Il motore che sostiene la ciclabilità urbana

Ridisegnare le strade per trasformare le vie a scorrimento veloce in percorsi adatti anche alle bici e interconnessi tra loro: sicuri per tutti coloro che pedalano, dagli 8 agli 80 anni. Questa, in estrema sintesi, la strategia alla base del Google Bike Vision Plan, il progetto del colosso di Mountain View per incrementare la percentuale di spostamenti bike-to-work dei googlers ma soprattutto per trasformare la Silicon Valley in una culla dove far sviluppare la mobilità nuova prendendo come esempio la città di Copenhagen. Una rete di 400 km di strade a misura di bicicletta.

In collaborazione con la Silicon Valley Bicycle Coalition (Svbc), Google ha stilato una serie di percorsi ciclabili per favorire gli spostamenti in sella dalla contea di Santa Clara verso la sede dell’azienda, pensando però anche ai ciclisti urbani che utlizzano la bici ogni giorno e devono poterlo fare in sicurezza: un vero e proprio biciplan, un progetto che potrebbe invogliare molte persone a preferire la bicicletta come mezzo di trasporto principale anche per distanze superiori a 14 km, che oggi vengono coperte per lo più in auto.

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“Le ciclabili, da sole, non fanno i ciclisti”, si sente dire spesso (e altrettanto spesso a sproposito), ma creare le condizioni migliori per poter pedalare costituisce sicuramente una buona base per poi implementare i percorsi, creare nodi di scambio con il trasporto pubblico locale, costruire parcheggi-bici custoditi, favorire l’intermodalità: un’azione mirata per la ciclabilità diffusa può avere ricadute positive sull’ambiente circostante, migliorando la vivibilità delle strade per tutti. L’azione promossa da Google va proprio in questa direzione.

Partendo dal dato di fatto che “tra i dipendenti di Google che vivono entro 9 miglia (circa 14 km, ndr) dal lavoro la percentuale di chi si sposta in bici nel tragitto casa-lavoro è del 21 per cento”, al quartier generale di Big G hanno elaborato una strategia per cercare di coinvolgere una buona parte degli altri, non solo i ciclisti urbani provetti – che andrebbero comunque in bici, praticamente in qualsiasi condizione – ma soprattutto quella vasta platea di “potenzialmente interessati ma poco propensi a pedalare” a causa dei pericoli insiti nel traffico motorizzato e sulle strade (quando sono costruite pensando soltanto ai mezzi a motore che le percorreranno).

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Un passaggio del Google Bike Vision Plan è illuminante:

“Per indurre più persone a preferire la bicicletta dobbiamo venire incontro ai loro bisogni: il desiderio di essere sicuri e sentirsi sicuri, il desiderio di raggiungere la propria destinazione in modo conveniente e confortevole, e (soprattutto) la necessità di divertirsi pedalando”.

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Una dichiarazione d’intenti che mostra esattamente quanto dovrebbero dire e mettere in pratica molti dei nostri amministratori pubblici pro tempore che si riempiono la bocca di ciclabili puntualmente non fatte o realizzate male (e di esempi se ne potrebbero fare a bizzeffe), con danni incalcolabili per lo sviluppo della mobilità ciclistica: una malaciclabile allontana i “ciclisti potenziali” dalla bici e mina le fondamenta della mobilità nuova, dove i percorsi per pedoni e biciclette devono essere capillari e collegati alla rete del trasporto pubblico per favorire gli spostamenti a breve, medio e lungo raggio senza ricorrere al mezzo privato motorizzato. Intanto il motore (di ricerca) che sostiene la ciclabilità urbana ha già messo 5 milioni di dollari sul piatto per lanciare il suo progetto: un’iniziativa che, se realizzata secondo le specifiche illustrate, trasformerebbe la Silicon Valley in un territorio a priorità ciclabile, con il clima bike friendly che si respira nelle strade di Copenhagen.

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