Quello verso la città senz’auto è un lungo viaggio che molte città – come Amsterdam – hanno intrapreso già decine di anni fa, mentre invece in Italia siamo ancora ancorati a un modello autocentrico dove la mobilità urbana privilegia soltanto le quattroruote. Ma le cose possono cambiare, anche se non c’è più molto tempo per farlo. Questi i temi dell’intervento di Anna Donati – presidente e ad di Roma Servizi per la Mobilità – a MobilitARS 2022, evento realizzato da Bikenomist in collaborazione con il Comune di Reggio Emilia.
“Il viaggio verso la città senz’auto”
“Dobbiamo riflettere sul perché dopo vent’anni d’impegno su questi temi noi siamo ancora molto indietro”, esordisce Donati e poi prosegue con una digressione: “Parto alla lontana: agire sul presente rischia di essere un po’ deformante. In Italia dal dopoguerra in poi l’allargamento e la specializzazione della città hanno prodotto una grande domanda di mobilità, molti chilometri percorsi e tutto questo modello è stato basato solo sull’uso dell’automobile”. E nel frattempo, con la motorizzazione di massa, le auto in circolazione sono passate da 3 a 40 milioni.
Non solo auto
“Solo di recente abbiamo recuperato qualche chilometro di reti tramviarie e qualche chilometri di reti metropolitane: e negli ultimi dieci anni, complessivamente, un po’ di ciclabilità in certe città”, prosegue Donati, specificando che: “Questo modello insostenibile regge sul fatto che è basato sull’automobile: rimontarlo è molto difficile”.
Mobilità urbana: Roma vs. Amsterdam
Donati, da presidente e ad di Roma Servizi per la Mobilità spiega il caso di Roma: “Su 3 milioni di abitanti, 1 su 4 vive oltre il Grande Raccordo Anulare e questa quota è aumentata negli ultimi quindici anni. Chi vive lì molto spesso non ha alternative all’auto per muoversi”, perché manca una rete di trasporto pubblico capillare e anche i quartieri-satellite costruiti lì sono stati pensati esclusivamente per l’automobile.
“Reggio Emilia, come altro esempio, se prendiamo il modal split vediamo che ha molta ciclabilità, buona pedonalità, praticamente assente il trasporto pubblico e il resto è tutto auto: anche in territori che noi amiamo come le città medie che sul tema hanno fatto tanto”. Poi con un’ampia digressione su Amsterdam – città che rappresenta un faro per la ciclabilità – Donati illustra un approccio molto diverso al tema.
Spazio, tempo e sicurezza stradale
“Rapporto spazio-tempo è legato al tema della sicurezza stradale: si aumentano le distanze, si aumentano i chilometri, aumenta la congestione”, e chi è alla guida appena trova la strada libera si mette a correre creando ulteriori pericoli sulle strade. “Ci deve essere un ripensamento complessivo perché stiamo parlando della forma e della funzione della città”, sottolinea Donati.
Quindi il mondo ideale del 2030 sarà: auto elettriche per i ricchissimi, bici per i giovani, in giro a piedi, in mezzo al cemento, gli anziani senza problemi di deambulazione, non tutti, solo quelli che non si sono convinti del “vantaggio” dell’eutanasia
Dare la priorità nell’estendere le piste ciclabili già esistenti che consentano di incentivare una mobilità mista, treno più bici.
Gravito sulla zona di Roma Nord – Trionfale con traffico formato prevalentemente da automobili con il solo conducente. Allungare la ciclabile già esistente da Valle Aurelia al San Filippo Neri fino a la Storta sarebbe davvero un successo grandioso di cui vedremmo subito i risultati. La Storta inoltre è già dotata di parcheggio di scambio ATAC che consentirebbe un commuting misto di ottimo livello. La stessa pista potrebbe essere un percorso alternativo per gli ormai tanti pellegrini della Via Francigena, il Camino di Compostela italiano. Questi sono costretti a percorrere la via Cassia e Trionfale facendo lo slalom fra le automobili