La ciclabilità a Milano osservata in un incrocio
Spesso i ciclisti vengono accusati di usare la strada senza rispettare le regole, transitare sui marciapiedi con alto rischio per i pedoni, andare in contromano in strade a senso unico.
Con molta, troppa, lentezza si discute anche dell’urgenza di modificare un codice della strada ormai obsoleto, autocentrico, che ha contribuito a costruire le città rivolte quasi esclusivamente alle auto dove ci troviamo a vivere oggi.
Il conflitto tra i diversi utenti della strada è spesso aspro e sicuramente è importante assumere comportamenti rispettosi nei confronti di tutti. Ciò non può però coincidere con il pedissequo rispetto del codice della strada da parte dei ciclisti, per il semplice motivo che altrimenti sarebbe quasi impossibile utilizzare la bicicletta. In alcune situazioni chi usa la bici è semplicemente costretto a infrangere le regole: nel caso in analisi circa un movimento su due costituirebbe un’infrazione.
Osservando un nodo particolarmente infelice nella viabilità milanese, l’incrocio tra corso di Porta Vittoria e via Francesco Sforza, come è stato fatto nel corso di una giornata (24 maggio 2018) si possono trarre diverse conclusioni.
La totale mancanza di un’infrastrutturazione ciclabile adeguata e l’inadeguatezza dell’attuale normativa rende praticamente impossibile non commettere infrazioni, dall’andare sul marciapiede, al contromano, all’utilizzo della corsia riservata ai mezzi pubblici.
La bicicletta si conferma un mezzo estremamente flessibile ed efficace. Il suo essere nel mezzo tra mezzi a motore e l’andare a piedi permette infatti di seguire qualsiasi tipo di percorso. Indipendentemente dalle direzioni stabilite dai segnali stradali il ciclista seguirà il percorso più breve, veloce o comodo, che spesso non è il più sicuro.
Questa situazione è rilevabile anche in quelle situazioni dove l’amministrazione o i progettisti si ostinano a creare percorsi alternativi in modo che quelli ciclabili, per evitare il traffico automobilistico, siano su strade secondarie seguendo itinerari più tortuosi e lunghi. I ciclisti preferiranno utilizzare la strada principale pur in assenza di percorsi dedicati.
Soprattutto si rileva come i ciclisti evitino di percorrere il marciapiede, soprattutto quando questo è abbastanza frequentato, preferendo comunque percorsi stradali anche pericolosi, come la stretta corsia riservata ai mezzi su via Sforza, con continuo passaggio di autobus, ma su cui può comunque acquisire una certa velocità, dimostrazione del fatto che la bici è un mezzo di trasporto per andare a lavoro o svolgere attività quotidiane e non solo un mezzo da passeggio a cui dedicare percorsi lenti e tortuosi.
La trasversalità di utenti è confermata proprio dall’eterogeneità di ciclisti che salta all’occhio durante l’osservazione. Studenti, avvocati usciti dal tribunale in giacca e cravatta e con valigetta, donne vestite sportive e altre con tacchi e talleur. A dimostrazione dell’ampio utilizzo che il mezzo può avere per tutti, se adeguatamente incentivato. Utilizzo anche logistico, di trasporto merci, con i sempre più frequenti bike-messenger con le loro cargo e l’ormai consolidato fenomeno dei fattorini che portano il cibo.
Circa uno spostamento su sei avviene con una bicicletta condivisa, con netta prevalenza del servizio bikeMI, ma bisogna ricordare come si tratti di una zona centralissima della città.
Per quanto riguarda le abitudini, si nota un discreto utilizzo del casco, soprattutto negli orari degli spostamenti casa-lavoro e, purtroppo, un notevole uso del cellulare in movimento, soprattutto inviando messaggi, anche su percorsi pericolosi. Cercando di uscire da una vulgata di parte che vuole il ciclista per alcuni versi quasi santo, i comportamenti scorretti o pericolosi non sembra cambino a seconda del mezzo che si guida. Il problema vero resta sempre il potenziale distruttivo del mezzo che si sta conducendo, e non è necessario ripetere quale sia quello dell’automobile.
In assenza di regolamenti più sensati e di un disegno delle strade che tengano adeguatamente conto di tutti gli utenti, riducendo il predominio dell’automobile e permettendo di liberare il potenziale della bicicletta, la situazione continuerà a lasciare scontenti tutti e ad aumentare le situazioni di pericolo.
Autore: Stefano D’Armento
Commenti
Nessun commento