Più bici nel futuro dell’Europa: intervista a Niccolò Panozzo, ECF

Parafrasando la mission del sito che state leggendo, “Trasformare l’Europa in un continente ciclabile” è l’obiettivo che si pone ECF, la Federazione Europea dei Ciclisti, con sede a Bruxelles. ALl’interno del suo staff ci sono due italiani: Alessandro Tursi, da poco diventato vicepresidente, e Niccolò Panozzo, che abbiamo contattato per conoscere meglio le attività dell’ECF in generale, e sue in particolare. Ecco la nostra intervista.

Bikeitalia: Ciao Niccolò, grazie per aver accettato di parlare con noi. Iniziamo raccontando che cosa fa la ECF, e quante persone ci lavorano.
niccolò panozzo
Niccolò Panozzo: La Federazione Europea dei Ciclisti (ECF) è l’organizzazione che raggruppa tutti i maggiori (e minori) gruppi di attivisti europei, per dare ai ciclisti urbani una voce a livello europeo. Qui facciamo pressione politica per avere migliori condizioni e finanziamenti per sviluppare la ciclabilità in Europa, a livello nazionale e locale. Lavoriamo con lo staff delle maggiori istituzioni europee per assicurarci che la bici sia sempre presa in considerazione quando nuove leggi, misure o progetti sulla mobilità urbana sono approvati; lavoriamo con le associazioni nazionali (FIAB, in Italia) per coordinare le nostre azioni e campagne; raccogliamo consensi e support dalle città europee più attive in questo settore, dall’industria della bicicletta, dagli operatori di bike sharing, cicloturismo ecc. EuroVelo, la rete europea di percorsi ciclabili per il turismo, con oltre 70,000km di piste che attraversano tutto il continente, è un nostro progetto, così come Velo-city, la più grande conferenza al mondo sulle politiche ciclabili (la prossima edizione si terrà Dublino a giugno 2019).
Attualmente siamo una ventina a lavorare a ECF, senza contare gli stagisti che ci supportano con grande entusiasmo e creatività!

B: Tu in particolare di che cosa ti occupi?
NP: Io sono un Development Officer, il che significa che il mio ruolo è quello di sviluppare ECF, trovando nuovi potenziali partner, rimanendo in contatto con i nostri membri e cercando nuovi progetti su cui lavorare. In particolare, sono responsabile dei rapporti con i nostri membri; gestisco la nostra rete per le autorità locali Cities and Regions for Cyclists; la nostra rete per il bike sharing PEBSS; la nostra iniziativa sulla bicicletta e le nuove tecnologie (Smarter Cycling Initiative); e un paio di progetti europei (uno sulla promozione delle cargo bike e uno sull’ottimizzazione dell’infrastruttura urbana per accomodare la mobilità attiva).

ecf

B: Dalla vostra prospettiva europea, quali sono le città o gli stati che stanno facendo i maggiori passi avanti per la mobilità in bici?
NP: La Francia si sta muovendo molto rapidamente: durante le elezioni Macron si è impegnato a dei passi concreti e Parigi è tra le città che stanno spingendo di più per pulire l’aria cittadina (la sindaca Anne Hidalgo è una rockstar della sostenibilità, e il vicesindaco Christophe Najdosvki è il nostro presidente). Anche Madrid sta investendo molto e creando iniziative innovative (anche se fa ancora poco per ostacolare l’utilizzo dell’auto privata), e Oslo sta portando avanti il progetto di proibire tutte le auto dalla città. E a dir la verità anche in Italia ci sono realtà interessanti (anche se la situazione è piuttosto eterogenea): Verona ha indetto 6 giornate senz’auto all’anno, Roma sta completando importanti componenti della rete ciclabile ed è coinvolta in progetti molto promettenti, Ferrara e Reggio Emilia continuano a implementare nuove soluzioni per rendere la vita dei ciclisti urbani più facile… Il problema è che dall’altro lato ci sono personaggi che dicono che non vogliono le ciclabili perché aiuterebbero i migranti, come se ci fosse qualcosa di sbagliato in questo – l’organizzazione svedese è cresciuta vertiginosamente negli ultimi due anni grazie ai fondi che lo Stato ha messo a loro disposizione per insegnare ai migranti ad andare in bici, dando loro un accesso economico alla mobilità, necessario all’integrazione e allo sviluppo economico locale.

B: A che punto è il processo di adozione della Strategia Europea per la Ciclabilità presentata a Velo-City 2017?
NP: Abbiamo creato la EUCS per essere un documento-guida per le nostre attività di advocacy nei 10 anni a venire. Ciò significa che continueremo a farvi riferimento, sarà la nostra Bibbia, per così dire. E infatti stiamo già lavorando sui punti specificati con lo staff della Commissione Europea e creando partnership strategiche per assicurarci che il contenuto venga portato avanti con la serietà e l’urgenza che la situazione attuale richiede. Purtroppo la Commissione Junker è troppo impegnata con questioni come la crisi dei migranti, la Siria, l’euro-scetticismo e la ripresa della crescita economica, quindi l’intero pacchetto di politiche sulla mobilità sta ricevendo poca attenzione (e personalmente, trovo che sia una strategia molto limitante). Questo significa che per il momento l’approccio più efficace è probabilmente quello di lavorarci ‘dietro le quinte’, direttamente con le persone che si occupano di mobilità e cambiamento climatico; torneremo a farci sentire per un’adozione ufficiale con la prossima Commissione.

B: Come vedi l’attuale situazione nel mondo del bike sharing, con il passaggio della meteora asiatica?
NP: Assolutamente positiva. L’esplosione del bike sharing ha portato grande e rinnovata attenzione alla mobilità in bicicletta; in alcune città ha contribuito a un modal shift importante verso la bici e ha aperto gli occhi dei politici europei sull’enorme potenzialità della bici nel risolvere la questione degli spostamenti sotto i 5-6km. Certo, ha causato anche qualche problema, ma le città stanno lavorando con gli stakeholder giusti per risolvere rapidamente le difficoltà e continuare a sfruttare i benefici di questi servizi. E in ogni caso, come si suol dire, non esiste pubblicità negativa ?

B: Come vedi la mobilità urbana fra 5-10 anni? Che ruolo giocherà la bici?
NP: Queste previsioni sono sempre molto difficili da azzeccare, quindi parlo ora da un punto di vista personale e non a nome di ECF ?. Credo che il modello fondato sull’auto privata continuerà a crescere fino a raggiungere un tipping point in cui virtualmente tutte le città si renderanno conto che con il tasso di urbanizzazione galoppante, questo modello non è più sostenibile. Allora ci saranno misure drastiche per disincentivare o addirittura proibire l’uso dell’auto a favore di mezzi più sostenibili ed efficienti da un punto di vista di spazio utilizzato. La bici tornerà quindi al vertice della classifica per rapporto spazio/energia utilizzati-potenziale di mobilità. La micro-mobilità personale e condivisa cresceranno molto rapidamente, incluso bike sharing, e-scooter sharing (i monopattini elettrici che si vedono in giro ultimamente), monowheelers elettrici, bici pieghevoli, ecc. Tutto molto compatto, in modo da poter essere combinato facilmente con il trasporto pubblico. Le applicazioni di Mobility-as-a-Service (che permettono un utilizzo integrato di tutte le soluzioni di mobilità urbana attraverso un’unica app, un unico account e con un ‘credito mobilità mensile’ simile ai pacchetti all inclusive ‘chiamate, sms e dati’) renderanno la mobilità condivisa conveniente e facilissima da usare. Purtroppo si sta già parlando parecchio di auto volanti e droni (so che suona ridicolo, ma gli investimenti in questa direzione sono tutt’altro che uno scherzo), ma spero vivamente che verranno fermati prima che sia troppo tardi.

B: In particolare, che cosa pensi delle auto a guida autonoma? Prevarrà l’effetto positivo della riduzione degli incidenti, o l’effetto negativo di una possibile ulteriore segregazione sulle strade, o di una ulteriore riduzione della mobilità attiva?
NP: Personalmente, non vedo l’utilità di auto con un livello 5 di automazione in città. Come ha detto Ninna Hedeager Olsen, sindaco per i trasporti di Copenhagen, “Qual è il problema che le auto autonome stanno cercando di risolvere? Il traffico? L’inquinamento dell’aria? Per questi abbiamo già un’ottima ed economica soluzione: la bici”. Non credo che aiuteranno a rendere le città meno congestionate (passeremo da avere un sacco di auto in circolazione con un solo passeggero ad averne moltissime con nessuno a bordo), non credo che renderanno la mobilità più efficiente (in ambito urbano, andranno molto più lente di una bici, perché saranno progettate per fermarsi ogni volta che qualcuno accenna ad attraversare la strada), e non credo che miglioreranno la qualità dell’aria (tutti i sensori di cui hanno bisogno consumano grandi quantità di energia, quindi sarà difficile che siano 100% elettriche, e anche qualora lo fossero bisogna indagare la fonte che ha prodotto quell’energia per capire se saranno veramente ‘green’). L’automazione sarà invece molto utile sul trasporto pubblico, e permetterà di avere un servizio molto più capillare e frequente anche nelle aree rurali. L’intermodalità tra bici e trasporto pubblico potrà allora risolvere il 90% delle necessità di mobilità.

B: Che cosa ti ha portato a interessarti al mondo della bici?
NP: Ho sempre usato la bici, ma senza pensarci. Al liceo era il mio unico mezzo di trasporto, semplicemente perché era il piu’ economico e veloce – e nonostante i numerosi furti! È stata una parte integrante della mia storia d’amore, e quando mi sono sposato, 3 settimane fa, ho portato mia moglie in giro per Verona su una cargo bike ? Quando ho scoperto il mondo di attivisti e professionisti che sta dietro una cosa semplice come una bici, ho subito deciso che era il mio mondo e mi ci sono buttato a capofitto

A noi non resta che augurare buon lavoro a Niccolò e a tutta l’ECF: sappiamo di essere in buone mani al livello europeo.

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