomma, c’è poco di idealistico e molto di concreto. Pedalare sarà anche bello, ma quello che conta qui è la possibilità di avere i migliori lavoratori nelle migliori condizioni possibili per fare più soldi possibile.
È la bikenomics, l’economia della bici.
CyclingWorks ha funzionato: le Cycling Superhighways sono state realizzate e sono ancora in fase di espansione. L’uso della bici a Londra sta per diventare più diffuso di quello dell’automobile. E gli enormi ingorghi paventati non si sono verificati.
Ora questa bellissima storia è stata raccontata in un breve videodocumentario.

E le aziende italiane? Che posizione prendono su questi temi? Sono contente di avere lavoratori stressati, avvelenati dal traffico, sovrappeso? Sembra di sì, visto che non si notano iniziative simili da noi.

Commenti

  1. Avatar Alex ha detto:

    Certo che se sono quelli i nomi delle aziende che propongono la ciclabilità…brrr

  2. Avatar Stefano ha detto:

    Se mai accadrà una cosa simile in Italia…sarà solo dopo che tutto il resto d’Europa sarà andato in questa direzione. Sono pessimista ma sperare non costa nulla.

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