Chi segue #salvaiciclisti, e mi auguro tra i lettori di questo sito siano in molti, saprà che qualche settimana fa La Gazzetta dello Sport ha concesso al coordinatore Paolo Pinzuti un blog, Velorution, per fare informazione circa la campagna sulla sicurezza dei ciclisti in atto da ormai quasi due mesi.
Chi segue #salvaiciclisti saprà anche che ieri la stessa Gazzetta ha chiuso quel blog.
Il motivo della censura è l’articolo pubblicato ieri da Paolo Pinzuti in cui il direttore di Rcs Sport Michele Acquarone, nonché capo di tutta la baracca chiamata Giro d’Italia, è stato apertamente criticato per il suo rifiuto a coinvolgere i primi cittadini dei comuni della corsa rosa nell’iniziativa “Caro sindaco”, lanciata un mese fa da #salvaiciclisti.
Senza entrare nel merito dell’articolo, è giusto chiudere uno spazio di informazione perché da questo provengono delle critiche?
Entrando invece nel merito dell’articolo, è giusto e soprattutto è conveniente che l’evento ciclistico più popolare del paese si rifiuti di sostenere concretamente una campagna come #salvaiciclisti?
Su questo ognuno può farsi un’idea leggendo l’articolo riportato integralmente.
p.s. Se c’è una cosa che #salvaiciclisti mi ha insegnato è che è inutile fare informazione senza una reale sensibilizzazione. Che senso ha parlare di cicloviaggi, piste ciclabili e biciclette, se li trattiamo solo come argomenti ludici e all’occorrenza non gli diamo una chiave di lettura più ampia e utile socialmente?
La mia opinione è: non ha nessun senso.
Buona lettura.
Gli azionisti di RCS e il futuro del Giro d’Italia
di Paolo Pinzuti
In occasione della Tavola Rotonda organizzata due settimane fa dalla Gazzetta dello Sport ho avuto occasione di scambiare quattro chiacchiere con Michele Acquarone, direttore supremo del Giro d’Italia a cui ho chiesto un intervento diretto della corsa rosa per coinvolgere i sindaci italiani su #salvaiciclisti. A seguito della sua risposta negativa e poco elegante, ho pensato bene di rendere pubbliche le posizioni del direttore di RCS sport che ha replicato al mio post a mezzo twitter:
Dopo questo tweet si è registrato il silenzio assoluto da parte di Acquarone che sembra aver colto al volo l’occasione per abbandonare la campagna #salvaiciclisti prima che questa diventasse troppo impegnativa.
Ma è stata una mossa strategicamente corretta? Cerchiamo di capirlo.
Il Giro d’Italia (cioè RCS sport) nasce nel 1909 come strumento per permettere alla neonata Gazzetta dello Sport (un giornale che parla di ciclismo) di avere un tema importante di cui poter parlare. Il Giro cresce fino a diventare l’evento sportivo più amato dagli Italiani durante il periodo del binomio Coppi-Bartali e continua ad essere seguitissimo quando il cannibale Merckx monopolizza le corse, quando Saronni e Moser creano un nuovo binomio e quando Pantani presta la faccia per l’icona di un campione fragile e determinato.
Lentamente, però, il Giro d’Italia e il ciclismo professionistico in generale smettono di interessare l’italiano medio che, gradualmente, inizia a trascurare il ciclismo a favore di altri sport. Come già sottolineato da Angelo Zomegnan la settimana scorsa, il ciclismo professionistico in Italia sta cadendo lentamente nel disinteresse e gli organizzatori delle gare più prestigiose dello stivale, invece di rivedere una formula chiaramente votata al fallimento, decidono di perpetrarla all’infinito. Gli Italiani si sono gradualmente disinnamorati della bicicletta e, di conseguenza, del ciclismo professionistico che ne è la massima espressione.
A un certo punto però irrompono sulla scena un gruppetto di ciclofili che sono riusciti a conquistare le pagine di tutti i giornali, a contagiare sempre più persone e a far entrare la bicicletta nell’agenda politica di buona parte del paese. Questi appassionati della bicicletta suggeriscono al direttore del Giro d’Italia di cavalcare l’onda creata per riavvicinare l’Italiano medio al mondo delle corse in bicicletta. Ma il direttorissimo rifiuta l’opportunità creata di far tornare la corsa rosa ad essere un evento popolare.
Con il suo tweet, Acquarone ha dimostrato non solo una straordinaria miopia imprenditoriale ma anche una totale mancanza di sensibilità sociale. Non ha capito che #salvaiciclisti non morirà a causa del mancato sostegno dal Giro d’Italia; viceversa, il Giro d’Italia difficilmente potrà sopravvivere senza un collante che ristabilisca il legame tra persone, bicicletta e ciclismo. Acquarone è pagato per massimizzare i profitti derivanti dall’organizzazione delle corse della Gazzetta, ma forse qualcuno dovrebbe spiegargli che gli anni ’90 sono finiti e che nessuno è più disposto ad investire in contenitori privi di contenuto. #salvaiciclisti poteva essere un’occasione per ricreare la sinergia tra la massa e i campioni, poteva essere il contenuto per riempire quello scatolone rosa che ormai fa rima solamente con doping.
Se fossi azionista di RCS, forse me lo chiederei: si può affidare il timone di una nave già costretta in acque difficili ad un comandante che non sa neppure da che parte tirano il vento e la corrente? Evidentemente si, ma solo in Italia.
Oscar, è proprio questo il punto: fino a quando il ciclismo professionistico non avrà nulla a che fare con i ciclisti comuni, il Giro sarà un flop ogni anno di più. A meno di ripensamenti, per la Gazza è stata un’occasione persa.
Premesso che chiudere un blog a fronte di critiche e` assurdo, secondo me quel blog non doveva nemmeno essere aperto li`.
In fondo la Gazzetta e il Giro hanno a che fare con un tipo di ciclismo che non ha NULLA a che vedere con i problemi di sicurezza o di mobilita`.
Un po’ come la F1 non c’entra nulla con i problemi di parcheggio in centro.
E penso che questo tipo di differenza ci sia anche tra i lettori di un giornale piuttosto che un altro.
Magari era meglio aprirlo fin da subito altrove…
splendido articolo, davvero.
Chiaro, corretto, efficace e ben inquadrato; non mi sorprende che l’abbiano censurato, vista la situazione italiana attuale.
Tanta amarezza, ormai, per le condizioni in cui vertiamo irrimediabilmente, soprattutto in ambito di mobilità.