Chiunque pensi che torneremo indietro alla vita del 2019 come se nulla fosse è uno sprovveduto oppure è in malafede.
Il periodo che stiamo attraversando ci costringe ad affrontare continui cambiamenti a cui dobbiamo per forza di cose adattarci, ma la grande sfida è riuscire ad adattarsi ai cambiamenti che interverranno nel lungo periodo.
Perché, lo sappiamo, il mondo non sarà più lo stesso che abbiamo conosciuto nel 2019: alla fine della pandemia ci saranno molte persone in meno, molti meno posti di lavoro, un’economia da rilanciare e una stabilità psicologica dei cittadini da ricostruire. Forse (e dico forse) avremo capito che la salute deve venire prima del profitto.
Alla fine della pandemia avremo scoperto e assimilato il concetto di telelavoro e avremo sentito la mancanza di tornare ai nostri luoghi di lavoro, ma mica tutti i giorni. E da questa considerazione dipenderanno le sorti degli uffici e dei centri dirigenziali, dei bar della pausa pranzo.
Perché la mobilità è il sistema operativo che fa girare gli applicativi dell’abitare umano che ne determina la vita e la prosperità. Questo deve essere in grado di adattarsi ai grandi cambiamenti che ci attendono da qui ai prossimi decenni.
Alla fine della pandemia dovremo ricostruire il rapporto fiduciario tra i cittadini e trasporto pubblico, ma anche tra cittadini e sistema sanitario, tra cittadini e sistema scolastico.
Per evitare di lasciare spazio all’improvvisazione, nel corso dello scorso mese di Luglio, l’azienda Selle Royal Group, il principale produttore mondiale di selle e altri prodotti per il ciclismo, ci ha incaricato di provare a elaborare un strategia per lo sviluppo della mobilità nell’era post covid.
La sfida è titanica e, per questo, particolarmente eccitante.
Per affrontarla abbiamo chiesto ad alcune tra le menti più brillanti del panorama nazionale e internazionale (medici, urbanisti, psicologi, filosofi, docenti universitari, sociologi, architetti, designer, manager, amministratori, comunicatori, scienziati del movimento) di mettere a disposizione il proprio sapere e di offrirlo in un simposio digitale che si terrà in quattro puntate nel mese di febbraio 2021.
mobilitARS è il nome dell’evento digitale che si pone l’obiettivo di generare le linee guida per la gestione della mobilità urbana nel III millennio, ovvero di immaginare un sistema di mobilità che ci aiuti a essere più sani e non ci renda invece più malati, un sistema di mobilità che sappia mitigare e adattarsi al cambiamento climatico invece di esserne causa e vittima allo stesso tempo.
Tra i protagonisti del ciclo di incontri figurano Luca Mercalli (presidente della società meteorologica italiana), Francesca Racioppi (Organizzazione Mondiale della Sanità), Alessandro Miani (Società Italiana di Medicina Ambientale), Padre Joshua Kureethadam (Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale, Città del Vaticano) e molti altri.
mobilitARS ha già ricevuto il patrocinio dell’Università di Siena, delle città di Parma e di Bologna.
Per consultare il programma e registrarsi: www.mobilitars.eu
Per promuovere l’evento e aiutarci a far conoscere l’iniziativa sul web accedi al mediakit: CLICCA QUI
mobilitARS si rivolge a amministratori, studenti universitari, politici, tecnici e professionisti e a tutti coloro che hanno capito che non torneranno al 2019.
Devo constatare con dispiacere che non pubblicate più nessun commento.
Forse vi siete allineati all’informazione di massa come la televisione e non ammettete più critiche comunque, ostinatamente provo a dire la mia da osservatore sul campo.
Barriere architettoniche di devastante impatto.
Questo vedo realizzarsi a Milano per far spazio alle nuove ciclabili e non è bene.
Sono Maurizio e come ho già scritto vivo sulla bici e osservo quotidianamente ciò che sta avvenendo nel capoluogo Lombardo e non è ciò che serve ai ciclisti come ai cittadini di Milano.
Un esempio? Via Zurigo e via Legioni Romane, qui si sono costruite mostruose isole Per restringere le carreggiate e se da un lato si sono realizzate ciclabili veramente striminzite, dall’altro si e creato un imbuto per la circolazione automobilistica davvero opprimente e a mio giudizio pericoloso.
Pensate che le due strade sopracitate hanno dei marciapiedi enormi di 4 metri di larghezza quasi inutilizzati, sarebbe bastato suddividerli creando delle ciclopedonali SPENDENDO pochi EURO per la segnaletica e invece….
Se un’ambulanza dovesse transitare in ore di punta non avrebbe scampo oppure accadesse malauguratamente un incidente la circolazione collasserebbe tanto è angusta la carreggiata, per intenderci un’auto e una bicicletta non passano appaiate.
Bhe che centrano le bici, hanno realizzato giustappunto le corsie ciclabili per ovviare al problema della convivenza tra le 2 specie, ma se malauguratamente dovessero essere per qualsiasi motivo impraticabili? Come ad esempio in questi giorni per questioni meteorologiche che hanno provocato allagamenti? Perciò via sui marciapiedi.
A questo punto non so più come spiegarlo, ma ce ne dobbiamo fare una ragione; le auto esistevano, esistono ed esisteranno, magari a gas elettriche a guida automatica a idrogeno ma ci saranno sempre.
A noi Ciclisti bastano le preferenziali disegnate e ben segnalate perché constato quotidianamente che gli automobilisti le rispettano, in più con le zone 30 e le corrette indicazioni stradali la convivenza é possibile.
Le ciclabili finora realizzate in molti casi scoraggiano l’uso delle stesse perché intralciate da assurde barriere architettoniche,” vedere viale Europa a Cusago, e svariati tratti della Via Emilia” e provocano astio e tensione.
Nel mio girovagare per l’Italia ho raccolto molte impressioni su cosa é bene e no per una corretta implementazione della viabilità ciclistica e a volte le ho condivise con gli uffici preposti ma con scarsi risultati.
Le biciclette devono diventare una soluzione e non un problema.
Maurizio ciclista 365/366 nei bisestili