Bike Sharing: verso la fine della febbre cinese
Il mondo delle biciclette in condivisione è in grande fermento: Il classico modello basato su bici da noleggiare e riportare presso stazioni fisse è stato sconvolto negli ultimi anni da alcuni operatori, prevalentemente asiatici, che hanno introdotto il bike sharing “free floating”. Un modello che però ultimamente sembra già entrato in crisi, con la fuga da molte città. E la causa di questo fallimento è più da ricercare nel modello di business che nel vandalismo, che pure esiste.

Questo, in estrema sintesi è quanto emerso da “Bike Sharing City”, il convegno organizzato da Bikenomist nell’ambito della manifestazione Milano Bike City.
Presenti assessori di alcune città italiane che hanno puntato molto sul bike sharing, nelle sue varie forme; amministratori e rappresentanti di aziende del settore; giornalisti e cittadini interessati al fenomeno.
L’evento ha confermato il grande fermento nell’ambiente: i grandi player orientali, che in molti casi hanno già iniziato la ritirata dalle città italiane, erano assenti; presenti invece alcune startup italiane pronte ad entrare nel settore.
Dopo l’introduzione di Paolo Pinzuti, CEO di Bikenomist, che ha presentato la rivoluzione del bike sharing dal 1965 ad oggi soffermandosi in particolare sugli ultimi 12 mesi di stravolgimenti causati dall’ingresso nel mercato degli operatori asiatici, è stata la volta di Marco Granelli, assessore alla mobilità del Comune di Milano.
Il capoluogo lombardo è stato fra i primi a dotarsi di un sistema di bike sharing classico, nel 2008, e ad accogliere i nuovi operatori del free floating. “Il bike sharing aiuta a sviluppare il Trasporto Pubblico Locale, e i due sistemi lavorano in sinergia. Il futuro sarà nell’integrazione dei sistemi di pagamento degli abbonamenti al TPL e delle tariffe del bike sharing.”
Vandalismo: l’Italia è il paese più virtuoso d’Europa
Nel corso del dibattito è emerso più volte il tema del vandalismo da sempre sotto la lente di ingrandimento della stampa nazionale. Come evidenziato dall’assessore Granelli, l’Italia, numeri alla mano, risulta essere il paese più virtuoso in Europa con tassi di vandalismo notevolmente al di sotto della media europea.
Dopo l’intervento del Comune di Milano, è stata la volta del Comune di Bologna per bocca del suo assessore alla mobilità, Irene Priolo, che ha raccontato la scelta controcorrente della propria amministrazione che, in un momento in cui tutti i comuni ottenevano biciclette gratis da parte degli operatori asiatici, ha deciso di investire 800.000 euro all’anno per ottenere un sistema tarato sulla base delle proprie esigenze: “Il bando che abbiamo pubblicato prevedeva un modello misto, basato sul free floating ma anche su almeno 90 stazioni fisse. Mobike si è aggiudicata la gara consentendoci un risparmio di circa il 50% rispetto a quanto preventivato e ha sostenuto i costi di avvio, come la segnaletica orizzontale e verticale delle stazioni. Mobike è tenuta a fornire i dati di utilizzo: questo ci è stato molto utile per individuare le zone dove predisporre nuove stazioni fisse per il rilascio delle bici. Anche la cittadinanza si è rivelata entusiasta del servizio, con più di 100mila iscritti”.

Roberta Frisoni, Assessore alla Mobilità di Rimini, ha quindi raccontato l’esperienza di una città con necessità molto particolari: i suoi 150mila abitanti arrivano quasi a decuplicarsi durante l’estate. Anche in questo caso la flessibilità del free floating si è affiancata ad un tradizionale servizio di bike sharing con stazioni fisse, invogliando i turisti a visitare anche il centro storico della cittadina romagnola. La sperimentazione iniziale di un anno sta per concludersi, con qualche dubbio sulla sostenibilità del progetto date le difficoltà economiche della casa madre di Obike, in Singapore. “Il bike sharing non è sufficiente per una località dalla grande vocazione turistica come Rimini se non si incoraggiano i noleggi di biciclette a medio e lungo termine“.
“Il free flow è un sistema fallimentare”
La seconda parte del convegno ha visto prendere la parola le aziende del bike sharing, da quelle più tradizionali alle startup di più recente fondazione. Sergio Verrecchia direttore del servizio bike sharing di Clear Channel (gestore del servizio BikeMi di Milano) ha posto l’accento sulla necessità di riposizionare le bici durante l’ora di punta, un aspetto fondamentale affinché si possano trovare sempre bici a disposizione, che rappresenta però una importante voce di costo che diventa ingestibile nel caso del free flow perché richiede che gli operatori vadano in giro per la città a cercare le biciclette da riposizionare nei punti sensibili; Verrecchia ha dato anche alcune anticipazioni su BikeMi che sta per compiere i 10 anni di vita: entro poche settimane ci saranno più bici elettriche, alcune anche con seggiolino per bambini; più avanti anche cargo bike e handbike in condivisione.
Il big player del bike sharing made in Italy, BicinCittà ha presentato un bilancio positivo nonostante l’assalto del free floating degli ultimi mesi. Secondo Gianluca Pin, direttore commerciale dell’azienda torinese, il futuro sarà comunque nella piena integrazione con altri servizi di mobilità; dei passi in avanti in questo senso sono stati il BIP nella regione Piemonte, e una nuova app realizzata in collaborazione con Trenitalia che integra treni, taxi, bus e bike sharing.
Nextbike è una multinazionale tedesca del bike sharing in grande espansione, presente al convegno nella persona di Pietro Peyron, country manager Italia; nata nel 2004, Nextbike sta sviluppando una nuova modalità ibrida fra le stazioni fisse e il free floating, chiamata “Vie Libere”: è possibile lasciare la bici dove si vuole all’interno di una certa area, ma se si sceglie di lasciarla lungo alcune vie strategiche si riceve uno sconto di 1 euro sul servizio; questo aiuta l’azienda a garantire la disponibilità e l’equa distribuzione delle bici. La sperimentazione in corso nella città di Lipsia ha di fatto eliminato il bisogno della redistribuzione forzata delle biciclette con un grande risparmio in termini economici per il gestore.
L’innovazione parla italiano
Spazio infine a due startup tutte italiane che stanno testando i loro servizi su scala ridotta.
Bitride, rappresentata dall’amministratore delegato Marcello Segato ha in corso una sperimentazione con 350 biciclette nella zona nord di Milano; le bici, dotate di smart wheel motorizzata, possono essere usata in modalità full electric (con prezzo più alto) o in modalità solo muscolare (gratuita), che ricarica la batteria; gli altri sensori presenti nell’unità motrice all-in-one permettono una gestione avanzata della flotta.
Moovas infine ha 50 biciclette a Modena, anche queste smart e connesse; secondo il fondatore Tommaso Beretta il bike sharing, in un paese come l’Italia, deve fare leva anche sul cicloturismo. La app di Moovas consiglia percorsi cicloturistici ai suoi utenti, che sono invogliati, grazie a sistemi di gamification e di premi, a usare il servizio in modo rispettoso e a sentirsi parte di una “tribù” di condivisori della bici.

La fine della febbre cinese?
Gli operatori asiatici, pur invitati, hanno disertato il convegno lasciando quindi il campo a speculazioni di varia natura. La ritirata di Obike da molte posizioni internazionali, la fuga di Ofo da tutte le città europee ad eccezione di Milano (dove pure sembra aver annullato le attività logistiche), la revisione delle politiche di prezzi di Mobike nelle città in cui sono presenti lasciano pensare che la febbre cinese sia arrivata al termine e che la bolla sia definitivamente scoppiata.

Adesso la grande sfida sarà rieducare le municipalità a un corretto approccio al bike sharing, quello secondo il quale per ottenere un servizio pubblico propriamente detto, occorre un investimento economico da parte della pubblica amministrazione perché, come recita la saggezza popolare: “nella vita non ti regala niente nessuno”.