“Eh.. lo so che te e tuo marito siete poveri, andate al lavoro in bici“.
Quello che avete appena letto è il commento fatto da una conoscente di mia moglie alle lamentele sull’arrivo della Tasi da pagare. Ora, di fronte a commenti del genere c’è chi sorride (come mia moglie), chi si arrabbia e poi ci sono io, che ci scrivo sopra un articolo. Non sono un econominista né un esperto di politiche monetarie eppure non è la prima volta che sento associare l’idea di muoversi in bici a una vaga forma di povertà economica. Vediamo di capirne di più.
Quando avere una bici era sinonimo di ricchezza.
Mio nonno Mario non ha fatto la guerra, poiché ultimo di cinque fratelli (tra l’altro nessuno sopravvissuto). Negli anni del conflitto venne assunto alla Breda di Sesto San Giovanni, cittadina a ridosso di Milano, come tornitore specializzato. Produceva proiettili. All’epoca mio nonno viveva a Seregno, qualche chilometro a nord di Monza e tutte le mattine, con la pioggia o con il sole, con il freddo o con la neve, saliva in sella alla sua Umberto Dei Imperiale con i freni a bacchetta e un singolo pignone e percorreva i venti e passa chilometri che separavano Seregno – Sesto. E poteva farlo solo perché aveva quella Dei Imperiale, perché mezzi pubblici erano inesistenti ed auto e moto erano state espropriate e mandate al fronte. Possedere una bicicletta aveva reso mio nonno un uomo ricco, poiché poteva permettersi di andare a lavorare e percepire uno stipendio con il quale mantenere la famiglia.
In quel periodo dunque possedere una bicicletta era sinonimo di ricchezza, poiché era l’unico mezzo disponibile per muoversi in fretta e su lunghe distanze. Emblematico è il film “Ladri di biciclette”, dove l’attacchino protagonista della pellicola subisce il furto della sua bici e si dispera, poiché senza mezzo meccanico non poteva lavorare. Figuratevi che nonno Mario teneva la bicicletta in casa, legata al tavolo del soggiorno, per paura che gliela rubassero.
Poi è arrivato il boom economico, il benessere generale e nei desideri degli italiani la Fiat 600 ha sostituito la bicicletta, divenuta improvvisamente un mezzo per bambini o per appassionati della domenica.
Quando muoversi in bici divenne “roba da poveri”.
Visto che questa non vuole essere un’analisi del nostro paese e della sua storia, bensì del ruolo della bici, vi parlerò di un paese che ha sempre rimandato alla mente l’immagine di milioni di ciclisti lungo le strade: la Cina. La prima volta che sono andato a Shanghai per lavoro, sono rimasto stupito dalla totale mancanza di bici in giro per la città. Chiesi quindi spiegazioni all’interprete, che sorrise e disse:
“Quella è una cosa del passato, dei tempi di Mao. Ora nessun cinese vuole girare in bici, perché è una cosa da poveri”
Esattamente com’è successo da noi, in Cina il benessere economico ha permesso ai cinesi di acquistare un’auto di proprietà, dimenticando le due ruote in cantina. Anzi, la bici ha iniziato a rappresentare il legame con un passato “da poveri”, un’epoca della quale vergognarsi. Perché, così come gli italiani, anche i cinesi sono convinti che per mostrare la propria ricchezza basti acquistare il SUV più grosso e inquinante sul mercato. Il risultato di questo benessere diffuso, molto evidente nelle città dell’estremo oriente, è una nebbia grigia che non si dirada mai. No, non è umidità: è smog, che costringe la popolazione a girare con le mascherine per non respirare le polveri sottili. Ne varrà la pena?
E ora?
Smentendo i proclami del nostro governo posso affermare, da cittadino comune, che la situazione economica italiana non sia fiorente e che tutte le famiglie cerchino di tagliare le uscite supreflue. Eppure pochissime pensano di eliminare la prima fonte di spreco di denaro: l’auto. Questo perché nell’immaginario comune l’automobile è sinonimo di benessere acquisito, un bene primario come l’aria o il cibo. Poi ci sono quelli come me e tantissimi altri italiani, che hanno deciso di tornare alla bicicletta, ripercorrendo le anonime gesta di nonno Mario e di milioni come lui. Questa scelta controcorrente è stata vista, parlo per esperienza personale, come una palese dimostrazione della mia (presunta) ristrettezza economica. Pensate che mi è stato proposto un prestito da un conoscente, così mi sarei potuto permettere un’auto per andare al lavoro dignitosamente e smetterla di muovermi con quella cosa a due ruote, che si fa pure fatica, pensa te. Avrei potuto rispondere che esistono bici che costano come auto, ma credo sia inutile combattere contro i mulini a vento.
Tralasciando l’effettivo guadagno in termine economici e di salute, che sono stati più e più volte dimostrati e raccontati, vorrei cercare di capire perché l’uso della bici venga associato alla povertà economica. La mia idea, personalissima e discutibile, sta nel fatto che non ci sia cosa più fastidiosa dell’apparire poveri agli occhi della comunità, nel dare l’idea di una persona (o di una famiglia) che non se la passa bene e l’auto serve proprio a questo: a dimostrare di non avere problemi di soldi. Più è grande, più consuma, più noi appariamo benestanti, anche se poi non riusciamo a mantenerla. Per cui chi sceglie la bici, sbattendosene altamente della morale comune, fa paura perché alla resa dei conti nessuna auto potrebbe reggere il confronto in termini di qualità della vita. Ed è per questo che continuerò a muovermi in bici, anche se dovessi sembrare un ciclista povero.
Probabilmente l’associazione tra bicicletta e povertà è solo frutto della miseria intellettuale, però vorrei lasciarvi con una frase di Pericle, lo statista ateniese dell’antichità. E’ tratta dal suo discorso tenuto all’inaugurazione del Partenone:
“La povertà di per sé non è una condizione vergognosa. Vergognoso è il non darsi da fare per migliorarla”.
Buone pedalate a tutti, benestanti o no, siamo tutti sulla stessa strada.
complimenti ottima analisi… se solo i nostri politici riuscissero a comprendere che spingendo il made in italy nel settore bici forse potremmo uscire dalla crisi molto prima di quanto loro possano lontanamente pensare …
tempo fa, in un gruppo facebook di consigli su come risparmiare e arrivare a fine mese, ho raccontato la mia esperienza di aver rinunciato all’auto e i conseguenti vantaggi economici, evidenziando il fatto che poca gente si renda conto di quale spesa comporti il possesso e l’uso della macchina. sono stato sommerso da improperi e offese perché effettivamente questa viene vista:
1. come un diritto inalienabile
2. una necessità assoluta.
questo senza un minimo di ragionamento o empatia nel voler considerare anche il fatto di poter vivere senza.
Mi rattrista un po’ questo antagonismo “bici vs macchina”.
A me piacciono entrambe, sono felice di usare la bici per venire al lavoro, e sono contento di guidare la mia macchina nel weekend per le gite fuori porta. Quando vado in bici cerco di non infastidire inutilmente altre macchine, quando guido la macchina cerco di rispettare i ciclisti e di non metterli in pericolo. Sono forse Dottor Jekyll e Mr Hyde?
Penso che il popolo italiano dovrebbere imparare ad uscire dai preconcetti e cliche’ tipici della lotta di classe di altri tempi.
Come diceva Gaber..? “Una bella minestrina è di destra
il minestrone è sempre di sinistra…”
Come buona parte dei ciclisti urbani io, comunque, la macchina ce l’ho. Ma la uso solo quando serve davvero. E poi andare in ufficio con l’auto quando magari lavori a 5-6 km da casa è pura follia e, tra l’altro, con la bici arrivi mooooolto prima.
ieri in critical mass a bari un tipo in mercedes ci ha apostrofato con sfigati quando lo sfigato era lui che dovrà perdere ore e soldi per parcheggio e benza
Sono basito!
Ma avete idea di quanto costa una bicicletta? Io uso spesso la bicicletta in giro per roma… soprattutto per andare al lavoro… faccio 25 km ad andare e altrettanti tornando attraversando tutta Roma… per fare queste percorrenze sulle strade romane devi avere una bicicletta che:
– frena bene
– con geometrie corrette
– componentistica di un certo livello
– confortevole
– veloce
Spesa prevista 700/1000 euro… alla faccia dei poveri… chi si può permettere 1.000 euro di bici.. non muore di fame…
Certo ci sono pure bici da 300/400 euro… ma permettono quello che costano…
Non posso dire che a Roma puoi levarti l’auto… o lo scooter… sono mezzi indispensabili in una grande città.. anche solo per un discorso di “emergenza”, ma è realisticamente possibile affrontare la routine quotidiana in bici.
Ah.. dimenticavo… sento molto me
…meno la pericolosità delle auto in bici che in scooter…
Ciao
Posso dire che anche a me andando a lavorare in bici mi danno del povero,comunque noto sempre piu persone che di prima mattina inforcano la bici da corsa per recarsi in cantiere.
Interessante articolo. Ho vissuto in Africa, dove una bici in ferro battuto cinese da 25 kg è effettivamente una ricchezza, ti permette di risparmiare sui trasporti pubblici e arrivare in orario (vivevo in una grande città) Eppure è la prima cosa che gli africani abbandonano, se appena ne hanno la possibilità. Qui in italia non ne parliamo, dove abitavo prima i mei vicini, una coppia che lavorava nello stesso posto, partiva la mattina per percorrere i 2 km scarsi! (da contakilometro) con due macchine! A me capitava di uscire allo stesso orario loro, e immancabilmente li superavo mentre erano in coda. Entrambi dopo il lavoro andavo , sempre in macchina, in palestra.. chissà se facevano anche la ciclette..
sono di Roma e giro spessissimo in bici (x lavoro e x svago), raramente con i mezzi, e mai con la macchina (che non ho).
Siamo in pochissimi a usare la bici (molto meno dell’1 per cento).
Quasi tutti usano la macchina e molti si stupiscono che possa vivere senza auto.
Essere senza auto è come non avere un braccio.
Molti mi dicono “quando ti comprerai un auto?? come fai a farne a meno???”
Per loro è’ irrinunciabile. Non potrebbero vivere senza. La bici è un mezzo da poveri e da sfigati.
Ho viaggiato un pò all’estero e nel nord Italia e devo riconoscere che lì la mentalità è molto diversa.
Tanti anni fa un’amico mi disse che chi poteva permettersi di andare al lavoro in bici è ricco.
Vado al lavoro e a portare il bimbo all’asilo con la bici da 3 anni.
Però mai qualcuno ha sospettato fossi povero per questo; Mi danno dell’esaltato, del fanatico, del comunista (???), dell’ecologista ecc ecc ma mi considerano tutti un privilegiato, considerando il delirio che si sparano i colleghi in auto o con le FS…..
Penso che ormai sia inappropriato parlare di crisi economica; direi piuttosto che questa sia economia reale mentre prima era economia dopata. Quanto alle bici, se consideriamo che in Germania il PIL generato dal settore ciclo è stato negli ultimi anni circa il 10% del totale nazionale, seguendo la logica dei più mi verrebbe da pensare che loro se la passino peggio di noi… invece in molte città tedesche ed in generale nel Nord Europa si circola meglio e si vive meglio proprio grazie al diffuso uso delle due ruote, anche in combinazione coi mezzi pubblici. Quello che manca di più da noi in Italia è la forza di crederci e di investirci…
Meditate amministratori, meditate…
a proposito: al solo scopo di rinsavirci personalmente mi auguro che la crisi economica e,nel mio caso,di salute, persista. anche io ho partecipato al vivere sopra le nostre possibilità e il risultato non è stata la felicità o almeno la letizia, ma un mondo con parecchia gente persa di testa. non è male ricominciare con la bici
è un argomento dove sono ferrato :-) . ebbene si io in bici ci sono rifinito per problemi economici legati a problemi di salute. da un anno non ho più la macchina. decisione abbastanza forzata. come dici nell’articolo: è la cosa che costa di più e se c’è da tagliare si taglia anche la macchina. (ci sono alcuni che preferiscono essere più miseri ma tenere la macchina e sacrificarsi per essa). cosa voglio dire: avendo viaggiato un pò in bici ho imparato ed apprezzato la sobrietà del vivere e a quanto questo ci possa spalancare. risultato: ci sono arrivato un pò obbligato ma sono molto più contento di prima tanto che ci ho creato pure un blogghettino con tanto di manifesto
http://ilbiciclismo.wordpress.com/2014/02/13/manifesto-del-biciclismo-2/ .
ma come ebbi a sostenere un pò di tempo fa con paolo pinzuti tutto è iniziato in quegli anni lì sessantottini. io ho quell’età e fummo noi 68ini dopo qualche manifestazione a cominciare a dire,a pensare, a fare come i cinesi di oggi: la bici è da sfigati ci vuole la macchina. faccio notare che la mia generazione ha abbattuto la dc, ma per come vanno le cose adesso (ci sono i figli dei 68ini adesso al governo), ce la fanno un pò rimpiangere.
Complimenti per l’articolo. Anch’io, ormai da anni, mi muovo praticamente sempre in bici, qui nella ridente Milano. Confrontandomi con colleghi pendolari (io ho la fortuna di lavorare nella città in cui vivo) osservo però anch’io che in alcuni di loro si sta radicando la consapevolezza che chi si muove in bici, ad es per andare al lavoro, è un privilegiato, più che uno sfigato. Altri vivono in un altro secolo, e lo dice un ‘ragazzo’ nato nel pieno del boom economico degli anni 60 …
Ciao Stefano,
mai come oggi in Italia c’è la paura di apparire colpiti dalla crisi, e si fa di tutto per mostrare il contrario. E rinunciare all’auto per la bici sembra essere il primo stadio di questo “caduta” verso l’indigenza. Anche se a me le auto sono sempre state sui maroni e quando vedo la gente in colonna mentre io sfreccio a lato mi fanno tenerezza.
Che poi, a ben vedere, la stragrande maggioranza della gente che va a lavorare in bicicletta la macchina non è che non ce l’ha. Va in bici perchè ha capito che conviene, da molti punti di vista (risparmio, salute, spesso è più veloce e si parcheggia facilmente, ecc. ecc.).
Questo articolo, confesso, un po’ mi stupisce perchè, mi sembrava che questo preconcetto fosse stato superato negli ultimi 10 o 15 anni, con il notevole aumento di ciclisti urbani sulle strade, spesso anche ben vestiti (e in qualche città del nord addirittura additati dal “proletariato auto-munito” come “fighetti”).
Io ho cominciato ad usare la bici in città ad inizio anni ’80, quando non era per niente “figo”, quando eri effettivamente additato come un poverello o comunque “originale”, però ho notato negli anni un superamento di certi preconcetti.
Evidentemente l’Italia è più lunga di quel che pensavo e, tra città e città, tra regione e regione, esistono atteggiamenti culturali molto diversi.
Il nesso tra un oggetto o un simbolo e il benessere economico di un individuo è, come dici, sintomo di grande povertà intellettuale. Abbastanza classico in Italia con lo sfoggio di marche di lusso come fossero un riassunto
Che poi nel 2014 si applichi questo nesso bici-povertà risalente a 50 anni fa è veramente assurdo da lobotomizzati.
Un ragionamento da poveri ;)