Si sa, una buona giornata inizia con una buona colazione, così è per noi cicloturisti, e in Turchia è come tuffarsi su una montagna di buon cibo. L’abbiamo soprannominata “la fame del cicloturista” tanta è la quantità di alimenti che ingurgitiamo da quando abbiamo iniziato a pedalare. Ha una piccola controindicazione, si placa dopo solo un paio di settimane che siamo fermi, nel frattempo, però, mangiamo come se non ci fosse un domani. Con queste promesse, non ci poteva capitare di miglio che la cucina turca : qualità, quantità e varietà a buon mercato, un sogno per noi eterni affamati.
Il nostro cammino è scandito dai « Merhaba » (ciao) delle donne pastore tutte vestite con lo stesso pantalone a fiori e con un foulard sulla testa legato dietro la nuca. Sono belle robuste le turche della campagna, sono loro che si occupano delle mandrie di mucche e pecore nel bel mezzo di queste aspre montagne. E’ la seconda mattina in questo nuovo Paese, Aisha ci invita ad entrare in casa e scopriamo per la prima volta la colazione turca. Una tavolino basso al centro del salone è ricco di bontà : burek fatto in casa, olive, formaggio, pane, uova all’occhio di bue, pomodori, burro artigianale, pekmez (vin cotto), miele e l’immancabile tè. E’ tutto così buono che non so da dove iniziare. Sedie e divani sono ornamentali, le gambe si incrociano, è a terra che si mangia. Un’abitudine che seguirà nella maggior parte dei Paesi lungo il nostro viaggio. Anche nonne e nonni non sono risparmiati, anzi, sono i più arzilli, si alzano e si siedono con disinvoltura e a confronto, mi sento un pezzo di legno. Impacciato trovo la mia posizione e solamente dopo qualche risata capisco che la stoffa intorno al tavolino non è fatta per sedersi, ma è la tovaglia.
A riguardare questa compilation di pietanze ho subito voglia di ritornare in Turchia: appetito!
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