Il divieto di andare in bici per le donne dell’Afghanistan è solo uno dei tanti simboli di una emancipazione femminile ancora tutta da conquistare. Secondo Shannon Galpin – fondatrice della onlus Mountain2Mountain – in alcune aree rurali del Paese si teme addirittura che andare in bici possa far perdere la verginità, una “macchia” che potrebbe “giustificare” l’uccisione della donna stessa. La trentottenne statunitense è attiva già da cinque anni con la sua associazione in difesa dei diritti delle donne (non solo afghane ma anche in altre zone di conflitto) e qualche giorno fa è volata in Afghanistan con le sei donne del suo staff per una missione molto ambiziosa: donare a cinquanta ragazze afghane caschetti, scarpe, abbigliamento e tutto il necessario per allenarsi e contendersi uno dei 12 posti disponibili in quella che potrebbe essere la squadra femminile di ciclismo alle Olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016. Contemporaneamente, la regista Sarah Menzies girerà le prime riprese per un mini-documentario di 20 minuti, “Afghan Cycles“, in uscita il prossimo autunno.
Ma quella di Shannon non è una battaglia solitaria, secondo alcuni in Afghanistan si sta sviluppando una certa sensibilità comune nei confronti della questione femminile, ed in particolare riguardo l’andare in bici un altro segnale importante è arrivato lo scorso anno dalla figlia di Abdul Sadiq, il ciclista più popolare del Paese, che dopo vari tentativi ha convinto il padre a costituire una squadra ciclistica tutta al femminile. La maggior parte delle cicliste vive a Kabul, e ha tra i 16 e i vent’anni. Superato l’ostacolo iniziale, resta però il nodo delle strade, pericolosissime in Afghanistan e che rendono gli allenamenti una sorta di roulette russa. Per questo il coach Sadiq si è raccomandato di alcune attenzioni durante le uscite in bici (scelta ponderata delle strade ed un gruppo maschile di affiancamento) e sta tentando di ottenere cyclette e rulli per allenamenti anche indoor.
La partecipazione per le Olimpiadi di Rio è ancora un’incognita: secondo Shannon Galpin è necessario un sostegno concreto dallo Stato, che potrebbe cominciare ad esempio con una rapida concessione dei visti d’ingresso al suo staff proveniente dalla città di Boulder, nel Colorado. Anche alcune aziende internazionali produttrici di bici e accessori hanno sposato il progetto e si sono offerte di sponsorizzare il team fornendo biciclette e quant’altro. Tra queste Giant, Shimano, Skratch Labs e Inertia Racing Technology. L’attivista di Mountain2Mountain, inoltre, si siederà al tavolo con l’allenatore, le ragazze e le loro famiglie per conoscere le loro motivazioni e l’impegno che metteranno per questa grande sfida. Il sogno – dice la Galpin – è vedere le ragazze afghane portare la bandiera alle Olimpiadi in rappresentanza del loro Paese. La posta in palio? Molto più di una medaglia.
Fonte | bicycling.com
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