Poche cose sono stucchevoli come i documentari che raccontano le gesta eroiche di personaggi sportivi ancora in attività. È quindi con un certo scetticismo che ho ricevuto la notizia di un film dedicato a Omar Di Felice, campione italiano di ultracycling, in una produzione Wilier Triestina, il suo maggiore sponsor.
Il titolo del film è “La Linea di Confine” e detta così ci sarebbe da aspettarsi Di Felice che entra a testa alta nell’azienda di Rossano Veneto e ne incontra l’amministratore delegato che gli consegna la bicicletta per compiere l’impresa, con una descrizione minuziosa di ogni singolo componente, come quando nei film di James Bond gli consegnano l’accendino lanciamissili e la macchina che distruggerà alla seconda scena.
Abbiamo avuto modo di vedere “La Linea di Confine” in occasione di un’anteprima alla stampa all’Italian Bike Festival di Rimini e, per fortuna, il docufilm è ben altro.
La storia è quella di Omar Di Felice che decide di percorrere tutto l’arco alpino, da Trieste a Ventimiglia, in assoluta autonomia, in meno di 7 giorni e con la speranza di impiegarcene meno di 6.
Al centro di tutto ci sono ovviamente Di Felice e la Wilier Triestina in dotazione, invece di essere una macchina sventrachilometri e macinamontagne è uno strumento come tanti altri, che lo accompagna, con meticolosa affidabilità in ogni singola salita che sembra sempre più faticosa di quella precedente. Nulla di più.
La narrazione alterna immagini del campione romano e i suoi soliloqui mentre lotta con la stanchezza, con microinterviste rivolte al suo coach Fabio Vedana e delle chiose del giornalista Marco Ballestracci che racconta la storia delle montagne che Di Felice si appresta ad affrontare.
E più che l’impresa dell’eroe che tutto può e tutto vince, “La Linea di Confine” è la storia di un uomo fragile che cerca di vincere la sfida più grande e più difficile: quella contro sé stesso e contro la propria stanchezza, contro quella vocina interiore che ti dice che di accontentarti dei risultati che hai già raggiunto.
Le Alpi e i panorami mozzafiato sono la scenografia di fondo di una storia che, però, avviene completamente dentro la testa di un uomo minuto e fragile che prova la gioia di concedersi un tè bollente e pieno di zucchero in cima allo Stelvio e che si commuove quando qualche fan lo saluta per strada.
Pedalata dopo pedalata la strada procede e la stanchezza di Di Felice diventa palpabile. Si sente il freddo del mattino e la fatica dei risvegli dopo sole tre ore di sonno in una gara in cui non si vince nulla. C’è la pioggia e il vento e la narrazione ti tiene incollato alla poltrona per un’ora intera in cui non fai che ripeterti “adesso crolla”. E quello, invece, non crolla e, anzi, rilancia. Rilancia per portarsi avanti, per guadagnare qualche pedalata e qualche centinaio di chilometri che torneranno utili per il computo finale. E la vocina che lo invita a fermarsi e mollare risuona bene nella testa di chi guarda il docufilm.
Il finale è sorprendente, ma soprattutto è sorprendente il documentario nel suo complesso perché presenta Di Felice come emblema dell’evoluzione dell’essere umano che è riuscito a evolversi perché non si è mai accontentato di quanto fatto e ha sempre cercato di andare un po’ più in là, di alzare un pochino l’asticella.
Omar Di Felice è un personaggio molto dibattuto sui social tra gli amanti del ciclismo perché rappresenta un professionista che ha rinunciato alle gare e ha invece intrapreso la strada delle sfide. Il suo essere personaggio pubblico lo rende inevitabilmente bersaglio di attacchi da parte di haters che mettono in discussione la sua ultima avventura o la veridicità delle sue affermazioni.
“La Linea di Confine” è la migliore possibile risposta agli haters perché risponde non con la forza dei fatti, ma con la forza del metodo, della disciplina e della determinazione. Per questo ho ritrovato in “La Linea di Confine” una forte componente educativa perché è la risposta migliore a tutti coloro che si permettono di giudicare dal proprio divano con il cellulare in mano chiunque sia riuscito ad arrivare a qualsivoglia risultato in ambito sportivo, professionale o scolastico.
Di Felice con il suo docufilm ci ricorda che non esiste un ascensore per il successo e chi arriva in vetta può farlo solamente pedalata dopo pedalata con la forza delle proprie gambe, ma soprattutto della propria testa.
Dopo aver visto “La Linea di Confine” ho voluto ringraziare Omar Di Felice per i valori che ha trasmesso nei 60 minuti di questo video.
Ne consiglio la visione a tutti.
A partire dalla Première di oggi – martedì 21 settembre 2021 alle ore 21 – “La Linea di Confine” lo trovate sul canale YouTube di Wilier Triestina:
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