Da Roma al Monte Vettore, bici e trekking

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“E perché?” è questa la domanda che mi ha rivolto una bimba a cena la sera prima della partenza, quando gli ho parlato del mio progetto per il giorno seguente.
I bambini si sa sono sinceri, diretti e senza malizia, come non dargli ragione. Anche Terray ha cercato di dare una risposta a questa domanda quando definì gli alpinisti “i conquistatori dell’inutile”.
Partire all’alba a quota zero metri e raggiungere prima del calar del sole una vetta che si trova a 2476 mt di quota e a circa 175 km di distanza soltanto utilizzando le proprie gambe, in effetti può sembrare un’esperienza “inutile”.

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Una prova di cui non bisogna rendere notizia e nemmeno andar fieri, come disse un amico che mi ha accompagnato per il tratto in bici.
Interpreto questo tipo di esperienze, come un viaggio interiore, intimo, che non cerca e non vuole il confronto con quelle degli altri.
Sentire il proprio corpo, ascoltare il proprio respiro e il battito del cuore che pompa sangue ed energia ai muscoli: essere consapevoli.
Superare i propri limiti, spostare la pedina un gradino più avanti sul tavolo del mio gioco, gestire le paure interiori e le crisi del corpo. Queste sono le mie conquiste, inutili appunto.

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Sono partito alle 6,40 da Piazza Bologna nel centro di Roma.
Con me ci sono mio cugino ed un altro amico che mi accompagneranno per il tratto in bici. Alle 15,00 dopo 160 km ci troviamo a fare una sosta sulla Salaria a quota 600 mt circa.
Mi attende la salita fino ai 1520 mt di Forca di Presta, di cui conosco le pendenze, la sua crudele esposizione al sole e al caldo in queste ore d’inizio estate.
Già sapevo che questo era il tratto più duro del mio progetto, soprattutto con il caldo di questi giorni. Mio cugino, grande scalatore, di buon passo accelera e mi stacca a metà salita. Procedo con calma, cercando di risparmiare energie.

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La velocità di salita scende progressivamente, la pelle è bollente e sento tutto bruciare. Nella rampa finale, le gambe non vanno: ecco la crisi.
Mi fermo prendo dell’acqua, godo un attimo del panorama e dal tragitto fatto finora, rifletto. Si riparte e arrivo finalmente a Forca di Presta, sono le 16,15 e 170 km già percorsi.
Ho perso tantissimi liquidi e sono abbastanza stanco, ma non mi passa minimamente per la testa di mollare, so che è un momento oramai mi conosco.
Mangio un panino al formaggio, bevo una lattina di coca-cola (erano tre anni che non la bevevo) e compro una tavoletta di cioccolata fondente, mi lavo e mi cambio.
Scarpe basse da trail e bastoncini. Alle 17,00 inizio l’ascesa. Il sentiero parte subito in salita, imposto subito il ritmo di camminata: non velocissimo ma costante e continuo.

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Già nei primi dieci minuti sento il mio cuore che si stabilizza a pulsazioni costanti, il mio respiro non è in affanno, le gambe rispondono benissimo, l’aria si sta raffreddando: è fatta ne sono sicuro.
Sono l’unica persona che sta salendo verso il Vettore, i pochi escursionisti rimasti stanno scendendo, evito anche di calpestare una vipera che mi attraversa il sentiero. Arrivato alle 18,15 al piccolo rifugio Zilioli, mi concedo una pausa ed il panorama: sono solo e mi godo questi momenti.
Alle 18,45 arrivo in vetta, 12 ore dopo la partenza da Roma, lo sguardo va verso Ovest lungo il percorso fatto finora.

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Mi sento benissimo e la stanchezza, invece di aumentare è diminuita, tant’è che scendo correndo e in tre quarti d’ora sono al Rifugio degli Alpini a Forca di Presta. In serata decine di alpini mi canteranno la ninna-nanna mentre riposo.

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L’indomani mi aspetteranno altri 70 km in bici per arrivare a Spoleto, ma stavolta si ritorna in treno.

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