La mountain bike per riscoprire gli Appennini
Ci sono tanti tipi di cicloturismo. C’è chi pedala lungo i grandi percorsi attrezzati e protetti, come quelli lungo il Danubio, lungo il Reno, o – più vicino a casa – lungo il fiume Adige. C’è chi si avventura anche sulle strade aperte al traffico, prendendosi qualche rischio ma ampliando enormemente il suo raggio d’azione.
Ma c’è anche il cicloturismo in mtb, un tipo di bici vista troppo spesso solamente dal punto di vista sportivo e tecnico. Se usciamo per un po’ dalle diatribe sui diametri ruota, sul monocorona, su front vs full… ci accorgiamo che una mountain bike è prima di tutto un fantastico mezzo, perfetto per esplorare il territorio anche oltre le strade asfaltate.
Alcune parti d’Italia, soprattutto al nord, hanno ben compreso il potenziale turistico della mtb, e accolgono ottimamente i bikers. Iniziative lodevoli. Ma in questo articolo vorremmo concentrarci su un’altra Italia, l’Italia degli Appennini. Montagne dimenticate, sottovalutate, apparentemente condannate al graduale abbandono. Ma c’è chi le riscopre. E si accorge che il potenziale turistico è enorme.
Per decenni lungo l’Appennino si sono fatti investimenti per costosi impianti di risalita dedicati a un pubblico di sciatori che ormai la neve, se è fortunato, la trova per una manciata di settimane all’anno. E allora perché non investire cifre molto più basse per un tipo di turismo con un impatto ambientale molto più ridotto, che può attrarre turisti per tutto l’anno?
Soprattutto ora che le mountain bike elettriche permettono di ampliare enormemente il bacino di utenti e il raggio d’azione. Bisognerebbe impegnarsi a fare un po’ di manutezione ai sentieri, creare una rete di percorsi segnalati, offrire servizi di ristoro e accoglienza.
Si potrebbero creare delle reti locali di percorsi con partenza dalle (ex-) stazioni sciistiche, per delle vacanze “a stella” (si rimane per più giorni nella stessa zona esplorando ogni volta una direzione diversa). Nel medio periodo queste reti locali potrebbero essere unite da itinerari a lunga percorrenza per gli amanti del bikepacking in mtb. E le nostre montagne tornerebbero a vivere.
La domanda già c’è, visto che ci sono tanti appassionati di mtb, spesso organizzati in associazioni, che pedalano lungo l’Appennino il sabato o la domenica. Ma non trovano strutture ricettive pronti ad accoglierli, né sentieri ben manutenuti e segnalati.
Se siete interessati a questi temi, vi ricordiamo la giornata di lavori intitolata “Bikenomics Forum: L’Economia del turismo gira in bicicletta” organizzato da Bikenomist. Si terrà a Darfo Boario Terme questo sabato, 27 maggio. L’iscrizione è gratuita previa registrazione online.
Per comprendere meglio questi aspetti, e avere un altro punto di vista, abbiamo parlato con un appassionato di mtb che conosce bene l’Appennino centrale. Elio Falletta di mestiere fa l’informatico, ma ha anche fondato un’associazione di escursioni in mtb; è guida di mtb; e istruttore in corsi di formazione per chi vuole diventare guida escursionistica in mtb. Ecco cosa ci ha raccontato.
Sono un informatico amante della vita all’aria aperta, un trekker che nel tempo si è appasionato alla MTB per sbaglio. Mia figlia aveva 6 anni quando i nonni le regalarono la prima “bici seria” ed io, per trascorrere delle ore piacevoli con mia figlia, e non sapendo nulla dei tecnicismi legati alla bicicletta, comprai una superusata MTB ormai ventennale. Ho iniziato poi da solo a pedalare per tenermi in forma e a curiosare per i sentieri e strade di campagna dietro casa: è così che è partito tutto.
Un appassionato della vita all’aria aperta che scopre poi la montagna al ritmo del pedale letteralmente impazzisce. La MTB ti permette di percorrere almeno il triplo dei km che faresti in una normale escursione a piedi. In una ciclo escursione di 4-5 ore puoi vedere tantissime cose.
Da lì con degli amici è nata un’associazione, la Ramblers ASD, il cui scopo è quello di diffondere la cultura della bicicletta; a poco a poco la cosa si è evoluta al punto che oggi sono una Guida MTB e faccio parte dell’albo nazionale dei tecnici dell’Ente di promozione sportiva C.S.E.N. riconosciuto dal CONI.
L’appennino è ricco di storia, di storia rurale, ed è alla portata di tutti: occorre sensibilizzare le amministrazioni per fare qualcosa di nuovo che faccia riavvicinare le persone, gli sportivi, le famiglie alla montagna; e un mezzo potrebbe essere proprio la MTB.
Le alpi hanno un ambiente naturale, flora e fauna veramente particolare e sono fatte di piccole realtà che nel tempo si sono date da fare; poi le amministrazioni locali hanno capito che c’era la volontà e allora si sono date da fare anche loro; il risultato è che sono diventate un paradiso per i bikers grazie alla capacità organizzativa delle amministrazioni.
Oggi invece in alcune zone dell’Appennino, che non ha nulla da invidiare per quanto riguarda natura e bellezza, abbiamo una situazione paradossale: quel poco che c’era, che stentava a decollare perché le amministrazioni locali per mancanza di vedute non riuscivano a farlo partire, oggi è stato distrutto dal terremoto; le persone hanno trascorso l’inverno accampate e ci sono ancora le macerie, ma sarebbe bello vedere risorgere queste zone attraverso la promozione del turismo, attraverso la MTB… potrebbe essere un punto di partenza.
Quali sono i percorsi più adatti per scoprire l’Appennino centrale in mountain bike?
Tra Subappennino Laziale e Preappenino Laziale ci sono veramente tante cose da vedere e da scoprire. Personalmente sucitano in me un particolare interesse quei luoghi ai quali è legata la cultura rurale e pastorale, come il santuario della SS. Trinità al confine tra Lazio e Abbruzzo, oppure le pagliare di Tione, il giro del Monte autore, oppure gli itinerari ai piedi del Sirente. Non è detto che andare in bicicletta sia solo sport e turismo: studiare il territorio ai fini dell’escursione ti fa venire anche la curiosità di capire come si viveva in quei luoghi, le tradizioni che in certi casi ancora si mantengono… diventa anche uno studio antropologico.
Dipende anche da come si vive la bicicletta: io cerco di viverla a tutto tondo. Prima di tutto deve essere un divertimento, poi è uno sport, ti fa stare bene con i compagni di pedalata, rafforza i legami, ti spinge a conoscere il territorio a conoscere i luoghi e a scoprirne le tradizioni, anche quelle più antiche.
Sta cambiando qualcosa negli ultimi anni? Hai visto dei miglioramenti?
Sinceramente no, vedo le ASD che si danno un gran da fare in ambito sportivo e cicloturistico, con l’aiuto e la massima disponibilità da parte delle istituzioni locali. Giustamente, però, le ASD arrivano dove possono arrivare: in genere l’organizzazione di una manifestazione cicloturistica o sportiva impegna tutta un’associazione per quasi un anno… trovare il percorso, servizio ambulanza, sicurezza lungo il percorso, punti di ristoro, deposito bici post gara, servizio meccanico sulla linea di partenza, il pasta party, tutte le autorizzazioni necessarie… Insomma si danno un gran da fare per la propria comunità, ma poi gioco forza passata la giornata dell’evento finisce tutto li. La cultura della bicicletta resta poi in ambito associativo e tra gli amici dell’associazione, solo che non riesce ad uscire da quel confine riguardante l’associazione stessa o la manifestazione in sé. Certo che oggi è grazie a tutto il lavoro che svolgono sul teritorio che si parla sempre di più di biciletta.
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