Il 21 giugno, primo giorno d’estate, si abbattuta su Torino una “tempesta tropicale” di intensità rilevante.
Pioggia, grandine e vento a forti raffiche hanno trasformato molte delle strade della parte nord della città in veri e propri fiumi, procurando disagi e ingenti danni: negozi chiusi, supermercati allagati, palestre e piscine fuori uso, tetti sfondati. In meno di un’ora sono scesi 72,5 mm di pioggia, più della metà della media mensile di giugno (102 mm), che è generalmente un mese piovoso.
I sistemi di raccolta delle acque bianche sono andati naturalmente in tilt, non essendo progettati per fenomeni di tale portata, sebbene oramai sempre più frequenti. Che sia un segno del cambiamento climatico in atto è evidente, anche se non manca chi minimizza parlando di semplici temporali estivi, tombini intasati e di ricorrenze storiche.
L’intensificarsi di piogge “monsoniche”, le famose bombe d’acqua, rendono impellente la necessità di poter gestire strutturalmente eventi rapidi e catastrofici. Le soluzioni esistono e diverse città hanno affrontato il problema della la gestione delle acque con interessanti progetti integrati: water squares o “piazze d’acqua”, spazi pubblici multifunzionali che, nel caso di forti piogge e inondazioni, si trasformano in bacini di raccolta e stoccaggio delle acque piovane, così da alleggerire la pressione sull’impianto fognario e da avere la possibilità di riutilizzare le stesse nei momenti di maggiore siccità e stress idrico.
Ne sono un bell’esempio a Rotterdam la “Bellamyplein water plaza”, che presenta un’area “allagabile” di circa 300 mq e una capacità di raccolta d’acqua di 750 mc e la “Benthemplein water square”, inaugurata nel Dicembre del 2013, che ha una capacità di immagazzinare all’incirca 1.700 mc di acqua durante le piogge.
Così come anche il progetto “The Soul of Nørrebro”, per il quartiere a nord di Copenaghen, in cui il parco può diventare un grande “bacino di raccolta” capace di gestire fino a 18.000 mc di acque piovane.
Altra soluzione sono i rain gardens o “giardini della pioggia”, giardini o aiuole, diffusi in molte città americane e canadesi, che convogliano l’acqua piovana permettendole di infiltrarsi nel terreno più lentamente.
Sono tutte soluzioni che puntano alla creazione di maggiori aree verdi o spazi pubblici multifunzionali, una visione che sembra però difficile coniugare con la scelta delle nostre città, in cui in ragione di una predominanza indiscussa dell’auto, la stragrande maggioranza dello spazio è dedicato alla circolazione o alla sosta.
Chi ancora inneggia a favore alla costruzione di sempre nuove strade o allargamento delle esistenti in nome di una presunta fluidificazione del traffico, dovrebbe rendersi conto che la progressiva impermeabilizzazione del suolo e la creazione di sempre più ampie isole di calore urbane, dovute alla mancanza di aree verdi e al calore prodotto dalle auto, non può che peggiorare le condizioni climatiche e condannarci a fenomeni sempre più catastrofici.
In questo senso segnali poco rassicuranti arrivano dal neo Presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, che in una delle sue prime dichiarazioni pubbliche, criticando il progetto della seppur blanda ZTL proposta dalla Giunta Appendino, afferma convintamente: “ Mi sembra sinceramente un paradosso l’idea che nella città dell’auto si concedano incentivi a chi rottama la propria macchina, non ne compra una nuova e sceglie di usare il pullman. Con tutto il rispetto, è assurdo. Le istituzioni sono impegnate su tutti i fronti per favorire la permanenza dell’industria dell’auto nel nostro territorio e poi diamo un bonus a chi boicotta la filiera? Io vorrei che ogni piemontese avesse una macchina, pulita e non inquinante, ma ne avesse una”.
Una frase antistorica e francamente paradossale, che sarebbe quasi inquietante se non facesse tenerezza nella sua ingenuità. Pensare infatti che le sorti di un comparto industriale di dimensione mondiale, ampiamente in ritardo e a detta di molti “bollito”, possano dipendere dalla scelta di qualche migliaio di torinesi è quantomeno ingenuo. Senza contare che nessuno può garantire che i piemontesi non comprino macchine giapponesi o tedesche, mettendo ancora più in crisi la produzione “italiana”. Seguendo il ragionamento, c’è da rallegrarsi che il Piemonte non sia area di industrie farmaceutiche, altrimenti Cirio ci spronerebbe ad ammalarci tutti.
Al di là della banalità di questo pensiero così semplicistico da apparire sempliciotto, il Governatore non considera appunto che sempre più auto, seppur “pulite”, richiederebbero sempre maggiore spazio peggiorando la situazione attuale e accelerando il processo già in atto, con risultati catastrofici e costi sempre più ingenti.
La soluzione va invece nella direzione opposta ed è tanto intuitivo da apparire quasi banale: anche per contrastare il cambiamento climatico serve ridurre le auto e ridare spazio alle persone. Ancora meglio se spazio verde.
d’accordo sui contenuti ma non usiamo le parole ‘bombe d’acqua’ termini giornalistici altamente diseducativi perché deresponsabilizzano….se piovono bombe non è colpa dell’uomo!!!