Profumo di libertà pedalando tra i lidi ferraresi

Primo giorno

Due giornate d’estate – 5 e 6 luglio 2016 – per visitare in bicicletta i lidi ferraresi. Mi servo dell’antica linea ferroviaria locale che collega Venezia a Adria per raggiungere quest’ultima. Salgo sulla prima corsa della giornata, anche se il trasporto bici non è previsto, il personale mi permette di far accomodare la compagna vicino a me nel corridoio… la carrozza è vuota quindi il disturbo è minimo.

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Seguo il Po in direzione di Massenzatica per incontrare e conoscere una nuova strada e una nuova località
. Varie sfumature di verde mi circondano nella sterminata campagna, alti pioppi all’orizzonte, vari appezzamenti subiscono l’intervento di vomeri, frese e altri attrezzi, trainati da potenti trattori impegnati a rendere fertile madre terra che generosamente, nonostante i maltrattamenti, continua ad amarci offrendoci i suoi doni. Il canale scorre a fianco separato da una striscia erbosa, retta innanzi a me si estende la via. Non esito e interrompo la pedalata solitaria per cogliere questa immagine.

L’aria fresca del primo mattino s’intiepidisce, i raggi del sole si fanno sentire sulla pelle, ma inaspettatamente un duplice filare di ippocastani, in mezzo a tanta campagna, mi protegge per un bel tratto.

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Ecco Lido di Volano (Comacchio) l’obbiettivo primario di questo viaggio, sono curioso di esplorare le spiagge di questa parte della costa adriatica, visto che fino ad oggi ho trascurato questi luoghi e guardando la cartina ho ricevuto l’invito… il richiamo.

Uno stimolo sempre più intenso, quasi un chiodo fisso, la mente lavora, il desiderio di andare s’intensifica, accende l’entusiasmo. Tra le strutture abitative e il mare la pineta, accessibile e transitabile in bicicletta. A tratti la costa sabbiosa e dolcemente degradante si eleva decisamente. Una scogliera artificiale fa da argine all’irruenza del mare e permette di dominare dall’alto lo sprofondare dei massi nell’acqua. Il porto canale di Porto Garibaldi, molto suggestivo e folcloristico, mi obbliga in Statale per attraversarlo. Rientro dopo un chilometro, susseguono vari lidi, tra i quali Lido degli Estensi con una particolarità: l’ingresso alla via centrale, nonché area pedonale, attraverso una porta monumentale, oltre la quale incontro vari obelischi, un piccolo pantheon, hotel, ristoranti, bar, negozi ai lati del viale, come consuetudine. Bevo una birra ed esco dal centro per un’analoga porta. Ultimo, Lido di Spina e ancora costretto in Statale, per sette chilometri.

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La zona boschiva della Riserva Bellocchio e del Podere Patrignani mi tengono lontano dal mare. Non mi dispiace il traffico, anzi, i mezzi pesanti creano uno spostamento d’aria favorevole che mi aiutano a mantenere una buona andatura, la carreggiata è larga, lo spazio oltre la linea che la delimita è abbondante permettendomi di procedere in sicurezza sulla banchina, in men che non si dica ritorno alla natura: campagna, tanta campagna, distese a perdita d’occhio di grano mietuto, gabbiani in cerca di cibo che si levano in volo al mio passaggio, nel lungo rettifilo prima di raggiungere la costa.

Piacevole è la ciclabile fiancheggiata dal susseguirsi di coloratissimi oleandri che la isolano dalla strada da un lato, dall’altro la pineta. Pedalo e odoro la miscela di profumi inebrianti: profumo di libertà!

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La visione della laguna e le indicazioni per il capanno di Garibaldi invitano a sentimenti romantici, ma volgendo lo sguardo al lato opposto, il continuo viavai di autotreni, sulla strada parallela, della vasta zona industriale, contrasta prepotentemente con la sensazione nostalgica, desidero raggiungere al più presto il centro di Ravenna. Tra pranzare o pedalare opto per il gelato, mentre attraverso l’area pedonale della città.

A metà pomeriggio concludo la tappa all’agriturismo “La Casina” in un bel contesto, nelle immediate vicinanze del Lido di Classe. Un cancello, un vialetto fiorito e alberato, a destra la struttura principale in muratura con annesso ristorante, a sinistra alcuni cottage in legno oltre i quali c’è la piscina, più in fondo il campeggio di modeste dimensioni. Il cottage numero uno è il mio, come il panino che mi faccio preparare, accompagnato dalla birra più buona del mondo. Velocemente deposito i miei cenci, faccio il bucato, indosso il costume, prendo l’asciugamano, salto in sella e corro in spiaggia a godermi le ore di sole rimaste. Il mare è invitante, non indugio mi immergo e vi rimango per un bel po’.

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Conosco un alpino lombardo in vacanza, ci raccontiamo di viaggi, di scalate, dell’avventura più avventurosa quale è la vita e chi più ne ha più ne metta… vecchi siamo e ne abbiamo da dire. Girovago per i sentieri della pineta che divide la campagna dalla spiaggia, per il piacere di esplorare, alla ricerca di gnomi e fate nel bosco incantato, prima di rientrare. Di gnomi e fate nemmeno l’ombra, ma una spina magica è riuscita a trafiggere il copertone, la fascia antiforatura, la camera d’aria e regalare la libertà all’aria imprigionata. Dopo cena provvedo alla riparazione e collaudo l’intervento con un giretto fino alla battigia… osservo le stelle nel cielo, ascolto l’eterno movimento del mare scrutando l’orizzonte a malapena visibile nel buio.

Secondo giorno

Sorge il sole, la luce penetra la stanza; non chiudo mai le imposte mi piace molto che le prime luci del giorno salutino il mio risveglio: “Buongiorno giorno!”… è ora di andare.

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La Riviera Romagnola non offre alcuna sorpresa, per chi, come me, l’ha percorsa più volte, alla lunga diventa monotona, se non fosse per la bellissima pineta di Pinarella, molto curata, dotata di percorso vita attrezzato e ciclabile. Le rinomate e famose località si susseguono senza interruzione, non sempre si riesce a stabilire il confine… Cesenatico, Rimini, Riccione, tanto per nominare le più conosciute, giungo a Cattolica e qui per la prima volta dirigo a Gabicce.

Tornante dopo tornante salgo al monte, sosto per ammirare il degradare della fitta macchia boschiva lungo il crinale del promontorio. Rotola il mio occhio sulle folte chiome, precipita sulla pianura, segue l’arenile tra gli ombrelloni degli stabilimenti balneari, finché l’estremo lembo di terra che contiene l’ampia baia si perde nel mare.

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In quota la strada serpeggia, sale e scende, ad un bivio mi butto giù per una ripida discesa, in pochi minuti raggiungo la statale Adriatica, la strada, molto larga, sale tra le verdi colline al valico di Siligata, tappa obbligata al termine della salita. Cerco la fontanella semi nascosta in un angolino a fianco al punto di ristoro, per rinfrescarmi… sotto con la testa senza un minimo di esitazione e poi al bar per la birra. Indugio seduto sotto il portico, mentre gusto la bibita contemplo e medito, osservo il colmo del dosso, la bella discesa, la curva in fondo al rettilineo, ricordo i precedenti passaggi… mi perdo nei pensieri. Usufruisco della bella ciclabile cittadina di Pesaro per recarmi in stazione, eh si, il viaggio termina qui… non proprio perché succede qualcosa che mi stimola mi invoglia a raccontare questa pedalata.

Il treno parte tra più di un ora che faccio? Prendo la bicipolitana n° 1 in direzione mare. Una piattaforma in legno a forma circolare nel parco tra gli alberi, una panca che riproduce una gigantesca catena di bicicletta snodata attorno ai tavoli sostenuti da telai di biciclette, una porta sulle mura, un insegna circolare con la scritta “Osteria che Bici” attira la mia attenzione.

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Spio all’interno del locale in penombra seminterrato, sulla parete di fronte una scritta: “Parcheggia la tua bici qui”, una serie di ganci per appendere le due ruote, prendo per mano la fedele compagna e scendo la rampa alla fine della quale c’è una piccola officina fai da te, ai muri sono appese biciclette d’epoca, molto d’epoca… pezzi da museo, un arredamento particolare e suggestivo, sempre in tema, per la zona bar. Mentre osservo sorpreso e sbalordito per la fantasiosa soluzione, da un corridoio appare lei.

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Come dire di no a Raffaella che mi invita alla pausa pranzo, dissolvendo i dubbi sul da farsi nell’attesa dell’orario di partenza? Sorpresa nella sorpresa, in un vano attiguo un ristorantino con accesso proprio sulla via al lato opposto. Mi delizio del pranzo e delle chiacchiere con la simpatica ragazza. (Osteria che Bici, via del Governatore 33 Pesaro… merita una visita!).

Il viaggio di rientro in treno avviene regolarmente e prevede un cambio a Bologna. Nella prima tratta incontro marito e moglie di Mantova, pure loro cicloviandanti maturi, provenienti da un viaggio in Albania. Inutile dire che fin quando le nostre strade han preso direzioni diverse è stato un continuo raccontare e gioire del bell’andare in bicicletta.

Viaggio uguale: evasione, libertà… è bello tornare a casa, evasione e libertà è anche questo. Con tal pensiero le ultime pedalate dalla stazione alla cena e all’abbraccio di chi mi attende.

Commenti

  1. Avatar roberto ha detto:

    Ho letto con piacere il tuo racconto di viaggio. Ho pedalato anche io da quelle parti. Per evitare la strada nazionale a Porto Garibaldi, lungo il canale, c’è un battello che traghetta persone e bici dalla parte opposta –

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