A Milano, Londra, Singapore, Gothenburg e Stoccolma si applicano delle congestion charge (tasse sulla congestione) che sono una forma di tassazione basata sul luogo e tempo dell’uso dell’auto privata. I risultati sono generalmente positivi anche se come è successo a Londra i problemi di traffico sono rimasti, soprattutto a causa delle esenzioni per i taxi (per la maggior parte diesel) e UBER (Londra ha anche recentemente introdotto una zona a basse emissioni, ULEZ).
Le tasse sulla congestione hanno un target preciso, ma questo non significa che gli scopi non possano essere più ampi. Ad esempio a Londra i veicoli a basse emissioni sono da sempre esclusi, e come saprete una fila di auto elettriche mi fa perdere esattamente lo stesso tempo di una di auto diesel. Lo stesso vale per misure basate sulle emissioni. Gli scopi secondari (ma non troppo) sono spesso una diminuzione dei movimenti di veicoli e un riequilibrio dello spazio, e nomi come #Congestion Charge, #Lowemissioncharge, #ecopass…sono più comunicabili che #tassasullamaggiorpartedeicostiesternidellautoprivata…
Questi schemi sono però molto costosi da amministrare e quindi sono generalmente applicabili solo nelle grandi città. Per questa ed altre ragioni, come avviene spesso in Italia, si preferisce bloccare l’accesso ai centri con zone pedonali o ZTL. I blocchi (che sono come ‘standard’ nel linguaggio dell’economia dell’ambiente), sono una soluzione relativamente semplice ma poco efficiente dal punto della teoria economica (provate però a dire questa frase ad alta voce seduti in una bella piazza pedonale a guardare la gente che passa…) dato che non impediscono a chi può pagare di accedere comunque ad una particolare zona. Le limitazioni al traffico possono portare però benefici economici per il commercio e naturalmente migliorano sicurezza e vivibilità delle città (le belle città fanno bene all’economia). Le limitazioni al traffico o al parcheggio, anche temporanee, e altre situazioni un po’ drastiche, possono anche servire a rompere situazioni abitudinarie e non ottimali, e dovrebbero in ogni caso essere parte di un progetto di promozione, con adeguate infrastrutture, delle alternative.
Le considerazioni di equità che ho espresso nei miei articoli precedenti si applicano anche qui e sono molto simili. Una zona pedonale ad esempio, può funzionare come una soglia ad un eccesso di domanda, anche in presenza di una tassa. E le questioni di accettabilità pubblica e politica sono importanti anche per le congestion charge.
Le congestion charge sono tipi di tasse, ma esiste un’altro strumento di mercato, molto meno diffuso, i sistemi di scambio. L’ETS è un esempio, ma qualche anno fa ho lavorato su uno schema di scambio di crediti (permessi) per emissioni da energia e trasporti a livello personale. Funziona in questo modo: i crediti vengono distribuiti in maniera uguale tra i cittadini (ed il loro totale diminuisce di anno in anno, portando così ad una dimuzione progressiva del livello generale di emissioni), e coloro ai quali questi crediti non servono tutti (ad esempio non usano la macchina, o l’aereo) li possono vendere a quelli per i quali i crediti distribuiti non sono sufficienti (i crediti si possono anche conservare o distruggere). Il meccanismo è efficiente, per ragioni simili a quelle delle tasse, e ci sarebbero vari modi per renderlo più equo e accettabile dal pubblico. Purtroppo per il momento questi tipi di schemi sono molto costosi da creare ed amministrare.
Concludo con un accenno veloce ai sussidi per l’acquisto di un veicolo meno inquinante. In genere questi non sono molto efficienti (e lo sono sicuramente meno di una tassa sull’uso, e lo stesso vale per le tasse sull’acquisto). Hanno anche problemi di equità, dato che sono spesso utilizzati dalle fasce di reddito più alte, come ad esempio quelli per le auto elettriche. Ciò nonostante, i sussidi continuano ad essere un’opzione semplice che piace alle autorità ed a certi gruppi di interesse. Nel prossimo articolo vi parlerò di come misurare i costi esterni.
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