La banalità di parole e immagini della violenza stradale

11 Luglio 2022

Negli scorsi giorni, un articolo di giornale e due spot mi hanno fatto riflettere sulla forza banale ma potente con la quale immagini e parole, se mal utilizzate, possano produrre una comunicazione deleteria per la sicurezza stradale.

Il primo caso è quello del pezzo, pubblicato online da Repubblica.it, sull’entrata in vigore di ISA, ovvero “Intelligent Speed Assistance”, il nuovo sistema di sicurezza per il rispetto dei limiti di velocità, obbligatorio per tutte le automobili di nuova omologazione da questo mese e per quelle di nuova immatricolazione da luglio 2024. Un dispositivo, peraltro, reso molto meno efficace nella versione finale del regolamento delegato UE 2021/1958: a libera scelta dei costruttori, infatti, può prevedere, in caso di superamento del limite, una riduzione automatica della velocità, o anche soltanto un mero segnale visivo, sonoro o tattile, volto a richiamare l’attenzione del guidatore sulla violazione in atto.

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Il giornalista, dopo aver descritto la novità e dato conto della possibilità, per di più, di disattivare manualmente il dispositivo almeno in una prima fase della durata di due anni, chiosa così: “L’associazione dei costruttori sta chiedendo a gran voce di rendere disinseribile l’ISA anche dopo il 2024. E non è una sottigliezza: se il sistema non sarà disinseribile, di fatto diventerà impossibile per ogni auto andare oltre i 130 in Italia, uccidendo di fatto il mercato delle auto alto di gamma”.

Ebbene, a fronte di un’affermazione del genere, c’è davvero da chiedersi: quando si parla di sicurezza stradale, veicoli a motore e velocità (che è statisticamente una delle tre cause principali delle collisioni stradali), come si può anche solo pensare di scegliere di usare il verbo “uccidere” per parlare di mercato anziché di persone? E a fronte di migliaia di morti e feriti gravi ogni anno per scontri e investimenti stradali in Italia, quella da tutelare, di cui preoccuparsi da parte dei commentatori e dell’opinione pubblica, sarebbe la possibilità di continuare a circolare violando i limiti massimi di velocità stabiliti dal Codice della Strada nel nostro Paese?

Il commento, di per sé molto discutibile, è pure basato su un assunto completamente infondato: la normativa europea, infatti, per com’è stata congegnata, è rispettata anche configurando il sistema ISA in forma di semplice avviso, senza alcuna regolazione automatica della velocità. Ecco: una volta chiarito che, anche con ISA e anche dopo il 2024, gli automobilisti potranno continuare a oltrepassare i limiti di velocità, al massimo col fastidio di un indicatore luminoso sul cruscotto, un suono o una leggera vibrazione, siamo forse più tranquilli?

L’altro caso di attualità è quello dei due spot prodotti e lanciati dall’Osservatorio regionale per l’educazione alla sicurezza stradale dell’Emilia-Romagna, che trasmettono purtroppo messaggi assai fuorvianti.

Nel primo spot, dedicato al tema sempre più grave della distrazione alla guida, si vedono un pedone e un automobilista, intenti, tutti e due, a utilizzare lo smartphone: il finale è drammatico, con il primo investito e ucciso dal secondo mentre attraversa sulle strisce pedonali, entrambi in quell’istante armeggiando col cellulare.

In pratica, nella rappresentazione narrativa, viene messa sullo stesso piano la distrazione al cellulare dei due utenti. Ci mancherebbe: tutti, pedoni compresi, devono prestare attenzione quando circolano in strada. Ma veramente possiamo considerare uguali gli effetti sulla vita altrui e dunque rappresentare di fatto alla stessa stregua la responsabilità di un comportamento distratto di chi sta semplicemente camminando e di chi invece sta guidando un veicolo che pesa in media oltre una tonnellata e va a diverse decine di chilometri orari di velocità?

La legge è uguale per tutti, per chi ha una conoscenza anche basilare dell’articolo 3 della Costituzione, non significa certo trattare allo stesso modo situazioni tra loro differenti: quindi, tutti gli utenti devono stare attenti in strada, ma l’utente più forte ha un dovere rafforzato di prendersi cura dell’utente più vulnerabile, applicando alla convivenza in strada quel principio universale di solidarietà sociale cristallizzato dall’articolo 2 della Costituzione.

Nel secondo spot, incentrato invece sulla piaga della velocità eccessiva, si vede un conducente di monopattino effettuare diverse manovre spericolate, fino a investire un pedone sulle strisce. Soprassediamo sull’effetto straniante e davvero paradossale di uno spot sulla sicurezza stradale che sembra iniziare con un’esaltazione del mito della velocità, con la scusa di catturare e ingraziarsi comunicativamente l’attenzione, ma contribuendo così in modo inopportuno a rafforzare l’immaginario culturale su cui si poggiano questi comportamenti errati e pericolosi alla guida.

Ma il punto vero è che il problema della velocità è riferito ai monopattini, anziché – almeno anche – a camion, automobili, moto. Posto che spesso si vedono ingiustificabili comportamenti incivili alla guida di questo nuovo mezzo, ma veramente il messaggio da dare con uno spot, per sua natura emblematico, è che l’emergenza-velocità riguarda i monopattini, a cui sono imputabili lo 0,3% degli incidenti ogni anno in Italia (ISTAT, 2020) e che insieme alle bici elettriche sono gli unici due veicoli a cui la legge italiana impone un dispositivo di blocco automatico della velocità a 20-25 km/h? E non primariamente i veicoli a motore, che non hanno nessun limitatore della velocità e nemmeno di fatto l’avranno a seguito dell’introduzione del sistema ISA come visto sopra, nonostante provochino, ovviamente, la stragrande parte, ovvero il 94% (stessa fonte), delle collisioni stradali e di morti e feriti conseguenti, per il ben più pericoloso mix di massa e velocità rispetto ai mezzi di “micro-mobilità”?

In conclusione, questi due casi ci dicono chiaramente che, per combattere la violenza stradale, non basteranno mai, da sole, le nuove tecnologie, regole più efficaci, strade ridisegnate in modo più sicuro e democratico: abbiamo profondo bisogno e urgenza di cambiare la narrazione per cambiare la mentalità delle persone, con un linguaggio, scritto e visivo, ben diverso, a partire dalle responsabilità qualificate che hanno le istituzioni e i media verso i cittadini.

Commenti

3 Commenti su "La banalità di parole e immagini della violenza stradale"

  1. Claudio ha detto:

    Scandalizzato, arrabbiato, terrorizzato da queste affermazioni, in questo modo non si vuole minimamente cambiare il modo di guidare degli italiani, si dico italiani, perché nel resto d’Europa non è così. Ho vissuto 6 anni in Germania ed ero la persona più tranquilla nel girare in bici, andavo ovunque, anche a fare la spesa, agganciavo il carrello e via, nessun problema. In Italia, a Torino precisamente, in un’ora di percorso ho rischiato 3 volte di essere investito, SU UNA CICLABILE !!!! Incredibile.

  2. Andrea ha detto:

    Concordo, scandaloso!! Che poi scusate, ma se attraverso sulle strisce dopo aver guardato che non ci siano auto (anche se sarebbe l’automobilista a doversi fermare IN OGNI CASO) cosa cambia se ho il telefono in mano? Potrei aver avuto in mano o essere stato distratto da altro, di sicuro però non potrei ammazzare nessuno, neanche scontrandomi con un altro pedone!
    Tutt’altra cosa è prendere in mano il telefono se sto guidando un’auto!!
    Veramente scandaloso, quasi peggio della legge che ha ridotto a 20 kmh i monopattini, tanto valeva bandirli!

  3. Stefano ha detto:

    Parlare di “uccidere il mercato” come se fosse una persona è di una gravità sconcertante, simbolo di un’epoca in cui si pensa alla crescita invece di pensare alla vita di persone, animali, piante… in sintesi del pianeta in cui viviamo!

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