Giappone in bici (parte 3)

Giappone in bici (parte 3)

leggi anche parte 1 e parte 2.

15° e 16° Giorno Hiroshima-Miyajima

Visitata Hiroshima in mattinata, ora sto campeggiando in solitaria in un bosco a 3 km dalla cittadina e mi godo la mia spiaggetta privata sull’isola di Miyajima. È davvero un’ esperienza incredibile, completamente solo e al buio su quest’isola. Passerò anche la giornata di domani a Miyajima e farò un po’ di hiking esplorando l’interno dell’isola!

17° Giorno Miyajima-Shimanami Kaido

Shimanami Kaido – Dopo l’ultima notte sull’isola di Miyajima, mi sveglio verso le 6 per fare colazione nel bosco prima di partire. Arriva un cervo e condivido con lui il cibo. Poco dopo un altro, poi un altro e un altro ancora. Iniziano ad essere impazienti e puntare la mia busta di Kit Kat. Quindi mi alzo e inizio ad indietreggiare molto lentamente verso la bici pronta per la partenza. Difronte ho una decina di Cervi carichi di zuccheri. Quando, vedo un cervo con le corna, bello grosso, discendere la collina e puntare la mia busta a tutta velocità. A questo punto lancio la busta in aria, una pioggia di Kit Kat e nella ressa creatasi inizio a correre verso la bici! Fu così che lasciai l’isola di Miyajima inseguito da cervi in astinenza da zuccheri. Dopo la tranquilla mattinata ho fatto rotta verso Onomichi (città dove parte la pista) percorrendo la costa ho attraversato una zona del Giappone molto brutta. Soprattutto Kure, una delle città che ho attraversato lungo la costa, che definirei la città che meno mi è piaciuta finora. Tanto smog, palazzi fatiscenti e una galleria di 5km in cui mi si sono infiammati gli occhi per l’aria inquinata. Alla fine della giornata mi fermo a Takehara. Il giorno seguente la Shimanami Kaido è vicina, raggiungo Onomichi in mattinata. Ma non trovo nessuna ciclabile, allora decido di arrivare nella prima isola attraverso il ponte sulla superstrada. Arrivato sull’isola dopo tante indicazioni, scopro che in realtà la ciclabile parte dal ponte che collega prima e seconda isola. Finalmente imbocco la Shimanami Kaido. Davvero una ciclabile da sogno : si passa in fitte foreste, ponti, villaggi delle varie isole, foreste di bambù e coste frastagliate. Ora sto campeggiando nella penultima isola, vicino il ponte che mi porterà nell’ultima isola della Shimanami Kaido.

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18° Giorno Shikoku

Cinghiali! – Dopo aver lasciato la Shimanami Kaido percorro i primi 80 km nello Shikoku. Una terra selvaggia e montagne imponenti. Vedo anche un paio di Henro che girano gli 88 templi dello Shikoku a piedi. Dato che oggi voglio azzerare i rischi decido di andare a dormire per la prima volta in Giappone in un Camping. Lungo la strada vedo un paio di cinghiali, ed una volta arrivato al camping essendo fuori stagione non c’è nessuno. Piazzo la tenda dove un ruscello separa il camping dal bosco ed inizio ad avere una strana sensazione. Sento che qualcosa non va, non mi sento sicuro e per la prima volta avverto un po’ di paura a campeggiare da solo. Mi preparo per dormire, passano 4 ore, ma non riesco a prendere sonno, questa sensazione di pericolo non mi abbandona, non mi lascia riposare. Poi a notte fonda sento dei passi nell’acqua, immediatamente passo da sdraiato a seduto e prendo la luce. Mi concentro sull’udito e lo sento : è un grugnito. In un secondo metto le scarpe e balzo fuori dalla tenda. 2 secondi, il tempo in cui punto la luce e vedo un branco di cinghiali caricarmi! Da buon centometrista faccio quello che mi riesce meglio, corro! Corro zigzagando per disorientarli e poi dritto più forte che posso. Percorro a tutta velocità la strada di montagna, non mi giro dietro per non perdere velocità, ma sento il loro rumore. Quando il rumore cessa non mi fermo e continuo a correre fino ad un market distante dal camping un paio di km. Arrivato al market spiego la situazione disegnando e mi faccio accompagnare al camping. Recupero tutto, ricarico la bici e si parte alla ricerca di un hotel. Il più vicino a 3 km. Arrivo ma è strano non trovo l’ingresso. Chiedo ad un giapponese nei pressi, dal viso molto allegro e con tre bottiglie di spumante al seguito. Con un ottimo inglese mi dice: ”Questo non è un hotel per te, molto costoso, ho tre ragazze in camera, se hai soldi prendi una stanza ti divertirai”. Sono capitato in un Hotel a ore Giapponese, stanco e abbattuto riparto alla ricerca di un nuovo hotel, il più vicino a 2km e sorpresa sorpresa ancora un hotel a ore! Inizio a pensare seriamente che lo Shikoku sia un enorme bordello. Sono veramente stanco, tutta la giornata a pedalare, cinghiali, e ora non c’è un hotel dove dormire. Non demordo, nuovo hotel a 7.5km. Strada tremenda, buio pesto, dopo 40 minuti raggiungo l’hotel ed è pieno. Un hotel di 10 piani pieno! Oggi il destino ha voglia di prendermi in giro! Nuovo hotel a 1km e finalmente una camera! Dopo 2 ore a pedalare al buio si conclude così la giornata più lunga in Giappone, con il paradosso che per cercare una notte sicura ho corso il pericolo più grande da quando il viaggio è iniziato.

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19° e 20° Giorno Tokushima-Wakayama

L’ultima corsa – Lo Shikoku interno è completamente diverso dal resto del Giappone. Non ci sono Market o altri segni occidentali, ci sono solo: piccole città, templi, Henro e le foreste più estese che ho visto finora. È un ambiente che stimola l’avventura e nonostante le tante salite non mi sento stanco, anzi non mi sentivo così carico di energie dai primi 1000km! Dopo aver percorso 150 km nella giornata di ieri, nella mattinata di oggi mi trovavo a 130 km da Tokushima e il traghetto per il Kansai. Percorsi i primi 30km e raggiunto il fiume Yoshino verso le 8:15, mi sono fermato a fare un po’ di foto. La gola del fiume è uno dei luoghi più belli dello Shikoku e da qui in avanti dovrò seguirla fino a Tokushima. Oltre a fare le foto decido di controllare i km e decidere se sono in grado di raggiungere le cascate di Nachi! Quello che scopro non è confortante, una volta raggiunto il Kansai dovrò percorrere 400km in tre giorni. Nelle mie attuali condizioni dopo quasi 2500km è un azzardo troppo grande, c’è solo una soluzione : raggiungere Tokushima il prima possibile, prendere il primo traghetto e continuare a pedalare il più possibile verso Nachi. Dato che raggiunta la gola del fiume le montagne presto finiranno e non ci sarà nulla da vedere, verso le 8:30 mi preparo a percorrere 100km senza soste e assumendo calorie in movimento! È ora di vedere effettivamente quante forze mi restano, inizio a pedalare più forte che posso. Quando mi fermo per rifornirmi di acqua sono a 44km da Tokushima e sono letteralmente a fuoco, pedalare così forte con questo sole ha alzato di molto la mia temperatura. Mi bagno i capelli, ricarico le borraccie e riparto! Avere un obbiettivo mi aiuta a non sentire la stanchezza, di fatto per tutta la corsa non ho avuto nessun problema. A 1 km dal porto vedo un cicloviaggiatore che viaggia in senso contrario, può significare una sola cosa, il traghetto è appena arrivato. Mi alzo sui pedali, marce al massimo e quando arrivo al porto è tardi, il traghetto è partito, perso per 5 minuti! Aspettare il prossimo mi farà arrivare Wakayama alle 7 di sera e nessuna possibilità di pedalare. Dato che arrivare a Nachi è diventato impossibile o molto rischioso ho deciso di tornare a Nara, visto che il primo giorno mi ero perso il Buddha del toda-ji (il più grande del Giappone), dopodiché visiterò Osaka che non avevo inserito nell’itinerario, poi raggiungerò l’aeroporto!

21° Giorno Wakayama-Koyasan-Nara

La prova del Koyasan – Ieri sera ho dormito in un ostello e ho fatto la conoscenza di un ragazzo tedesco. Così come gli Henro anche lui ha girato gli 88 templi dello Shikoku a piedi. E adesso gli restava soltanto la salita al monte Koya. Quando gli Henro completano il circuito dei Templi come ultima prova raggiungono la vetta del Koya, uno dei luoghi più sacri del Giappone. Il mio obbiettivo giornaliero è di raggiungere Nara, distante un centinaio di km, e passerò proprio sulla strada montana parallela al Koya. Dopo una colazione rapida parto verso le 6:30 e inizio a percepire un po’ di vento. Appena giunto alla salita del Koya, il vento diventa fortissimo e incessante. La salita si fa durissima e appena mi trovo parallelo al Koya realizzo che il vento proviene proprio dalla montagna. Non è una buona notizia, perché la montagna si trova a nord ed io oggi dovrò pedalare sempre verso nord. Le raffiche sono di circa 30km/h, tutto il giorno a pedalare sotto sforzo. Quando inizio a raggiungere strade già percorse, i ricordi riappaiono come flashback. In particolare ricordo i punti dove mi sono fermato per mangiare e le salite, quelle sono difficili da dimenticare. A 8km da Nara il vento mi ha stremato, non riesco più a pedalare, devo ricorrere al doping, che nel mio caso è la musica dubstep, la mia arma segreta quando sono esausto. Così riesco finalmente ad arrivare a Nara, verso le 17:30, 11 ore in bici e una delle giornate più dure.

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22° e 23° Giorno Nara-Osaka

Una Passeggiata – Dopo aver rivisitato Nara verso le 10 parto alla volta di Osaka. Con 35 km di distanza in linea d’aria, mi aspetto una giornata tranquilla, una passeggiata. Infatti, la strada più brutta da percorrere in bici mai trovata. In 35 km la più alta densità montuosa, non potendo percorrere le strade ad alta velocità, sono costretto a prendere vie secondarie e scalare tutti i monti fino alla cima. I km diventano 60 e quando finalmente raggiungo l’ultima vetta e sogno una docile discesa ad Osaka, la strada di montagna diventa una superstrada. Non ho altra scelta, mi butto nella discesa, il più defilato possibile per non farmi investire e appena trovo un uscita scappo da quell’inferno. Finisco in un cimitero per cani, si, un cimitero per cani, da cui vi è una bellissima vista sulla città! In oltre scorgo una rapidissima discesa verso Osaka, comunque più sicura della superstrada. Raggiunta Osaka non mi pare granché, ma quando cala la notte la città si trasforma. Le città giapponesi che ho visitato finora verso le 7 sono spente e deserte, Osaka al contrario luci e persone ovunque, percorro 25km durante la notte, visitando tutto il centro. È una città molto semplice da girare in bici, ricca di negozi aperti anche di notte. Di giorno appariva come una città fredda, di notte con le tante luci di colore diverso è piacevole e divertente da girare, oltre che sicura come tutte le città in Giappone.

24° e 25° Giorno Osaka-Izumiasano

Pedalando verso casa – Stamattina è una giornata diversa dalle altre, ho solo 50 km da pedalare e la certezza che saranno gli ultimi km percorsi in Giappone! Domani ho l’aereo che mi riporterà a casa, non mi resta che pedalare verso l’aeroporto e passare la notte in un Hotel nei pressi. Pedalare verso l’aeroporto può sembrare triste, pedalare verso la fine dell’avventura e la chiusura del cerchio. Ma dopo un mese vissuto così intensamente l’aeroporto assume una simbologia differente. Pedalo verso casa, verso la famiglia, verso gli amici ed è una sensazione piacevole. L’avventura o il Giappone non mi mancherà, perché porto con me i ricordi di un mese incredibile e di tutte le persone conosciute. Poi ci sono i ricordi più fisici, torno a casa con un dente scheggiato, una cicatrice, ma stranamente è nelle giornate più dure che ci sono ricordi più belli. Perché alla fine è nelle giornate più ardue che ho trovato chi mi ha dato una mano o ospitato in casa sua. Porto tanto con me e spero di aver lasciato altrettanto alle persone conosciute. Ho percorso 2800km in 25 giorni più 1 giorno di riposo e due di aeroporto. Sono tanti km e possono sembrare pesanti, ma vissuti giorno per giorno sono stati leggeri, ed ogni km percorso in questo viaggio nasconde un ricordo che mi tornerà in mente durante la vita.

Tornato a casa cosa resta di quest’avventura?

Il Giappone è stata una piacevole scoperta. Osservato dalla prospettiva della bicicletta non stanca mai, il paesaggio è sempre montuoso e diversificato. Ho attraversato infiniti agglomerati urbani, tali da estendersi fino alle vette dei monti, ho pedalato a testa bassa nelle disastrate strade delle vaste zone industriali, sgomitato nel fitto traffico giapponese e al contrario percorso isolate strade montuose, culminanti alle volte in fitte foreste tali da oscurare il sole, a volte in sereni villaggi e colorati campi agricoli. Ho inseguito incantevoli fiumi dalle formazioni laviche che arrendevolmente mi accompagnavano in vaste vallate, ho sfidato le imponenti Alpi giapponesi, minacciose quando, osservate a distanza, mi coprivano l’orizzonte, vistose una volta percorse. Altre volte ho esplorato per spirito d’avventura strade ignote, come il giorno in cui mi ritrovai in un piccolissimo villaggio sulla vetta di un monte, la cui unica via d’uscita era una cupa stradina completamente oscurata dagli alberi, che discendeva il monte seguendo un ruscello, e non sapendo dove sarei finito mi sentivo allo stesso tempo affascinato e smarrito. Ho perlustrato le tropicali isole giapponesi con il loro mare turchese, altre volte smeraldo. Ho zigzagato tra i semafori delle metropoli giapponesi e mi sono perso tra i dislivelli dello Shikoku centrale, con i suoi templi, gli avventurosi Henro, le vallate dei fiumi e le montagne rassomiglianti a pareti di un labirinto, susseguendosi l’una dietro l’altra. Ho rotto il respiro quando dopo tante ricerche mi sono trovato dinanzi il Fuji.
Il fascino del territorio giapponese è questo, la diversità.

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Il Giappone è stato anche una sfida con me stesso, il primo viaggio in bici da solo, la prima avventura campeggiando in solitaria.
Ho viaggiato spesso da solo, in vari stati europei, ma mai un’avventura del genere.
Non sapevo se avessi avuto paura, e se ne fossi stato capace, ma alle volte nella vita non bisogna darsi possibilità, devi salire sul trampolino e dimenticarti della scala. Cosi mi sono tuffato, ho viaggiato e campeggiato da solo. E non ho mai avuto paura, ho vissuto la condizione di incertezza, dovuta al non sapere fino al mattino se il luogo che avevo scelto per accamparmi fosse di fatto sicuro, come una condizione da accettare per vivere il viaggio in completa libertà. E la libertà scaturente dal non avere mai un luogo certo per dormire mi ha regalato un esperienza incredibile, mettendomi in contatto con le persone, che con grande sorpresa invitavano uno sconosciuto nelle loro case, offrendogli un letto, cibo, doccia calda ma soprattutto una lezione di vita.
Quei momenti mi hanno regalato una sensazione di calore, la stessa avvertita una volta tornato a casa. Questa sensazione mi ha fatto capire che ciò che avvertiamo quando siamo nelle nostre case, nella nostra famiglia, non ha confini. E’ nel semplice e gratuito gesto di offrire senza ottenere nulla in cambio, quello che fa un padre per un figlio.

Commenti

  1. Amedeo ha detto:

    Meraviglioso! Io ho fatto shimanami Kaido e Irohazaka, ma tu sei un grande!

  2. Paolo ha detto:

    Bellissmo racconto.
    Ho percepito le emozioni che hai provato e subito il fascino di un’avventura in solitaria in una terra cosi’ lontana e diversa.

    Nell’isola Shikoku ci vive un’amica e ha dovuto chiedere il permesso per installare trappole e barriere contro i cinghiali che sono ovunque.

    1. Roberto ha detto:

      Ciao Paolo,
      Grazie! Mi fa piacere che ti è piaciuto.
      Lo Shikoku è davvero selvaggio, ci sono pochi turisti e market, ma di certo non mancano i cinghiali.
      E’ bello per questo, è molto diverso dal resto del Giappone.

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