L’acqua che si frange sulle scogliere, il verde dei campi, la pietra dei muretti a secco e delle cattedrali medievali. Un viaggio lungo il Celtic Route Trail, dove le strade scompaiono nei panorami, e dove non si rischia di restare senza birra in corpo.
Itinerario suggerito da Rivista BC
Il “Celtic Trail” è un affascinante percorso nel sud del Galles. Esso è generalmente diviso in due parti, che fanno entrambe perno su Swansea, la città costiera più famosa del Galles, utile per fare campo base in quanto le infrastrutture turistiche sono particolarmente sviluppate.
La parte occidentale (342 km) e quella orientale (255 km) costituiscono due anelli, che si incontrano appunto a Swansea. I due percorsi sono del tutto simili per quanto riguarda l’aspetto paesaggistico, con l’unica differenza che la parte occidentale porta un po’ più spesso a vedere l’oceano. Passando lungo le National Cycle Route numero 4 e numero 47, perfettamente segnate, si evitano quasi sempre le strade trafficate; anzi, in molti tratti si pedala lungo i classici “footpaths” presenti in gran parte del Regno Unito: si tratta di sentieri (in cemento o terra battuta, solitamente perfettamente conservati) aperti solo a bici e pedoni. I due percorsi sono generalmente pianeggianti o con delle salite brevi e non troppo ripide; solo raramente le pendenze superano il 6%.
Mappa Celtic Trail WEST
Altimetria Celtic Trail WEST
Mappa Celtic Trail EAST
Altimetria Celtic Trail EAST
Una destinazione ad un paio di ore scarse di aereo con volo low-cost, sempre e comunque in mezzo al verde, un turismo ecosostenibile, un ambiente eccezionale, sistemazioni più che competitive in ambiente sempre ben disposto verso i ciclo viaggiatori, questo è il Galles. Tutti ottimi motivi per far rotta su Bristol, da cui ci spostiamo poi nel vicino Pembrokeshire, regione tutta mare e campagna del sud gallese per esplorarla dalla sella di una bici, attraversando scenari da film d’ambientazione medievale. Tappe corte e niente dislivelli a tre zeri, stop di metà giornata al tavolo di un pub con birra e un bel panino e quattro chiacchiere dove e con chi capita.
Facile la scelta dell’itinerario, i percorsi cicloturistici ci sono già, perfettamente segnalati con paline direzionali, corredati dal proprio numero identificativo, impressi su mappe dedicate, integrati da cartelli esplicativi e volti ad esplicare tutto quanto possa essere di interesse storico, archeologico, geologico, naturalistico.
Noi abbiamo battuto il Celtic Route Trail, pescandolo tra un ventaglio di possibili opzioni: per chi volesse qualcosa di ancora più facile, il Wales Cycle Breaks Newport and Saundersfoot promette un itinerario appagante e di tutto relax, mentre la Pembrokeshire Greenways, con una raccolta di percorsi strada e fuoristrada integrati da tutte le stazioni ferroviarie ad essi collegate, sarà pronta a soddisfare le esigenze di altri ancora.
Sulle tracce di Re Artù
Il nostro percorso fa parte del National Cycle Network, con partenza e ritorno da Camarthen, una cittadina in posizione tale da poter tracciare un buon anello che in sei giorni di tappe riesca a condurre tra campagne e mare per paesaggi, centri abitati e tracciati facili e di respiro.
Una cicloscampagnata più che un cicloviaggio, talmente bucolica da ridurre l’unico vero inconveniente alle soventi gimkane a cui si è costretti onde non affettare con le ruote le “torte” che l’animale simbolo del paese, la mucca, non manca di seminare sulle deserte strade e stradine del circuito.
Al termine di ogni tappa ci trova nel cuore di piccoli paesi adornati dalle solite casette di stampo anglosassone, in mattoni rossi o pietra grigia, finestre a quadretti in legno e portoncino vittoriano, praticello verdissimo e magari cane beagle razzolante.
Pensare che a St. David’s, manco a dirlo, appartiene l’appellativo di “città più piccola di tutta la Gran Bretagna”, con la sua aurea medievale enfatizzata dalla imponente cattedrale del XII secolo sorte sul perimetro che fu il monastero di St. David, il santo patrono del Galles. Qui arrivò niente meno che Re Artù, e due pellegrinaggi in questa terra “sante” ne valevano uno a Roma.
Fratellanza alla spina
Anche i più piccoli allineano però l’immancabile successione di pub, tutti con il classico arredo d’ordinanza: legno pregiato e ottoni brillanti, divanetti colorati e come minimo mezza dozzina di troneggianti spine di birra delle migliori qualità che si possano gustare; sono il vero punto di ritrovo degli abitanti, “centro sociale” della comunità e sovente unico diversivo di una vita scandita dai doveri quotidiani.
Tra un paesello e l’altro solo verde e muretti a secco, piccole macchie, piante, contadini tra i campi, e trattori carichi di ogni cosa. E animali: non tanto le pecore, che pure ci sono ma non certo in quantità né scozzesi né irlandesi, quanto la flemmatica consuetudine di mucche e vitelli della più varia pezzatura.
Procediamo a tappe corte, di poco superiore ai 50 chilometri la più lunga. Mica per scansarsi la fatica, per carità, o pedali o stai a casa, ma solo per darsi tutto il tempo necessario ad assorbire i luoghi e il paesaggio, con gli scatti fotografici meno frettolosi e tante piccole soste in più per tanti piccoli motivi che messi tutti assieme aumentano di molto la valigia dei ricordi. E, particolare mica da poco, sosta di mezzogiorno a fare quattro chiacchiere in qualche splendido pub affacciato sull’Atlantico con una gustosa pinta di “rossa” reintegrando le energie con un gran bel panino gonfio di ogni prelibatezza locale.
Il mare verticale
Il mare e la costa gallesi. Il tracciato non mancherà di portarvici ogni giorno, ma se avete gamba buona concedetevi qualche deviazione di pochi chilometro e, se il sole vi darà una mano, porterete a casa scatti stupendi: spiagge bianche chiuse tra scogliere imponenti dove fiori ed erba verdissima si fondono in un mix unico, intrinsecamente gallese. Come a Broad Haven, altra sede di tappa, una cittadina che è una terrazza sull’oceano, una della migliori spiagge del Pembrokeshire, uno “spot” per surfisti, dove tutt’attorno, grazie ad uno speciale programma di rimboschimento avviato trenta anni fa, crescono sia specie di alberi endemici, sia esotiche, una vera rarità in una zona del genere. Terre che ti fanno sentire al limite del mondo, oltre le quali per secoli c’è stato solo l’ignoto, abbondanti di aria fresca e vita selvaggia, di calette e di promontori cinematografici. Terra che un tempo era quella dalla quale partire, e oggi dove arrivare. Celtica, naturale, spirituale, di bellezza e pace, di pellegrinaggio anche religioso ma sicuramente cicloamatoriale.
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