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Parigi-Brest-Parigi, il racconto di Luca

Parigi-Brest-Parigi, il racconto di Luca

Riceviamo dal nostro lettore Luca Donà e volentieri pubblichiamo

“Bon courage, Italien!“ mi suona nelle orecchie più vicino del solito. La maglia della nazionale non mente ed è scontato farsi riconoscere senza neanche fiatare. Questa volta il mio interlocutore è accanto a me nella ressa della partenza, siamo quasi fermi e gli sguardi si incrociano. Lo ringrazio, è un bénévole, un volontario, e coglie l’occasione per darmi un incitamento che risuonerà nella testa per le ore a venire.

“Nel fisico, nella mente e nel modo di vedere la bici qualcosa in te cambierà durante la Paris-Brest-Paris, ti rimarrà un ricordo indelebile di tutto questo”

Rifletterò più volte sulle parole di questo sconosciuto, d’altronde, di tempo per riflettere ne ho di certo un sacco: sono nella periferia di Parigi ed è appena scattato lo start, ora bisogna menare fino a Brest e poi tornare indietro. Basta filosofeggiare, tocca pedalare, l’olimpiade delle randonnée è iniziata.

I primi chilometri sono perfetti per scaldare le gambe, i pedali girano veloci, non ci sono salite e tutti i partenti della batteria K sono entusiasti come bambini in entrata a Disneyland.
Il pensiero mi corre indietro di parecchi mesi, la PBP in realtà inizia molto prima del frenetico start della dimanche soir. Il momento dell’iscrizione è deciso dal più lungo brevetto conseguito nell’anno solare precedente l’evento e tutta una serie di randonnée di qualifica vanno portate a compimento nei mesi a ridosso della partenza.

Tutti i 6800 partecipanti, da Singapore o dal Brasile, sognano e sudano per questo momento da più di un anno.

Il bello è che non è una gara, all’arrivo non si trovano i tabelloni con le classifiche e non ci sono coppe o trofei per i più veloci. Lo spirito rando prevede solo dei tempi massimi per raggiungere i controlli che si trovano lungo il percorso. Nonostante le vedettes concludano la prova in meno di 50 ore, lo zoccolo duro dei randonneurs impiega fra le 80 e le 90 ore per il completamento dell’impresa.

Inizio a farmi delle domande. Ma come, sapevo che nella Loira c’erano solo campi, che la Bretagna era tutta piatta, cosa sono tutti questi strappi? Fa strano, per me che abito a ridosso di colline e Prealpi, notare come il dislivello sale senza di fatto salire da nessuna parte. Le campagne di queste regioni, che i miei occhi scopriranno con l’alba, sono intervallate in continuazione da saliscendi dolci ma frequenti, come se fosse vietato lasciare un tratto di strada a pendenza 0% per più di qualche decina di chilometri.

Il vento fa il resto, non un vento infame da temporale ma una brezza presente che ti ricorda che, se vuole, renderà la tua pedalata un inferno. I paesaggi da wallpaper Windows anni ‘90 contribuiscono al senso di pace e tranquillità, può essere che la gente del posto ne subisca l’effetto rilassante?

“Allez, Italienne, allez allez!”, continuo a tenere addosso la maglia dell’Italia. Non mi importa se puzzo dopo decine di ore di pedalata, mi sembra quasi di fare contenti i local indossando questa maglia. Vanno in visibilio, quando rispondi ai loro incitamenti, urlano ancora più forte. Anche per loro questo momento vale 4 anni di attesa.

Nell’unica piazza di Mamers c’è una struttura molto vecchia, imponente, grezza, probabilmente era la sede del mercato cittadino. Scambio due parole con una signora che penso quel posto l’avesse già visto quando ci facevano il mercato, mi offre della zuppa e del salame. E’ decisamente anziana ma non si tira indietro, sprepara le tavole ed incoraggia gli avventori del ristoro come se avesse 30 anni di meno. Mi racconta che ha origini italiane e che in quella zona sono in molti ad essere emigrati alcuni decenni fa, suo padre era muratore e mi fa capire che c’era una grande domanda di questa professione. Sulle prospettive attuali non è molto ottimista, la Loira è una regione abbastanza povera, poco industrializzata e che si affida solamente al turismo.

Io di turisti non ne vedo un granchè e, nonostante inizino a spuntare anche dolci al cioccolato e madeleine, penso sia meglio ripartire. Merci madame, à la prochaine. La stanchezza inizia a farsi sentire, sono più di 60 ore che pedalo. Il mio corpo si adatta allo sforzo in modo da trasformarlo in normalità. I battiti scendono e faticano a salire anche sugli strappi più ripidi, segno che la modalità a risparmio energetico è attiva. Le mani ed il sedere non stanno mai fermi, spostarsi e cambiare di posizione è il modo migliore per distribuire l’inevitabile fastidio. Per quanto tu possa bere, le labbra si screpolano e gli occhi soffrono polvere e poco sonno. Il dormire è il vero trucco per rimanere entro i cancelli orari: dormi troppo e sei fuori, dormi troppo poco e scoppi. Per strada, non è difficile trovare sagome di ciclisti che volenti o nolenti dormono come sassi nonostante le posizioni più improbabili. Anche i letti d’emergenza non sono sempre comodi: panchine, fermate del bus, rotatorie, tavoli, muretti, ATM, brandine sgangherate offerte dai local..

La teoria del microsonno è spesso applicata ma generalmente un riposo lungo in un dormitorio messo a disposizione dall’Audax Club Parisienne è una soluzione efficiente in termini di tempo speso: entri, dormi, ti svegliano, esci, sei come nuovo in sella. Ognuno ha il suo credo e le sue abitudini, frutto delle randonnée di qualifica completate in primavera, ma siamo tutti simili anche senza conoscerci: vestiti come dei palombari o in modalità ultralight come i granfondisti, su pesanti bici con portapacchi o esoterici ferri artigianali, cercando di correre come scalmanati senza sosta o dormendo alle fermate del bus. Il mondo rando è così, pieno di sfaccettature ed unicità, il trait d’union è la volontà di non fermare mai i pedali.

Aveva ragione lo sconosciuto, da Parigi a Brest e ritorno qualcosa ti riporti a casa. E non sono le 74 ore e minuti, la medaglia o i pain au chocolat. Sono i sorrisi sinceri e i pezzi di cartone per indicare i ristori abusivi, sono le vecchiette per strada alle 3 di notte, le folate di vento della Bretagna, l’empatia fraterna degli sconosciuti, il silenzio incasinato dei dormitori, l’energia dei 2000 volontari sparsi lungo il percorso.

E sono proprio loro che rendono unici e magici quei giorni, senza i bénévole sarebbero solo 1200 km di saliscendi da Parigi a Brest e ritorno.

Commenti

  1. Luca ha detto:

    Complimenti!

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