IX tappa – Palermo – San Vito lo Capo (Tp) – 112,1 km
Sbarco a Palermo quasi alle 10 e parto deciso per la mia via. Seguo una ciclabile subito fuori dal porto, passo l’Ucciardone e, dopo aver riempito le borracce, attraverso il parco della Favorita, Mondello, Sferracavallo e Isola delle Femmine, dove mi fermo per la prima di una serie infinita di granite e brioches.
Pedalo sulla SS113 che tutto sommato si rivela una buona strada, nonostante il grande traffico. Forse sono stato solo fortunato. Si passano Capaci e Cinisi, due luoghi importanti di questa terra ma anche per tutto il paese. Dopodiché, aggirato l’ennesimo sperone montuoso, mi affaccio sul golfo di Castellammare e mi ci vuole qualche minuto per riprendermi dallo stupore e godermi il panorama.
Vivo una brutta esperienza con una galleria priva di illuminazione così, quando mi si presenta davanti la seconda sono deciso a non entrarci; mi carico i 40 chili di bici sulle spalle e scavalco l’alto guardrail della statale per scendere lungo strade di campagna e cani che mi inseguono fino a Balestrate, dove mi regalo la prima meritata sfoglia del mio soggiorno siculo.
Proseguo per Castellammare e inizio poi a salire fino al belvedere dove trovo una camionetta che aspetta solo me. Ho già pranzato ma non resisto; ci dò di pane e panelle.
Salgo lungo la SS187 e passo tra i monti tutt’attorno fino ad arrivare in vista delle cave di marmo del monte Sparagio, le seconde più grandi d’Europa dopo Carrara. Qui devio al bivio per Custonaci, supero Purgatorio – un nome evocativo – e arrivo per le 18 a San Vito lo Capo. Mi incontro con gli amici, sistemiamo le pratiche per la casa e cominciano le vacanza con il bagno a mare. La luna è già alta sul monte Monaco.
X tappa – San Vito lo Capo (Tp) – Petrosino (Tp) – 88,5 km
Lasciare gli amici dopo una settimana così è dura. Sette giorni dopo l’arrivo a San Vito riparto per Petrosino e la prima meta è la splendida riserva del Monte Cofano. Purtroppo è andata in fumo due giorni prima. Si passa ugualmente ed è forse il posto più belle che mi è capitato di attraversare, forse anche per le emozioni che porto dentro.
I sentieri non sono particolarmente agevoli e più di qualche volta mi ritrovo a dover spingere e sollevare a forza di braccia la bicicletta su per dislivelli importanti. Il carico non consente le avventurose discese che, senza, mi sarei concesso. In molti tratti passo attraverso la vegetazione carbonizzata e l’atmosfera è quasi lunare, rotta solo dallo sciabordio insistente del mare.
Mi fermo alle torri delle tonnare e a visitare alcune delle grotte lungo il percorso. Poi, una volta uscito dalla riserva, proseguo lungo il mare per Tonnara di Bonagia e lungo la SP20 fino a Pizzolungo e quindi Trapani, dove acquisto una mappa dettagliata dell’isola e mi gonfio di arancini e panelle.
Nel primo pomeriggio raggiungo Salinagrande e tutto il sistema delle celebri saline del trapanese, fino a costeggiare la gronda della laguna dove si trova il sito archeologico di Mozia. Da lì, vigneti fino a Marsala, il bel lungomare, le famose cantine di vini.
Arrivo a Petrosino abbastanza presto, il tempo di montare la tenda e mi ritrovo a scrivere molte pagine del mio diario, cui devo diversi arretrati. La birra scorre a fiumi!
XI tappa – Petrosino (Tp) – Seccagrande (Ag) – 120,2 km
Oggi corro quasi sempre lungo la costa per vie spettacolari e rilassanti panorami.
Tra sabbia e canneti, superato da tanti ciclisti che sfrecciano in mtb, raggiungo Mazara del Vallo dalla quale proseguo per Granitola Torretta, Tre Fontane e Triscina; da qui mi aggiro per qualche decina di chilometri nella campagna agrigentina, molto più verde di quanto mi aspettassi. Arrivo a Selinunte, lascio la bici e mi godo un giro tra i templi, constatando con amarezza che i bigliettai all’ingresso non parlano uno straccio d’inglese e fermandomi quindi ad aiutare una coppia di americani a entrare nel parco.
Torno a inoltrarmi nella campagna e scopro l’esistenza di un percorso – la ciclovia Sibit – che arriva fino a Portopalo, dalle parti di Siracusa. Nei giorni seguenti né percorrerò dei bei pezzi, anche se il tragitto stesso porta sulla grande statale, dove gli automobilisti sono avvertiti da frequenti cartelli recitanti ‘Attenzione, transito cicloturisti’, cui nessuno in realtà pare dare gran bada.
Tra vigneti, pomodori e ulivi arrivo fino a Sciacca, dove sono deciso a fermarmi per una granita. Nella zona del porto capito davanti addirittura a una vecchia ‘graniteria’. Ce n’è di un solo gusto, limone. Ne mangio tre, una meraviglia.
Lasciata Sciacca mi tocca la statale. Verso metà pomeriggio faccio una bella deviazione arrampicandomi per Ribera, in modo da evitare una galleria. Da lì mi godo il panorama del sole già basso sul mare. Scendo veloce verso Seccagrande e mi accampo per la notte.
XII tappa – Seccagrande (Ag) – San Leone (Ag) – 66 km
Inizio la giornata attraversando la riserva naturale della foce del fiume Platani, tra la pineta e la spiaggia frequentata, così ho modo di scoprire, da naturisti.
A Montallegro torno a riprendere la statale, o E931, e per evitare un’altra galleria salgo a Sella dell’Omomorto, un nome non particolarmente rassicurante ma legato a un posto dal paesaggio accattivante della campagna.
La mia via prosegue per Siculiana, Realmonte e quindi la discesa che raggiunge Porto Empedocle dove, non so come, riesco a perdermi. Ritrovo la strada e arrivo a San Leone, dove mi accampo. Sono appena le 14, avrei dovuto incontrarmi con degli amici per andare assieme alla Scala dei Turchi ma i piani son saltati. Così mi dedico al relax e a conoscere un po’ la gente del posto. Il giorno dopo decido di fermarmi per una giornata di mare in bella compagnia.