Addio a Seamus Heaney che cantò la bicicletta

Addio a Seamus Heaney che cantò la bicicletta

Ieri notte si è spento Seamus Heaney. Aveva 74 anni.

seamus heaney

Considerato da molti il più grande poeta irlandese dopo Yeats, nel 1995 fu insignito del premio nobel per la letteratura.

Nel 1993 pubblicò la raccolta Seeing Things, all’interno della quale era contenuta una poesia dedicata a uno dei primi incontri con la bicicletta. Lo vogliamo ricordare coi suoi versi.

 

Ruote dentro le ruote

I

La prima vera presa sulle cose

l’ebbi imparando l’arte del pedalare

(a mano) una bicicletta rovesciata,

spingendo la sua ruota posteriore

a velocità preternaturale. Amavo

la scomparsa dei raggi, il modo

in cui lo spazio tra cerchione e mozzo

faceva un mormorio di trasparenza.

Se ci tiravi dentro una patata,

l’aria accerchiata ti frullava in faccia

poltiglia ed acquerugiola. Se Invece

mettevi una pagliuzza, la pagliuzza

si spezzettava. Il modo in cui il pedale

prima faceva chiara resistenza

e poi invece ti trascinava avanti

la mano fino a darle altro momento –

tutto ciò mi penetrava come

un accesso di libera potenza,

come se la credenza catturasse

gli oggetti della credenza stessa

facendoli ruotare in un’orbita

coincidente con il desiderio.

 

II

Non ne avevo mai abbastanza. D’altronde

chi mai ha visto il limite nel dato?

In un campo al di là di casa nostra

c’era un pozzo (“il pozzo” si chiamava.

Era piuttosto un buco con dell’acqua,

piccoli biancospini da una parte,

dall’altra melma e fango misti a sterco,

il tutto pesticciato dal bestiame).

Mi piaceva anche quello. Mi piaceva

l’odore torbido, quel senso

di fango fermentato e grasso vecchio.

Fu lì che mi portai la bicicletta.

Sellino e manubrio li piantai

nel fondo molle, feci combaciare

i pneumatici col pelo dell’acqua,

e poi girai finché come un mulino

che riversava l’acqua dai pedali

(ma rovesciato e sferzando una coda

di giumenta) la ruota posteriore

sommersa prese a rinfrescare il mondo

lanciando pizzi e saponata sporca,

ed inondò la mia rinata argilla.

Per settimane di vecchia melma feci un nimbo.

Poi il mozzo si inceppò, I cerchioni

si arrugginirono, saltò la catena.

 

III

 

Nulla fu più all’altezza dopo questo,

finché un circo, con tamburi e fari,

entrarono volteggiando delle  cowgirls,

ciascuna immacolata nell’immoto centro

di un lazo. Perpetuum mobile. Pura piroetta.

Acrobati. Giullari. Girotondi. Stet!

 

Traduzione di Gilberto Sacerdoti

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