Auto-robot di Uber uccide la prima persona: ecco cosa potrà succedere ora
La notizia che arriva in questi minuti dagli Stati Uniti è di grande importanza per chiunque si interessi di mobilità urbana.
Un’auto a guida autonoma del programma di test di Uber ha investito una donna che attraversava la strada a Tempe, Arizona. Elaine Herzberg è morta in ospedale poco dopo: è la prima morte in un incidente che coinvolge un’auto a guida autonoma.
Le auto a guida autonoma erano state coinvolte in altri incidenti, ma sempre per colpa delle altre auto guidate da esseri umani; qualche mese fa un conducente di una Tesla (con tecnologia semi-autonoma molto diversa da quella montata sulle auto a “vera” guida autonoma) era morto per non aver prestato attenzione alla strada.
Uber ha annunciato di voler sospendere il suo programma di test.
I servizi di auto a guida autonoma sembravano pronti a fare il loro debutto. Le voci secondo le quali Waymo, azienda del gruppo Google, starebbe per far partire un servizio commerciale di robotaxi a Phoenix si rincorrono e sembravano ormai confermate.
Ad aprile 2017 questo articolo del Guardian riportava come le auto a guida autonoma di Uber fossero molto indietro, dal punto di vista tecnologico, rispetto a quelle di Google.
Una misura standard in questo settore è il “disengagement rate”. Le auto-robot, quando “capiscono” di non poter gestire la situazione di fronte a loro, chiedono all’ingegnere al volante (c’è sempre qualcuno, in fase di test) di prendere il controllo: è il cosiddetto “disengagement”. Per le auto di Uber questo accadeva in media una volta ogni miglio, dimostrando una grande immaturità del suo sistema; per le auto di Google questo accadeva in media una volta ogni 5128 miglia. Un livello qualitativo incomparabilmente superiore.
E ora che cosa succederà?
Sarà molto importante osservare come verrà narrato questo incidente nelle prossime ore e giorni. Siamo di fronte a tre possibilità.
1: “la guida autonoma non funziona”
La prima possibilità è che ci si convinca che è ancora troppo presto per la guida autonoma. Questo causerebbe un ritardo di anni, se non decenni, nello sviluppo di questi servizi. Che questo sia un bene o un male lo lasciamo decidere a voi.
Chi spingerà per questa soluzione? Di sicuro le tradizionali case automobilistiche, che hanno tutto l’interesse a lasciare le cose così come stanno.
Questa ci sembra la narrazione meno intelligente. Il problema non è tecnologico (prima o poi i problemi tecnologici vengono risolti), bensì politico.
2: “è colpa di Uber”
Potrebbe invece prevalere una narrazione secondo la quale Uber ha testato su strade pubbliche un sistema che non era ancora pronto, al contrario di quello ad esempio di Google. Questa è sicuramente l’impostazione che Google cercherà di dare all’evento. L’incidente potrebbe venire presto dimenticato, e la guida autonoma tornare nelle menti di molti a rappresentare il Sacro Graal della mobilità urbana.
3: “il primo caso di Jaywalking”
Questa è l’ipotesi più pessimistica. Sembra che la donna investita non stesse attraversando sulle strisce. È possibile che si ripeta un film già visto quando le automobili hanno cominciato a circolare sulle strade nei primi decenni del Novecento: la colpa degli investimenti è dei pedoni, che attraversano senza guardare e dove non dovrebbero. È una storia che vi abbiamo raccontato bene qui. Questo è lo scenario maggiormente temuto da chi, come noi, propone la mobilità attiva, perché porterebbe ad una ulteriore segregazione degli utenti “deboli” della strada, che verrebbero tenuti al loro posto da barriere fisiche in modo da non intralciare il passaggio delle auto-robot.
Qui trovate alcune nostre considerazioni più approfondite sulle auto a guida autonoma, con i loro pro (ovvi) e contro (a cui forse non avevate pensato). La verità è che nessuno sa con certezza quale sarà l’impatto di questi mezzi sulle nostre città; l’unica cosa certa è che avranno un’influenza enorme. Per il momento, piangiamo la prima vittima.
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