Mobilità

Mobilità e sicurezza, “trucchetti” per influenzare i comportamenti

Nei miei articoli precedenti qui su Bikeitalia.it vi ho parlato soprattutto di strumenti monetari. Quando questi, che rimangono gli strumenti più promettenti, non sono possibili, e lo stesso vale per sostanziali interventi strutturali, esistono altre strategie che possono spingere gli utilizzatori del sistema trasporto a modificare il loro comportamento, a volte quasi senza accorgersene.

Non è semplice definire l’approccio di cui vi parlerò nei prossimi articoli, e ci provo così (ispirato da questo articolo). Considerate una persona che voglia muoversi da A a B. Questo spostamento ha un beneficio ma anche un costo per la società, e va in qualche modo gestito. Ma come?

  • Il giurista, con una norma ad hoc, penserebbe a bloccarlo, o permetterlo solo in particolari momenti della giornata.
  • L’economista considererebbe tasse o sussidi.
  • L’esperto di marketing pianificherebbe una campagna che informi sui costi e benefici di quello spostamento.
  • Lo scienziato comportamentale (che è un termine un po’ vago ma del cui approccio vi parlerò qui) rifletterebbe invece ai meccanismi del processo di scelta che la persona effettua prima, durante e dopo lo spostamento tra A e B. Facendo così, avrebbe elementi per capire se le informazioni fornite all’utente, o il tipo di messaggio, siano effettivamente compatibili con quei meccanismi ed abbiano, quindi, potenziale per modificarli.

L’analisi del comportamento ha diverse prospettive, essendo usata da psicologi, sociologi ed economisti. Per dovere di cronaca vi dico che alcune di queste teorie sono alla base delle ormai infauste, e mal comunicate, “immunità di gregge” e, soprattutto, “fatica comportamentale”, invocate per alcuni giorni, ma poi ritirate, dal governo Britannico come ispirazione alla strategia di contenimento del Coronavirus (strategia però fortemente criticata da molti scienziati comportamentali).

Aggiungo anche che ci sono moltissimi critici di queste strategie in generale (in particolare dubbiosi sulla replicabilità dei risultati in altri contesti), compresi quelli che dicono che alcuni di quei concetti sono discussi da decenni tra gli economisti del comportamento, e non solo, e non sono certo una grossa novità.   

Comincio con il concetto che recentemente ha avuto molto risalto, il ‘Nudge’. Con il nudge si cerca di facilitare, o indurre, un cambio comportamentale in maniera indiretta, e questo cambio avviene quasi inconsciamente, con strumenti che giustamente vengono a volte chiamati “trucchetti” (la traduzione è ‘spinta gentile’).

Qualche esempio ora. Tecniche basate sul nudge sono state applicate, in varie forme, in ambito urbano: per diminuire rumore (aggiungendo un dispositivo manuale da spegnere e accendere ogni volta che un automobilista usa il clacson – risultato: -60% nel suo uso), migliorare sicurezza per i pedoni ai passaggi a livello, o aumentare il rispetto dei limiti di velocità (con vari strumenti visivi).

Sembra che basti poco, a Durham (USA) ad esempio, mappe personalizzate che mostravano quanto più veloci si poteva raggiungere il posto di lavoro camminando, usando la bici o i trasporti pubblici hanno prodotto una diminuzione piuttosto soddisfacente nell’uso dell’auto. A Toronto, Canada, segnali elettronici che riportano la velocità attuale del veicolo hanno avuto un impatto maggiore intorno alle scuole dei segnali disegnati da gruppi di cittadini e genitori.

Sempre nell’ambito della velocità eccessiva, in una regione inglese un semplice miglioramento negli strumenti di comunicazione, spiegando meglio le motivazioni dei limiti di velocità, ha portato ad una diminuzione nelle percentuale di coloro che dopo essere stati multati e condannati ricadevano ancora nello sesso comportamento. Sempre parte del ‘nudge’ sono le tecniche del default (come il ‘silenzio/assenso’ nel caso della donazione di organi).

Rendete quindi la scelta più virtuosa automatica, e esigete uno sforzo per il comportamento alternativo (un’altra ragione che evidenzia quanto ridicola sia la strategia di alcune scuole in Inghilterra di chiedere ai genitori un permesso scritto o addirittura di applicare una targa, perché i propri figli vadano a scuola in bicicletta). Sembra tutto molto semplice ed interessante, ma naturalmente c’è un ma… Riguarda la replicabilità di questi risultati in altri contesti (ma si può sempre provare, soprattutto nel caso di quelle strategie che sono low cost) e, soprattutto, sulla durata degli effetti, che temo in alcuni casi possano essere a breve termine.

Concludo qui, e vi parlerò di altri concetti nei prossimi articoli.

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