Ebbene si, l’ho fatto: in quella fascia d’età “chenonveladiròmai” ma nella quale un filo di buon senso solitamente si da per acquisito, mi son regalata la mia PRIMA bici da corsa.
“Ma perchè…” tuonano minacciosi i soliti normopensanti, “…vuoi farti del male? e la schiena, e le gambe, e le strade pericolose, e le salite e le discese, e frenare come si fa? Mica sei una ragazzina!” Boh, non lo so nemmeno io perché: probabilmente mi è venuto un attacco improvviso di simil-cinquantennite maschile (ecco, l’ho detto) per cui mi son detta: “o adesso o mai più”. E così, invece di abbordare un venticinquenne cubano, mi sono innamorata di una venticinquenne italiana, vintage ma non troppo, come me del resto.
Per raccontare il primo impatto ad altre cicliste urbane come me, che vorrebbero provare il brivido della bici da corsa ma non trovano il coraggio di lanciarsi, la metafora delle scarpe – feticcio femminile per eccellenza – mi sembra a dir poco “calzante”.
Cominciamo col dire che il passaggio dalla bici da città con cestino e freni a bacchetta, a quella da cicloturismo e quindi alla bici da corsa equivale al transito dalle ballerine, alle scarpe da trekking, al decollètè tacco 12. Inutile negarlo: ci mettiamo i tacchi perché son belli ed eleganti, certo non perché sian comodi. Le donne che ti sussurrano sorridenti che il loro stiletto di Cesare Paciotti “è comodissimo” mentono spudoratamente, consapevoli di avere i piedi imprigionati in un paio di ganasce da rimozione forzata. La verità è che si sentono strafighe lassù e sono pienamente disposte a soffrire le pene dell’inferno per questo.
Anche per la bici da corsa è un pò così: inizi a desiderarla prima di tutto perchè è un mezzo elegante e comunque intuisci che una donna in bici da corsa, come una sui tacchi, acquisisce quel certo non-so-che che la distingue dalle altre. A meno che la tua ambizione non sia quella maschile-celodurista di arrancare sullo Stelvio o sul Ghisallo – cosa peraltro da non escludere a priori, anzi!- per il resto è indubbio che l’estetica del mezzo ha il suo bel ruolo nell’immaginario femminile.
Dalle pianelle al tacco 12 è impresa che richiede sacrificio, costanza e abnegazione; così è anche per la bici da corsa. Quindi il primo consiglio che mi sento di dare è di non farsi trascinare nell’acquisto compulsivo “della più bella della vetrina”, senza prendersi le misure con precisione (esistono varie tabelle pubblicate anche da Bikeitalia). Bisogna puntare quindi ad una bici della taglia giusta, provarla e riprovarla prima dell’acquisto. Più facile a dirsi che a farsi: come per le scarpe, anche se conosciamo la nostra misura capita a volte che serva un mezzo numero in più o in meno per risultare veramente comode, altrimenti son dolori. Purtroppo cinque minuti non bastano: solo il tempo vi dirà se le scarpe e la bici sono giuste per voi.
Altro scoglio da superare è quello della postura: oltre ad essere effettivamente impegnativa per i lombi, bisogna adottare qualche trucchetto e correggere la posizione istintiva di spalle e gomiti, sia per risparmiarsi dolorini vari, che per acquisire un’andatura fluida. Pedalando in scioltezza in città, le braccia vanno tenute parallele e tese ma non rigide (per ammortizzare eventuali dislivelli), le mani devono riprodurre sul manubrio la larghezza delle spalle, i gomiti non devono sparare all’esterno e la colonna vertebrale non va curvata in avanti ma possibilmente tenuta allineata al collo.
Terzo problemino: la borsa, croce e delizia di ogni donna che sia tale. La bici da corsa richiede l’uso di uno zainetto o di un marsupio, e quindi il contenuto va ridotto al minimo per non massacrarsi schiena e spalle, un pò come uscire alla sera con la pochette. Una buona soluzione, da valutare tuttavia ad hoc secondo il modello di bici prescelta, può essere quella di dotarsi di un portaoggetti da manubrio purché a sgancio rapido, nel quale tenere una borsina di tessuto (tipo quelle per far la spesa) da usare quando si lascia la bici per fare due passi. Va da sè che per far la spesa la vecchia bici col cestino e le borse laterali è imbattibile.
Ultimo consiglio: partire da un buon usato di media qualità e spendere il giusto, per capire prima di tutto se l’articolo vi piace e se vi sentite a vostro agio nella guida. Per tornare al paragone con le scarpe, le Manolo Blahnick* sono stupende, ma se ci avete speso uno stipendio e non riuscite a camminarci, vi piangerà il cuore nel vederle ammuffire nell’armadio. Ricordate che c’è sempre tempo per l’upgrading qualitativo e fortunatamente è più facile rivendere una bici da corsa che non un paio di improbabili sandali gioiello.
Una volta superate queste piccole prove, vi troverete a guidare un mezzo che – contrariamente a gran parte delle scarpe – più lo usate, più comodo diventa: leggero, agile, scattante, con una fluidità e un piacere nella pedalata tali da non potervi più rinunciare.
Forza e coraggio quindi: lanciatevi pure in questa avventura e non ve ne pentirete….anzi, a pensarci bene, considerato che alcune mie coetanee per sentirsi giovani si accattano un toy-boy, io che ho optato per una toy-bike mi sento ancora la meno fulminata di tutte.
*Nota per i maschietti: le Manolo Blahnick sono l’equivalente scarparo di una specialissima in carbonio superaccessoriata, sia come appeal che come fascia di prezzo.
Sono d’accordissimo con tutto! Mi sarebbe pero’ piaciuto leggere la tua esperienza con la sella. Io sto ancora cercando il perfect fit dopo averne provate diverse. Per me e’ un grosso problema. Ho girato mille negozi e nessuno ha in scorta selle da donna con la mia misura!
Ci vuole coraggio, non è per tutti ma quando entri in questo mondo ti senti ri-nato, credo che questo valga per tutti , la bici è libertà e complimenti hai proprio descritto bene le sensazioni che si provano, eleganza e fascino che solo in pochi possiamo capire.
Buone pedalate a tutti
Bellissimo pezzo. E sono lieto che riprenda un concetto a cui da anni sono arrivato : la bici non è un veicolo ma un capo di abbigliamento come le scarpe: serve a muoversi meglio, ne ho una per la pioggia, una per il fuoristrada e una più elegante. La scelgo per il colore e lo abbino alle borse. Non è un veicolo è un capo di abbigliamento. Magari sportivo come i rollerblade o le scarpe da running. La compro in negozi che sembrano boutique o botteghe artigianali.
Per questo ho paura delle bici a motore che trasformeranno le boutique in concessionarie e sono dubbioso dei megacalcoli su postura e performance dei similcinquantenni che corrono non si sa dove,
Bel pezzo. Illuminante. complimenti
Bello! Simpatico e assolutamente reale. Lo dico da maschietto 46 enne che si è innamorato della bici da corsa…ahaha